
Paolo Marmo: “Oltre alla formazione, punti fondamentali sono viabilità, formazione e sostenibilità”
Pia Bosca: “L’innovazione il DNA della nostra storia dal 1831”.
L’economia del settore primario si è profondamente modificata negli ultimi anni a causa dei sempre più rilevanti cambiamenti climatici che – uniti alle devastanti crisi economiche – hanno modificato il modello di business delle aziende agricole e delle collegate imprese industriali.
A questo proposito, secondo i dati della Regione Piemonte, il 36% del territorio piemontese è dedicato alla produzione agricola e si caratterizza per un’elevata frammentazione, nonché per un calo del numero di imprese (che negli ultimi 5 anni sono scese di 1,5 punti percentuali), mentre risulta stabile il numero di addetti, pari a circa 70.000 unità, seppur in molti casi essi siano inseriti con forme stagionali o contratti precari.
Il Piemonte risulta quindi un esportatore di prodotti trasformati (con un import di 1,94 miliardi di euro e un export di 5,45 miliardi), grazie anche alle diverse denominazioni (quali IGP, DOP, DOC e DOCG) attribuite ai prodotti di qualità.
Tra le davvero innumerevoli eccellenze del nostro territorio possiamo annoverare Canelli, un’area in grado di creare un perfetto connubio tra territorio, agricoltura, alimentazione e industria, con relazioni strettamente interconnesse tra di loro.
Il vino è da sempre il prodotto principe dell’agricoltura locale, dove si può citare tra tutti lo straordinario Moscato d’Asti, che nella zona rappresenta una delle sue espressioni più vocate e che ha dato il via a un’intensa attività produttiva in ambito enologico, fungendo da volano all’industria locale.
Proprio in questo contesto ha infatti preso vita un distretto industriale, quello alimentare di Canelli e Santo Stefano Belbo, che consente di mettere insieme realtà agricole e industriali con l’obiettivo di valorizzare l’economia locale e favorire lo sviluppo del territorio.
I distretti industriali sono stati oggetto di studio da parte di Intesa Sanpaolo, che ha pubblicato quest’anno il suo tredicesimo rapporto annuale dal titolo “Economia e finanza dei distretti industriali”, dal quale emerge che: “più elementi ci spingono a un cauto ottimismo e a pensare che le filiere distrettuali possano continuare a rappresentare un tratto imprescindibile del tessuto produttivo italiano. È qui che, in presenza di know-how e competenze diffuse, il “gioco” virtuoso di concorrenza e cooperazione continua tra attori della filiera ha consentito a molti distretti di competere con successo all’estero o di collocarsi stabilmente nelle catene globali del valore”.
Lo stesso rapporto afferma inoltre che, in via generale, i prossimi anni saranno decisivi per il rilancio dell’economia italiana, il cui successo passerà naturalmente da un corretto impiego delle risorse del Next Generation EU, dagli investimenti in macchinari 4.0, dall’utilizzo delle tecnologie digitali, dal green e dalla corretta valorizzazione del capitale umano. Si tratta sicuramente di un appuntamento difficile che però le aziende italiane (e in particolare quelle che hanno alle spalle un distretto industriale) potranno superare, diventando così più competitive e in grado di fare sinergie.
Si pone quindi l’interrogativo se tali valutazioni possano valere anche per Canelli, città che mette insieme agricoltura e industria, innovazione e tradizione, produzioni di eccellenza e riconoscimenti Unesco.
Lo abbiamo chiesto a Paolo Marmo, Presidente CEO della MarmoinoX Srl, azienda che dal 1963 opera sul territorio e che è stato relatore al convegno “Le meccaniche della ripresa”, evento dedicato al distretto industriale e tenutosi venerdì 22 ottobre 2021 a Canelli.
Qual è il suo giudizio sul distretto industriale?
Il distretto – afferma Marmo – è nato circa venti anni fa e c’è sempre stata voglia di farlo emergere. Aggiunge però che: “Questo non è mai successo perché purtroppo da buoni piemontesi abbiamo difficoltà a fare gruppo e soprattutto abbiamo paura che gli altri ci copino o facciano meglio di noi. Nonostante questo l’area di Canelli è molto qualificata e i numeri dell’Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio di settembre 2021 evidenziano come il fatturato delle imprese italiane sia maggiore di quello delle aziende tedesche e cinesi, con la presenza di 635 aziende, 35.630 addetti e una distribuzione per settori che interessa il food (29,6%), il beverage (26,4%), il farmaceutico (18,3%), la cosmetica (3,9%), la chimica (3,6%) e altri settori (18,2%).
A suo giudizio come si può agire per rendere il distretto più efficace in futuro?
“Occorre intervenire su tre punti fondamentali: viabilità, formazione e sostenibilità. In particolare – aggiunge Marmo – la viabilità è essenziale per realizzare delle direttrici più funzionali per merci e persone, oltre naturalmente all’ampliamento dell’offerta di servizi multifunzionali (quali mense, strutture ricettive, ecc.). La formazione è indispensabile per disporre delle migliori risorse umane. In questo senso sono presenti da anni borse di studio per gli istituti tecnici e risultano di estrema utilità stage e percorsi di alternanza scuola-lavoro, che devono essere prolungati – come in Germania – per meglio preparare i nostri giovani. La sostenibilità, da intendersi come produzione di macchine che verranno adoperate in tutto il mondo e che consentiranno di ridurre gli sprechi e fare efficienza, anche energetica. Ma sostenibilità – secondo Marmo – significa anche aiutare il territorio, con contributi alle associazioni e agli enti del terzo settore, in modo da migliorare la qualità della vita dell’ambiente cittadino, oltre naturalmente a mantenere sempre sicuri e confortevoli i luoghi di lavoro. Inoltre – annuncia – sta lavorando per creare un incubatore di start up in collaborazione con il Politecnico di Torino, fondamentale per ribadire che Canelli è la “Silicon Valley dell’Enomeccanica dell’Astigiano”.
Come valuta a Canelli le sinergie tra agricoltura e industria?
“Le sinergie tra agricoltura e industria sono fondamentali, così come il “fare squadra”, tutti insieme. A questo proposito, afferma: “I nostri predecessori 190 anni fa sono partiti da Canelli e sono andati in giro per il mondo a far conoscere il vino di qualità fatto a Canelli. Come allora noi, con i nostri macchinari, andiamo in giro per il mondo a insegnare e ad aiutare a fare qualità attraverso le nostre macchine, che sono il simbolo di un’eccellenza italiana”.
In merito al rapporto agricoltura e industria del vino, abbiamo chiesto anche Pia Bosca, Amministratore Delegato di Bosca Spa.
Bosca la sua è una cantina che si caratterizza per tradizione e innovazione e che opera a Canelli dal 1831. Come definisce oggi la sua azienda?
“L’innovazione è proprio nel DNA della nostra storia”. Essere innovatori – continua Bosca – significa fare il proprio mestiere e inventarsi quello che funzionerà domani.
L’azienda oggi – prosegue – mantiene sempre una grande tradizione, come 190 anni fa, perché siamo a Canelli e perché abbiamo le cattedrali sotterranee patrimonio dell’umanità, ma con uno sguardo attento al mercato e alle sue esigenze, grazie anche a prodotti inclusivi”.
A suo giudizio Canelli ha saputo valorizzare in questi anni le sue eccellenze e creare sinergie tra viticoltura, territorio e mondo industriale?
“Assolutamente sì e la sinergia assume aspetti diversi a seconda dei momenti e a seconda delle epoche. Adesso la sinergia massima è tra l’industria enologica e l’industria enomeccanica, precedentemente forse c’era più sinergia tra agricoltura e industria, ma a seconda del momento in cui viviamo ci sono delle sinergie che ci permettono di andare avanti. Canelli – prosegue Bosca – è stata la capitale dello spumante finché le tecnologie e il know how erano di difficile divulgazione, ossia fino a cinquanta anni fa, poi quando fare lo spumante è diventato facile allora è nata un’altra eccellenza, quella dell’enomeccanica”.
Come vede “l’industria” del vino nei prossimi anni?
“Io credo che l’industria del vino in senso ampio, che include anche lo spumante, continuerà a essere una delle industrie principali del nostro Paese”.
L’importante riconoscimento Unesco che la Città ha ottenuto potrebbe favorire la ripresa economica locale, stimolare un’agricoltura di qualità e trainare così anche l’industria locale e l’occupazione?
“Assolutamente sì e lo vediamo già adesso; appena c’è stato un minimo di via libera e siamo tornati a muoverci siamo stati letteralmente assaliti dai turisti, che hanno voglia di venire in queste zone”. Si sente in modo notevole la differenza tra prima e dopo il riconoscimento in quanto nel 2019 si è registrato un boom di presenze in cantina con ben 14.000 visitatori, esclusi naturalmente i clienti.
Possiamo quindi concludere, alla luce delle due interviste, che il territorio di Canelli ha tutti i presupposti per fare bene e per competere a livello internazionale. Occorre solo un cambio di mentalità: da “bugia nen” a “bugia ben”.
Flavio Servato