AMBIENTEINDUSTRIATECNOLOGIATURISMO

Dal lockdown nuove abitudini sociali. La “rivoluzione” dei trasporti pubblici

By 18/05/2022No Comments

La necessità di preservare i cittadini dal Covid ha favorito il lavoro da remoto – I dati statistici – L’intervento pubblico per garantire il servizio urbano – L’alternativa dei mezzi privati leggeri

L’Osservatorio CPI (Conti pubblici locali) nel 2018 affermava che “Il settore dei trasporti pubblici locali (TPL) è caratterizzato in Italia da un basso livello di copertura dei costi di produzione con ricavi da traffico” e che “il grado di copertura medio dei costi operativi a livello nazionale è del 37 per cento. Il resto è coperto da trasferimenti pubblici, che nel 2014 ammontavano a più di sei miliardi di euro” (Cpi, 2018). I dati di riferimento erano raccolti dall’Osservatorio Nazionale sulle Politiche per il Trasporto Pubblico Locale nel 2015, in un periodo ampiamente precedente all’evento pandemico da Sar-Cov2 e alle successive misure di lockdown, con il relativo contingentamento dell’utilizzo della mobilità collettiva.
Un settore che dipende dalla contribuzione pubblica strutturalmente e in misura tanto rilevante non poteva che uscire profondamente indebolito dal biennio passato, affrontato peraltro con l’incognita che deriva dalla necessità di rivedere il proprio modello di sostenibilità economica.
Durante il lockdown la contrazione della domanda di trasporto collettivo ha raggiunto livelli superiori al 90% (Asstra, 2021) e una perdita su base annua di oltre 10 milioni di passeggeri trasportati. La ripresa della mobilità dall’estate del 2020 fino a tutto il 2021 è stata poi segnata dalle restrizioni al numero di passeggeri trasportati, limitati al 50% e successivamente all’80% della capacità. Questo ha determinato perdite di ricavi da traffico nell’ordine del 40-50% rispetto ai livelli pre-Covid.
L’intervento governativo ha consentito, attraverso successivi provvedimenti, di tamponare almeno in parte la falla nei conti delle aziende di trasporto; nel biennio 2020-2021 il Governo ha stanziato complessivamente oltre 2,7 miliardi di euro a copertura dei mancati ricavi e per remunerare i servizi aggiuntivi che si erano resi necessari soprattutto per consentire il trasporto scolastico evitando il sovraffollamento dei mezzi.
L’intervento pubblico ha quindi superato sia il 65% del totale dei ricavi delle imprese e i 6 miliardi di euro che di norma sostengono questo servizio, sostituendosi ad una domanda di mercato inesorabilmente contratta e con scarsa capacità di recupero.
È evidente che un intervento straordinario di questa portata si è reso necessario per consentire la tenuta del sistema e garantire un servizio essenziale per la collettività. È però altrettanto evidente, stando ai dati di traffico del 2022 e ai risultati delle ricerche che negli ultimi mesi si sono interrogate sulla “nuova normalità” post pandemia, che la domanda di mobilità è profondamente mutata, soprattutto in ambito urbano, e questo ci spinge a riflettere sulle possibili strade da intraprendere per rilanciare il ruolo del trasporto collettivo come bene essenziale di equità e di servizio pubblico.
Una recente indagine promossa da Confservizi Piemonte Valle d’Aosta con Anav Piemonte Valle d’Aosta ha tracciato gli scenari di evoluzione della domanda di trasporto in Piemonte. L’analisi si concentra su macro-trend di settore preesistenti all’evento pandemico e legge il recente biennio come acceleratore di processi in corso sulla domanda di mobilità. (Links, 2021)
Un primo aspetto da osservare riguarda l’affermarsi del lavoro da remoto, che ha visto, con l’evento pandemico, tassi di crescita che hanno raggiunto nel 2021 il +40% in Italia, il 44,8 in Olanda, il +60% in Finlandia. Secondo alcune indagini, il cambiamento in corso nell’organizzazione e nella distribuzione spaziale del lavoro impatterà in misura strutturale: entro il 2025 la quota di lavoratori italiani che sfrutteranno questa modalità di lavoro potrà attestarsi attorno al 25% per imprese di dimensioni medio-grandi (con punte fino al 40% per i servizi) e gli spazi degli uffici si ridurranno di circa il 30% (Isfort, 2021).
La riduzione della mobilità casa-lavoro ha sottratto e sottrarrà una fetta rilevante dei ricavi da traffico, nonché una delle più rilevanti ragioni di utilizzo del trasporto collettivo, la cosiddetta mobilità “sistematica”:
“Si è affermata una nuova concezione del work & living place, orientata ad una crescente digitalizzazione delle relazioni e a nuove modalità di vendita e acquisto di beni e servizi (si pensi alla crescita dell’e-commerce, i cui ricavi potranno superare in Italia la soglia dei 100 miliardi di Euro nel 2025 rispetto ai circa 40 del 2020)” (Asstra, 2021).
Ne deriva una riduzione sensibile di spostamenti determinati da esigenze di lavoro e di acquisto in favore di una mobilità diversa, la cosiddetta “non sistematica”, ovvero legata ad esigenze occasionali, per svago e servizi. Questo trend, accelerato dall’evento pandemico, ha radici ben più lontane e conosciute: “In Italia, tra il 2004 e il 2016 (…) gli spostamenti legati al tempo libero sono passati dal 29,8% al 37,7% sul totale degli spostamenti urbani superando la componente legata al pendolarismo per scuola-lavoro (Ambrosetti, 2017).
La Fondazione Links ci aiuta a tratteggiare alcuni elementi utili a ripensare il sistema di trasporto pubblico locale. L’indagine sulle prospettive di mobilità dei piemontesi in un futuro post-Covid evidenzia come la maggioranza degli intervistati preveda di ridurre nel futuro i propri spostamenti casa/lavoro, casa/studio, elemento coerente con i dati che numerose ricerche hanno raccolto sull’interesse dei lavoratori a proseguire il lavoro da remoto. Tra il 60% e il 94% dei soggetti interrogati preferirebbe lavorare da remoto o prevedere forme ibride di lavoro in presenza e a distanza, e l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano prevede una crescita di lavoro agile fino a 8 milioni di lavoratori in misura strutturale, soggetti che sottrarranno una fetta rilevante della mobilità nelle classiche ore di punta.
Il cambiamento della domanda non sarà, tuttavia, solo sui tempi, è interessante notare un altro trend che influenza il cambiamento spaziale della domanda di trasporto. Emerge una nuova domanda sul mercato immobiliare e una accresciuta disponibilità da parte delle persone ad effettuare spostamenti più lunghi tra casa e lavoro (Ufficio Studi Gabetti, 2021).
Una domanda di mobilità che cambia nel tempo e nello spazio si associa, inoltre, ad un differente mix di modalità di spostamento. Il ricorso al mezzo privato aumenta, specie all’esterno dei centri urbani, mentre esplodono la mobilità in sharing e il ricorso ai mezzi per la micro-mobilità urbana. L’indagine Bva-Doxa restituisce un quadro in cui il 40% delle persone prevede di utilizzare una pluralità di mezzi per spostarsi: mezzi di proprietà come auto, moto o bicilette, accoppiati a mezzi pubblici e soprattutto mezzi in condivisione: monopattini, biciclette, scooter, automobili (Links, 2021).
Quali sono allora le linee di indirizzo su cui ridisegnare il trasporto pubblico locale? in quale direzione ricostruire un servizio essenziale che oggi intercetta sempre meno passeggeri e che è basato su un modello di mobilità profondamente mutato? Il trasporto pubblico locale è una componente essenziale di equità sociale perché la mobilità è un bene collettivo che influenza le scelte di vita, di lavoro, di socialità, di distribuzione sul territorio dei cittadini. Un servizio pubblico deve essere un complemento sostenibile alla mobilità autonoma e privata, e perché questo possa succedere deve soddisfare alcuni requisiti essenziali.
Innanzitutto, il TPL deve garantire la capillarità e la frequenza del servizio, affinché un mezzo pubblico possa essere alternativo al congestionamento dei centri urbani.
In secondo luogo, deve essere economicamente vantaggioso per la maggior parte degli utenti. Questo non significa necessariamente mantenere in Italia un livello di prezzo dei biglietti tra i più bassi d’Europa (Cpi, 2017), che sposta sulla fiscalità generale la copertura di 2/3 dei costi, ma accrescere il valore competitivo del trasposto pubblico rispetto all’acquisto di mezzi privati, investendo su una maggiore offerta e disponibilità di posti. Un aumento del costo dei biglietti è sostenibile per le famiglie se spostando la domanda su un trasporto collettivo o in sharing si riducono i costi di beni fissi come l’acquisto di seconde auto.
Terzo, il rilancio del trasporto pubblico locale deve nascere dalla riprogettazione degli spazi urbani e dei tempi della città, perché solo in questo modo può limitare il traffico privato e il congestionamento degli spazi.
Infine, come condizione trasversale a quanto appena esposto, le attuali imprese di trasporto pubblico locale, specie nei centri urbani, devono diventare provider di intermobilità, integratori di sistemi di trasporto plurimi: dagli autobus ai sistemi di sharing, dalle biciclette ai monopattini agli scooter perché ai cittadini possano essere offerte soluzioni plurime con massima libertà e flessibilità di scelta.
Tutto questo richiede un grande investimento sulla modernizzazione del settore, sul rilancio industriale degli operatori, sulla capacità di ricostruire una domanda oggi sempre meno prevedibile e sistematica.
L’alternativa è quella di un servizio pubblico locale poco efficiente, sempre più dipendente dal sostegno pubblico, che intercetta soprattutto la domanda di cittadini che non hanno alternative perché non possono permettersi altre modalità di trasporto. Un’utenza che deve accontentarsi di frequenze e capillarità limitate perché le imprese faticano a investire e ad accrescere la propria offerta di mobilità, abdicando così al proprio ruolo a servizio della collettività e dell’equità sociale.

Sandro Baraggioli

Leave a Reply