AGRICOLTURAAMBIENTE

Dall’Unione agricoltura sempre verde? Riforma ed equilibri sono gattopardeschi

By 19/01/2022Gennaio 26th, 2022No Comments

Bruxelles auspica un cambiamento epocale della PAC: più natura e maggiore sostenibilità. Le nazioni, però, discutono dei loro interessi

Si succedono a ritmo più o meno costante ormai da decenni, ma negli ultimi venti anni hanno quasi assunto la pretesa di voler rivoluzionare quanto fatto in precedenza, per assicurare un’agricoltura più equa, sostenibile e verde. Stiamo ovviamente parlando delle riforme della Politica Agricola Comune, ovvero del quadro regolatorio che sovrintende al comparto primario del vecchio continente.
A inizio dicembre, dopo un lungo percorso avviato nel 2018, il legislatore europeo ha dato il proprio imprimatur all’ultima di queste riforme, i cui effetti si esplicheranno a partire dall’inizio del 2023.
Anche in questo caso, dalle dichiarazioni provenienti da Bruxelles si annuncia un cambiamento epocale che risolva ogni stortura e rilanci l’agricoltura europea per i prossimi anni. Senza dubbio su alcuni aspetti il tentativo è evidente ed apprezzabile: per la prima volta la nuova PAC include una dimensione sociale, tesa a garantire condizioni di lavoro adeguate a tutti i lavoratori agricoli e vincolando l’assegnazione del sostegno europeo al rispetto di norme sul lavoro. Anche la componente verde viene rafforzata, riservando un quarto delle risorse a pratiche agricole ecosostenibili. Qualche dubbio lascia, invece, la capacità di questa PAC di semplificare le norme preesistenti, uno degli obiettivi principali posti in avvio di negoziato.
A dire il vero, la Commissione avrebbe cercato di semplificare l’applicazione della PAC lasciando agli Stati membri la possibilità di adeguare alla propria realtà interna alcuni aspetti regolati solo in via generale da Bruxelles. Si tratta senz’altro di una novità importante, certamente consigliata dall’allargamento ad Est e dalle sempre più variegate esigenze dei diversi Paesi.
Il rischio, tuttavia, è che il vulnus di questa riforma si trovi proprio nella possibilità che gli Stati membri stanno discutendo singolarmente con la Commissione in questi mesi attraverso la presentazione di appositi Piani Strategici.
Il nostro Paese, dopo averne discusso su appositi tavoli che hanno visto coinvolti per molti mesi Amministrazioni nazionali, regionali e principali stakeholders, ha presentato col proprio Piano Strategico un insieme di regole che sembrerebbero essere in certi casi ispirate dal principio gattopardesco del cambiare tutto per non cambiare nulla. Troppi interessi confliggenti hanno infatti finito con il diluire alcune delle novità principali della nuova riforma: è il caso della cosiddetta convergenza dei titoli che, secondo l’idea della Commissione, avrebbero dovuto raggiungere finalmente un valore uniforme abbandonando per sempre il retaggio dei titoli storici, legati alla produzione ottenuta su quel terreno.
Il nostro Paese ha deciso di ritardare il più possibile la convergenza che, al termine del periodo di validità di questa PAC, sarà ancora parziale. Il valore massimo dei titoli, poi, è posto ad un livello tale da lasciare in vita rendite oramai non più giustificabili, salvaguardate da una clausola che ne limita le perdite. I pagamenti per i cosiddetti eco-schemi, infine, sembrano in taluni casi finalizzati più a restituire ciò che viene tolto per altre misure piuttosto che rivolto ad ottenere una PAC veramente più verde. Un esercizio di equilibrismo che una vera riforma, anche senza essere mascherata da rivoluzione, difficilmente può permettersi.

Antonella Formisano

Leave a Reply