
Un ministero importante come quello della Cultura deve abbracciare, d’accordo con l’”Istruzione” di Valditara, tutte le discipline formative e artistiche – Musica classica e Lirica in piena sofferenza – Urge Controriforma dei conservatori: ore di studio e diploma – Istituire nelle università le facoltà di Musica con regolare laurea e dottorati – Gli attuali effetti deleteri: nella Tv di Stato e nelle private, dilagano artisti del bel tempo che fu
Signor Ministro, a Lei è toccato il ministero più delicato e importante che il Governo Meloni potesse offrirLe. Per due ragioni fondamentali. La prima: Lei è un uomo colto, amante della storia che accompagna il nostro Paese per un lungo periodo, fino agli oltre trent’anni, dai ’90 ai nostri giorni. La cultura in questo nefasto periodo è stata messa…a terra (parafrasando un modo di dire ormai insopportabile), che Lei dovrà adesso risollevare; la seconda ragione: il Governo si è convinto che la Cultura sia soltanto espressione di antichità, archeologica, musei di grandissimo interesse storico, importantissimi dal punto di vista culturale, ma che finora, dal punto di vista economico per la nostra endemica incapacità burocratico amministrativa non hanno fruttato, né prodotto neppure la centesima parte degli incassi dei musei vaticani, dei musei francesi, inglesi, e via dicendo.
OsservandoLa sovente in televisione, ci sorge il dubbio, Signor Ministro, che il suo viscerale amore per le nobilissime pietre dell’antica Grecia e dell’antica Roma, le impediscano di accostarsi con altrettanto amore al teatro, alla musica colta, al canto lirico, alla recitazione, alla danza, alla drammaturgia al grande jazz, al blues, che ispirano altrettanto amore, poesia: sentimenti che, di giorno in giorno, ci sfuggono, diventano incontrollabili, lasciando praterie televisive di musica pop priva di ogni armonia, di uno straccio di melodie, vale a dire: niente a che vedere con la bellezza dell’arte.
Non è così che si ama la cultura: per amarla, non a compartimenti stagno, bisogna amare quell’emisfero irrazionale del nostro cervello che ha generato il pensiero, l’idea, l’architettura, la sua storia, gli anfiteatri dell’antica Cartagine, di Siracusa, di Taormina, dell’Arena di Verona dove l’acustica era pura sorgente di suono, non costruita da ingegneri figli dell’ “intelligenza artificiale”, che hanno rovinato migliaia di palcoscenici inondandoli con colate di cemento armato, non riuscendo tuttavia e fortunatamente, a mettere mano anche ai teatri dell’antichità.
Signor Ministro, l’abbiamo ammirata e molto come direttore del TG2, a sera, quando, dialogava di politica e di cultura con i suoi ospiti per la sobrietà e le sue citazioni soprattutto di Benedetto Croce, sempre appropriate e puntuali.
Vorremmo che il suo lavoro di ministro della Cultura, perché di lavoro difficile e di grande responsabilità si tratta, venisse svolto con una sguardo lungimirante, non legato soltanto alla Storia moderna, che pure è stata, un faro per l’Italia e il mondo, ma teso a conquistare quegli spazi aperti e ce ne sono tanti, legati allo studio, alla scuola, alle accademie, ai conservatori, alle università anche se non di diretta Sua competenza; a quei settori culturali che soltanto apparentemente Le sono distanti: come Sanità, Scienze, con cui il dialogo tra ministri dovrebbe essere un obbligo morale, sentito e rivendicato, un lavoro di gruppo portato sis-te-ma-ti-ca-men-te là dove le persone le persone vivono in sofferenza. Negli ospedali, nei reparti di malattie terminali, mentali, per alleviare i giorni della loro esistenza. Tutto difficilissimo, lo sappiamo. Ma uno Stato civile non può ignorare queste situazioni.
Lasciamo poi perdere i tecnicismi le distinzioni accademiche, necessari soltanto per avanzare e progredire negli studi, patrimonio però di uno schema ormai logoro. Rettori, docenti, ministri titolari di diverse discipline, oggi, dovrebbero dalogare quotidianamente, così come avviene oggi nei Politecnici di Torino, Milano, Roma, Napoli, dove ogni idea dà luogo a nuove esperienze per diventare crogiolo per nuove formazioni.
La Cultura è pasta che si mangia fresca, ben condita con gli ingredienti della intelligenza, della sensibilità, dell’intuizione, della passione, della competenza e comprende tutto, senza distinzione alcuna. Distinguere in termini di progettazione è a volte necessario, ma genera limiti che imprigionano i geni. Lasciamoli liberi questi geni, non imprigioniamoli con le ideologie, la politica, sovente forza-debole non in grado di autogovernare la propria coscienza.
Ministro Sangiuliano, il teatro della vita, a volte ci deprime. Il teatro, con la sua storia, i suoi sipari, gli stucchi dorati dei palchi, affascina, ci racconta storie che non avremmo mai immaginato. I teatri vanno aperti tutti. In Italia ce ne sono centinaia, dal ‘700, grandi e meno grandi, in attesa di essere restaurati e riaperti al pubblico dopo decenni di silenzio. Sono creature ancora imprigionate che attendono di aprirsi ad una nuova vita.
Ora è ovvio, che prima di riaprire i molti teatri chiusi nelle bellissime città della provincia italiana, bisogna soprattutto cercare di coprire, per quanto sia possibile, i “buchi” per centinaia di milioni provocati dai grandi enti lirici elargiti che in questi anni hanno messo sotto stress lo Stato, le Regioni, i Comuni. Bisognava soltanto evitare che si facessero “buchi” economici.
Ma così non è stato ed è storia vecchia.
Il teatro di domani può vivere di luce propria, si può fare con attrezzi meno costosi, utilizzando gli allestimenti chiusi nei magazzini dei grandi enti lirici e di prosa, “rammendandoli” ove fosse necessario, senza dover ricorrere a scenografie costosissime e iper-focloristico-elettroniche che nulla hanno di creativo, ma moltissimo di immagini astratte, e sarebbero bellissime se non si ripetessero con estrema ostinazione.
l mondo dello spettacolo “generalista” tranne episodi importanti, produce invece tanta pubblicità, a volta di una banalità esasperante, ma non produce cultura; il mondo della lirica dovrebbe godere di nuova linfa vitale. Ci domandiamo: è meglio buttare soldi dalla finestra o godere della musica, del canto e programmare il futuro? E gli artisti come dovranno comportarsi? Anche se non sono loro che pesano di più sui bilanci dei teatri, dovranno rispettare le stesse regole, così come le agenzie teatrali. Non si può, infatti, sottostare al proliferare di agenzie, che poco o niente fanno per gli artisti. I teatri dovrebbero stabilire un cachet equo, come si fa al Metropolitan, teatro in cui neppure Luciano Pavarotti osava…alzare la voce.
E’ anche questo, un mondo da rieducare, non da far soffrire di astinenza. Il Teatro è punto di arrivo soltanto per pochi, e lo studio della musica o del canto, ed è diventato una voragine italiana che si allarga a dismisura. Ma prima di arrivare al teatro, si passa dallo studio della musica, del canto, dai conservatori. Altro punto dolente della cultura italiana.
La riforma dei conservatori italiani del 1997, ha aperto una crisi che si va aggravando ogni giorno di più. E’ qui, Sangiuliano, che con il Suo collega Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione, dovrebbe intervenire immediatamente. Altro che nel governo si parli di presidenzialismo!
Nello studio della musica e del canto lirico, specialità un tempo tutte italiane, si dovrebbe attuare velocemente ma con estremo giudizio, una Controriforma, che riporti le lancette del tempo a prima del 1997.
L’assetto giuridico “Norme per il riordinamento degli studi musicali approvato con il nuovo titolo “Riforma delle Accademie di belle arti, dell’ Accademia nazionale di danza, dell’Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati” ha provocato un vero disastro.
I conservatori una volta templi della Musica, sono diventati licei, dove si studiano tutte le materie, ma alla musica strumentale e al canto lirico viene riservato soltanto un’ora (quasi) a settimana, come se la musica fosse la cenerentola delle arti, in netta contraddizione con le ragioni per le quali, fin da epoche immemorabili (in Italia, “Santa Maria di Loreto” 1535), sono stati istituiti i conservatori che conferivano, “soltanto” diplomi.
Quante ore di musica e canto si studiano negli Stati Uniti, in Russia, nel Nord Europa, in Cina, Giappone, Corea? Diverse ora al giorno. E pur non avendo gli studenti orientali (particolarmente quelli di canto) la “creatività degli italiani”, dimostrano serietà di studi, voglia collettiva di apprendere, desiderio di affermarsi.
Alla predisposizione naturale degli italiani (coltivata nei conservatori fino al “diploma” non alla laurea), si dovrebbe poi aggiungere un ulteriore approfondimento di studi, che in teoria si dovrebbe fare all’Università. Ma ciò non è possibile, perché le facolta di musica (parliamo di tecnica e interpretazione) nelle università italiane non esistono. E, si badi bene: non ignoriamo il grande jazz, con tutta la sua storia straordinaria umana e artistiva, l’improvvisazione, che ne fa una delle discipline musicali più apprezzate, né il blues religioso e nostalgico dei neri d’America; né tanto meno alle romanze italiane da salotto ed al poetico Lied tedesco.
Cosa succede oggi nei conservatori italiani?
Tutto e ben poco. Perché ripetiamo, la musica si studia in tempi assai relativi, con le conseguenze di cui parlano docenti e studenti. Siano lapidari? No, realisti. Il programma didattico di 1° e 2° livello si è ridotto al lumicino, sia per l’esiguità del tempo a disposizione sia per l’organizzazione interna ai conservatori, i cui insegnanti, non poche volte, devono sostituire colleghi di altre materie complementari, perché il docente principale… è assente.
Le fortune dei conservatori, per legge, sono molte dopo il 1997: sono stati trasformati, come si è detto, in licei; conferiscono lauree triennali (1° livello) e lauree biennali (2 livello), al termine delle quali, in particolare per i cantanti lirici, la preparazione appare poco affidabile e non certo per intraprendere una onorevole carriera lirica; carriera lirica, che in ogni caso e per tante altre ragioni, è stata ormai defraudata da ogni crisma della cultura italica.
Lo stesso scotto, impreparazione di base, respirazione, articolazione dei suoni, interpretazione, musicalità, la pagano anche gli studenti stranieri che appena prendono coscienza della precarietà degli studi, se la squagliano all’estero: a Vienna, piuttosto che a Berlino, Vienna, Londra, New York (per i più agiati), nè più né meno, come fanno gli immigrati. Gli altri, che restano, subiscono come i compagni italiani.
In ogni caso italiani e stranieri prendono la laurea. In che cosa? In…ignoranza musicale. Che dilaga. Perché dopo gli studi, soltanto pochi eletti, vere mosche bianche”, intraprendono la carriera nelle pochissime orchestre italiane, mentre i giovani invocano “frontiere aperte per la cultura”.
Ecco, Ministro Sangiuliano, alla ricostituzione della cultura musicale, al teatro italiano in senso classico, dovrebbe rivolgere la Sua e l’attenzione di Valditara, alimentando anche lo studio della musica contemporanea su basi solide, non invitando giovanotti ottantenni in Senato che ricordano a tutti noi che gli anni passano…in allegra. E ciò indipendentemente dal valore intrinseco di questi artisti che, nella loro specializzazione, hanno svolto una onorevolissima carriera internazionale.
Dalla RaiTv al Senato o alla Camera, il passo è breve. Anni fa, non poi così tanti, questi luoghi onorevoli erano riservati ad artisti di chiara fama classica, come avviene oggi in Europa. Si potrebbe dire “a ciascuno il suo”, ma non sarebbe neppure giusto. Bisogna lavorare con passione e forza propulsiva, non vivere su appassiti allori classici e pop. Anche se c’è da osservare, ad onor del vero, che oggi bisogna “fare di necessità virtù”, e che questo proposito non può diventare una regola.
Signor ministro della Cultura, il servizio pubblico televisivo, la “Sua” Rai-Radiotelevisione Italiana, deve voltare pagina e subito. Fatta eccezione per alcune trasmissioni storico letterario, musicali che da mezzogiorno a sera, e non da ora, occupano il tempo televisivo degli italiani con presentatori tuttofare, che annunciano gli spettacoli successivi (genialità o esigenze di risparmio?), si avverte una certa depressione. Le fiction “fai da te” lasciano addosso una malinconia senza fine; i talkshow con ultraottantenni che raccontano il loro passato, idem. Una tristezza e una povertà di idee infinite.
Qualcuno potrebbe dedurne: meno male che ci sono ancora gli ottantenni in grado di cantare l’Inno di Mameli, perché gli “artisti” di oggi non hanno né arte né parte. Sia gloria quindi agli ottantenni e chi vivrà vedrà.
Che succede all’Università? Se ci si sofferma sulla cultura dell’arte canora o strumentale, si può ben dire che non succede nulla. Esistono, è vero, e funzionano, i DAMS per la specializzazione nel cinema, nel teatro, nella storia della musica. Ma ci domandiamo: non sarebbe stato meglio limitare la sconsiderata espansione dei conservatori e dare alle Universià le facoltà in musica grazie alle quali conseguire la laurea regolari in Canto Lirico, musica strumentale, dottorati, invece di essere costretti a riparare in Europa per ottene un vero master? Se in tal senso, Signor Ministro, d’accordo con il Suo collega Valditara, avviasse l’iter parlamentare per la Controriforma nell’ordinamento conservatoriale e …all’Università, gli studenti di musica e canto,regolarmente…diplomati, potrebbero accedere all’Università per completare cicli di perfezionamento, così come si fa in molte università del centro e Nord Europa, negli Stati Uniti, in Corea, Giappone, Cina.
Siamo ben coscienti che parlare di Controriforme in Italia, quando in tutti questi anni si è riusciti a fare soltanto riforme sgangherate, sia come pretendere di toccare la luna con un dito. Ma….non si sa mai! Il nostro Paese straordinariamente meraviglioso è anche…un po’ strano. Non le sembra?
Si consulti con Valditara, con le opposizioni, con i sindacati, con i docenti che dopo trent’anni di insegnamento sono ancora precari, interroghi il mondo politico e faccia una proposta alla Camera. Ma adesso, non dopo…le annunciate riforme costituzionali.
L’Italia non puo’ assistere al declino del nostro patrimonio teatrale, lirico, musicale. Bisogna tornare a studiare bene, in tutto le discipline dello scibile. Con docenti che abbiano trascorso gran parte della loro vita sui libri. Il solo diploma del vecchio ordinamento o la laurea dell’eventuale nuovo ordinamento, da soli non bastano a formare schiere di giovani artisti.
Armando Caruso