CULTURA

Caso Lockheed, scandalo dello scandalo

By 18/11/2021Novembre 22nd, 2021No Comments

Il Presidente della Repubblica, in occasione del ventennale della morte di Giovanni Leone, ha rammentato con la Sua autorevolezza quello che io definirei lo “scandalo dello scandalo Lockheed “ .
Per i molti che all’epoca non erano nati e per quelli che hanno dimenticato così sintetizzerei i fatti: Giovanni Leone, all’epoca Presidente della Repubblica, giunse alla decisione di dimettersi all’esito di una martellante campagna mediatica che lo individuava quale Antelope Cobbler (“ciabattino antilope” ), nome in codice di un ex Presidente del Consiglio che avrebbe ricevuto ingenti tangenti per favorire la fornitura all’Italia di aerei statunitensi Hercules C130. Emerse poi con assoluta certezza la sua totale estraneità.
Questo clamoroso caso di esplosivo intreccio venefico tra l’ambito giudiziario e l’ambito giornalistico, che ha toccato i nostri vertici istituzionali oltre mezzo secolo fa (1976/1978), non pare averci insegnato nulla.
Eppure il fulcro della patologia di questo intreccio era già del tutto evidente. Il coinvolgimento di Leone, che era un noto cattedratico e avvocato penalista di Napoli, si basava sostanzialmente su tre elementi :che era stato Presidente del Consiglio – qualifica che si supponeva essere quella di Antelope Cobbler – che era amico di famiglia degli avvocati napoletani dello studio Lefevbre coinvolti nella vicenda, ma soprattutto, da un punto di vista mediatico, che il nome in codice era stato ideato perché durante un viaggio a New York aveva mostrato interesse ad un paio di scarpe di antilope esposte in una vetrina.
Vero è, per chiunque abbia un minimo di razionalità, che si trattasse di un mix di circostanze irrilevanti e ridicole. Eppure per la grancassa sapientemente orchestrata furono più che sufficienti.
Questo incredibile episodio, che oggi non è quasi più cronaca ma storia, non solo non ci ha insegnato nulla, ma ha aperto una stagione e sperimentato un metodo che è diventato prassi.
Ma quel che è ancor più grave ai miei occhi è che tale metodo oramai non pervade più le situazioni dei personaggi pubblici e delle strumentalizzazioni politiche per il tramite del potere della comunicazione, ma per osmosi può travolgere chiunque ove abbia la (s)ventura di risultare anche per caso di interesse mediatico. Così sostanzialmente travolgendo senza scampo la persona e quasi rendendo irrilevante gli esiti degli accertamenti e delle sentenze. Quel che più mi spaventa è la “normalità” di tale meccanismo oramai vissuto quasi come ineluttabile; in qualche modo si è rimodellato il sentire degli attori che talora paiono quasi non percepire neppure l’enormità della loro responsabilità. La giustificazione del pubblico interesse non è sufficiente di per sé ad assolvere le proprie coscienze. Ciascuno deve interrogarsi, come in tutti gli accadimenti della vita, rispetto al danno provocato alla persona (anche al colpevole) sulla correttezza del proprio comportamento. Temo che troppo spesso si è inadempienti rispetto a questo ineludibile dovere morale.

Massimo Terzi

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