POLITICA

BERGAMO: FERITE, PANDEMIA, MAGISTRATURA. MAI DELEGARE AI GIUDICI UN RUOLO POLITICO

By 24/03/2023No Comments

“E’ un errore perché si snatura la funzione del processo trasformandolo in una Commissione di Inchiesta. E’ rischioso
attribuire alla giustizia un’identità che non le è propria”- Spetta ai governi determinare scelte anche le più dolorose

La notizia delle conclusioni delle indagini della Procura di Bergamo in ordine alla gestione della pandemia ha provocato un acceso dibattito. Per sintetizzare le posizioni c’è chi sostiene che in qualche modo instaurare un processo del genere sarebbe una sorta di processo di Norimberga e chi trova cosa buona e giusta che si verifichino le responsabilità. La questione è assai delicata poiché tocca alcuni principi cardini del nostro ordinamento ed in buona sostanza della nostra democrazia.
A mio avviso il punto di partenza per dare un giudizio deve essere la constatazione, spesso trascurata, che non c’è nulla di più “politico” rispetto alla gestione di una pandemia. Lo testimoniano gli approcci del tutto diversi assunti nel mondo; ed in modo ancor più evidente gli approcci, anche opposti nell’ambito dei vari Stati, all’interno degli Stati Uniti di America.
In buona sostanza la scelta di fondo delle misure involgeva il bilanciamento tra l’interesse di salute pubblica e l’interesse socio economico. Per dirla semplicemente: decidere quale livello di isolamento imporre alla popolazione. Ed invero, nonostante tutti i progressi scientifici, di fatto la misura primaria per prevenire o limitare la diffusione del virus, esattamente come nei tempi antichi, era ed è la quarantena individuale e di comunità.
Da questa constatazione discendono tutte le problematiche di fondo logiche prima ancora che giuridiche, ma soprattutto quella centrale ed ineludibile in ordine all’evidente grado di discrezionalità del decisore. Non si può partire da una regola assolutistica come astrattamente si potrebbe ipotizzare. Ed infatti teoricamente dal 1 febbraio 2019, giorno successivo alla notificazione da parte dell’OMS dello stato di emergenza pandemico, si potevano applicare le regole da zona rosso a tutta l’Italia per tutto il tempo necessario e certamente ci sarebbero state molte, molte meno vittime.
In pratica le cose non funzionano così né in una pandemia né in qualsiasi scenario pericoloso della società. Si fa una scelta sul buon senso che possa contemperare le diverse esigenze. Scolastico è l’esempio del limite di velocità per le automobili. Se portassimo a 80 km/h il limite in autostrada rispetto all’attuale 130, certamente “risparmieremmo” molti incidenti, morti e feriti ogni anno.
La verità , che piaccia o no, è che ogni decisione di questo tipo mette nel tragico conto che ci siano vittime anche se, da un punto di vista etico , ovviamente, anche una vittima è inaccettabile. La verità è che non potrebbe essere diversamente perché la società è complessa e le esigenze umane sono molteplici . Se così non fosse, e si dovesse salvaguardare in modo preminente ed esclusivo la salute, lo Stato avrebbe il dovere assoluto di investire tutte le proprie risorse nel sistema sanitario. Non è così e nessuno neanche lo pretende. Il punto sono i limiti, le priorità, il bilanciamento tutte categorie non matematiche e condizionate dai tempi e dalle situazioni. Categorie che sono l’ambito della politica ai cui rappresentanti nelle istituzioni compete di fare queste scelte.
Ecco perché rimettere di fatto ai Giudici la valutazione ex post della corretta gestione politica della pandemia è errato , ma anche rischioso. Errato perché snatura la funzione del processo trasformandolo di fatto in una Commissione di Inchiesta, rischioso perché di fatto riconoscerebbe alla Magistratura un ruolo di controllo “politico” assolutamente estraneo alle sue funzioni.
Il mondo si sta riempiendo di Governi che hanno trasformato o vogliono trasformare i loro Stati di modo da avere il controllo sulla Magistratura. Noi potremmo correre il rischio, non meno grave, contrario.

Massimo Terzi