AMBIENTECULTURA

ABBIAMO BISOGNO DEL SACRIFICIO DI ALTRI JAN PALACH? SUL CLIMA GLI SHOW TELEVISIVI MOLTIPLICANO GLI EQUIVOCI

By 22/02/2023Febbraio 27th, 2023No Comments

Pietro Maccabei dell’associazione PEM (Potenzialievocati multimendiali) analizza Teatro e Politica: “il teatro torni ad essere luogo di riflessione” – Sono sempre meno gli artisti che si esibiscono senza mitivazazioni politiche

Da quasi un anno sui social ci si può imbattere in alcuni video che ritraggono gli attivisti di “Ultima Generazione” mentre bloccano i mezzi in transito sul Grande Raccordo Anulare creando con i loro corpi una catena umana in mezzo alla carreggiata. Questa associazione chiede da tempo di cessare l’estrazione di combustibili fossili e costruire un’alternativa energetica basata sulle risorse rinnovabili; non ascoltati, gli attivisti hanno iniziato a creare dei blocchi in giro per l’Italia, costringendo le macchine a fermarsi, cercando di sensibilizzare sull’argomento sia i singoli cittadini che le varie amministrazioni locali e nazionali.
Ovviamente questi episodi hanno attirato l’attenzione dei media e su tutte le piattaforme hanno iniziato a diffondersi video dove i sono protestanti distesi in mezzo alla strada, alla mercé dell’ira degli automobilisti che, inferociti, inveiscono contro la catena umana di fronte a loro con strazianti monologhi, cercano di spostare con la forza i protestanti distesi a terra o, nei peggiori dei casi, li investono con il loro mezzo.
Nell’esasperazione generale, però, le motivazioni degli automobilisti sembrano più che sensate: “Non è me che dovete bloccare. Protestate sotto il parlamento!” “Stiamo andando in ospedale!” “Sto andando a lavorare, per dar da mangiare ai miei figli.” Tutte ragioni pienamente condivisibili. Ma la risposta dei protestanti è agghiacciante: “Voi andate a lavorare, ma i vostri figli non avranno di che sfamarsi; non ci sarà acqua per irrigare i raccolti, mangime per mantenere gli allevamenti e gli scaffali dei supermercati resteranno vuoti. Questo è il futuro che spetta ai vostri figli se non cambiamo qualcosa adesso.”
Una volta esaurito il mezzo “del blocco stradale” i membri di Ultima Generazione hanno cercato nuovi metodi per attirare l’attenzione mediatica sulla crisi climatica: hanno iniziato a imbrattare di vernice arancione (lavabile) le facciate degli edifici che ospitano gli organi del governo italiano, hanno incollato le loro mani sulle opere d’arte più celebri del nostro patrimonio, come la “Venere” di Botticelli e si costringono a terribili scioperi della fame, aspettando in ginocchio con un cartello in mano, che qualcuno tra i tanti passanti nelle piazze delle nostre città, si accorga di loro e li ascolti.
Da questi ultimi esempi si può già tracciare una parabola ascendente verso l’estremismo a cui questi gesti possono arrivare. C’è l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico, di farlo subito, di farlo in massa e questi ragazzi sembrano pronti a tutto. Ma abbiamo davvero bisogno di altri Jan Palach?
Come facciamo ad affrontare la questione?
Nell’antica Grecia i teatri erano i luoghi della meditazione civile e i testi che ci sono arrivati da quel periodo ci fanno capire come, per affrontare qualcosa che li riguardava e coinvolgeva personalmente, gli uomini avevano bisogno di uscire da se stessi e specchiarsi. Teatro, specchio.
Oggi affidiamo le questioni importanti ai dibattiti televisivi, ma il confronto dialettico fine a se stesso non produce soluzioni, moltiplica gli equivoci. Quando mai avete visto un rappresentante di destra e uno di sinistra, confrontarsi, e alla fine del discorso darsi la mano e dire: “Cavolo, avevi ragione tu.”
Questo accade perché oramai la classe politica si esprime solo attraverso opinioni, che per loro stessa natura sono opinabili. Non opinabili, invece, sono le storie, che l’uomo racconta da quando è sulla terra, con le quali coltiva la memoria collettiva, fonda le comunità e le pratiche di civiltà.
Attraverso le storie ci si può incontrare e dialogare.
È attraverso le storie che il teatro diventa strumento politico e sociale, ma quanti ragazzi intraprendono la carriera da attori consapevoli di questa responsabilità? Sono sempre di meno gli artisti che scelgono di fare un teatro oltre lo spettacolo, uscendo dal campo dell’intrattenimento, affiancando invece la cura, l’educazione o la pedagogia, ma ora più che mai è necessario invertire rotta, a rischio di smantellare strutture solide e rassicuranti. Il sistema a cui ci siamo affidati per tanto tempo inizia a impedirci di trovare soluzioni ai problemi del presente ed è richiesto ad ognuno di noi di uscire dalla propria torre d’avorio.
È questo il tempo, altrimenti i ragazzi continueranno a bruciare.

Pietro Maccabeo