
Gli interventi e il coordinamento del Ministero dell’Interno- Il repertorio sintetizza su focus fra percezione e reati oggettivi – Significativo miglioramento del nostro sistema di controllo.
Il fenomeno della corruzione e il tema della sua eventuale misurazione sono argomenti da tempo dibattuti a livello nazionale e internazionale. Per introdurre le ragioni della breve trattazione che se ne fa in questo articolo in chiave di analisi criminale, è necessaria una premessa sulle ragioni e sul metodo che hanno portato gli specialisti interforze del Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza a tale tipo di approfondimento, rinviando alla puntuale lettura del Report, pubblicato sul sito del Ministero dell’Interno, per un eventuale approfondimento dei vari temi che in questa sede possono essere solo sinteticamente delineati.
Il Servizio Analisi Criminale è una struttura a composizione interforze1, incardinata nell’ambito della Direzione Centrale della Polizia Criminale, che rappresenta un polo per il coordinamento informativo anticrimine e per l’analisi strategica interforze sui fenomeni criminali, con una finalità prioritaria di supporto per l’Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza e per le Forze di polizia, ma che tra le proprie funzioni si pone anche l’obiettivo di consentire la conoscenza e sollecitare il pubblico dibattito sulle materie di competenza. In tale contesto, avvalendosi degli archivi elettronici di polizia e ponendoli in correlazione con altre banche dati sviluppa, tra l’altro, specifiche iniziative di approfondimento, producendo dei Report che vengono resi disponibili alla consultazione sul sito web del Ministero dell’Interno.
Tra gli argomenti che hanno suscitato maggiore interesse tra quelli che sono stati oggetto di recente analisi si annovera il citato tema della corruzione. L’elaborato “I reati corruttivi” predisposto dal Servizio Analisi Criminale valuta, infatti, l’evoluzione del fenomeno, prendendo a riferimento 12 fattispecie penali e analizzandone l’andamento per un periodo di tempo ampio, che va dal 2004 al 2021 e con un allegato che riporta i dati per ulteriori 8 mesi2. All’interno del documento un focus particolare è stato inoltre realizzato, con riferimento al periodo 1° gennaio 2019 – 31 dicembre 2021, sulla diffusione dei reati di specie sul territorio nazionale, attraverso la realizzazione di immagini cartografiche georeferenziate (le c.d. “mappe di calore”). Venendo ai contenuti, gli analisti evidenziano l’importanza ma anche la difficoltà del compito. E’, infatti, evidente che riuscire a fornire una valutazione oggettiva sull’effettiva consistenza di tale fenomeno, peraltro frequentemente dibattuto in varie sedi, anche internazionali, sarebbe molto importante, anche per le ricadute economiche che ne possono derivare. E’, tuttavia, anche opportuno evidenziare che l’esame di tale tematica appare un esercizio di notevole complessità: ad ostacolarne la corretta perimetrazione e impedire la comprensione delle reali dimensioni del fenomeno concorrono, infatti, molteplici fattori. Il Report evidenzia come vada, in primo luogo, rilevata un’evidente “forbice” tra la percezione del fenomeno ed i dati oggettivi che, in relazione ad esso, possono essere desunti attraverso vari metodi. Con riferimento all’Italia la corruzione è, infatti, generalmente percepita come diffusa nei gangli della struttura burocratica del Paese. D’altro canto, pur non potendo essere disconosciuta la rilevanza di alcune evidenze investigative e giudiziarie, gli elementi informativi tratti dalle banche dati delle Forze di polizia non restituiscono un quadro altrettanto significativo. Entrambi i punti di vista appaiono, tuttavia, non definitivi e potenzialmente fuorvianti. A condizionare in modo negativo la percezione per il nostro Paese concorrono vari fattori. Tra questi: la complessità di molte procedure burocratiche e la comune sensazione di inefficienza dell’amministrazione pubblica; la coscienza dell’esistenza del fenomeno mafioso (con il suo portato di pratiche corruttive che si associano alla violenza ed al condizionamento), presente anche in altri Paesi, ma ivi sottovalutato perché sovente non riconosciuto o qualificato giuridicamente. Da ciò consegue che la reputazione dell’Italia, con riferimento agli indici di corruzione percepita, non è particolarmente favorevole, con le evidenti conseguenze negative anche sotto il profilo dell’attrattività per gli investimenti. Ne costituisce conferma, tra l’altro, la graduatoria stilata da Transparency International3 che, nel rapporto sulla “Corruzione percepita” per il 2021, pur riconoscendo al nostro Paese un significativo miglioramento4 colloca l’Italia al 42° posto nella graduatoria stilata per 180 Paesi, con un punteggio che è ancora al di sotto della media UE. Al riguardo occorre, tuttavia, rammentare che tale graduatoria, la quale ha pure ha il merito di attirare l’attenzione sul fenomeno, si basa, appunto, su un “indice di percezione della corruzione” che è, quindi, influenzato da fattori – non quantificabili – di valutazione soggettiva. All’opposto, è certamente possibile argomentare che in Italia il tema del contrasto alla corruzione è da molti anni alla costante attenzione della politica e dell’opinione pubblica; nell’ultimo decennio, inoltre, alcuni interventi legislativi5 hanno ulteriormente inciso sulle strategie di lotta alla corruzione, in chiave preventiva e repressiva. Preso atto delle difficoltà sottese ad ogni possibile metodo di studio, lo scopo dichiarato del Report è, quindi, quello di analizzare la corruzione attraverso l’esame del patrimonio informativo delle Forze di polizia. Se da un lato anche tale analisi non può essere definitiva, dall’esame dei dati statistici è comunque possibile evidenziare, a parità delle restanti condizioni, l’andamento del fenomeno nel tempo. Tale analisi dei dati e dei grafici inclusi nel lavoro mostra, relativamente alle dodici fattispecie di reato considerate, andamenti oscillanti nel lungo periodo che, tuttavia, evidenziano una generale tendenza alla diminuzione della specifica delittuosità. Pur dovendo ribadire che, come già argomentato, tali risultanze non possono essere considerate definitive per le particolari caratteristiche di tali fattispecie e la conseguente, indubbia rilevanza della parte sommersa del fenomeno, si ritiene parimenti opportuno evidenziare la coerenza dei dati esposti, che evidenziano un andamento tendenzialmente decrescente nel tempo per i vari indicatori. Interessante anche rilevare la tendenziale concentrazione del fenomeno nelle grandi aree urbane e, in particolare, nell’ambito della Capitale. In quest’ultimo caso, la presenza del principale centro del potere politico ed amministrativo, congiunta alla concomitante esistenza dei vertici delle principali aziende nazionali ed internazionali, rendono tale situazione assolutamente singolare, rappresentando interessi di carattere economico, che non sfuggono alle varie forme di criminalità. Sia pure in misura minore, tali caratteristiche si riscontrano, in tutto o in parte, anche nelle altre aree urbane interessate.
Il Report “I reati corruttivi” desidera accendere, quindi, un riflettore sullo specifico fenomeno, offrendo una “chiave di lettura” che propone una prospettiva diversa rispetto ad altre analisi quantitative e qualitative e che, pur non avendo l’ambizione di costituire una risposta definitiva, restituisce, attraverso i dati delle Forze di polizia, un’immagine del nostro Paese probabilmente non particolarmente distante dalla realtà.
Stefano Delfini
Dirigente Superiore della Polizia di Stato
Direttore del Servizio Analisi Criminale