
“La coerenza del diritto implica una struttura con valori condivisi” – Guerra e sanzioni dimostrano una realtà che l’Umanità non si aspettava
In questi giorni anche il Santo Padre ha, con rammarico, constatato la inutilità dell’ONU in occasione della tragica guerra in Ucraina.
Credo che si debba provare ad esplorare tale giudizio nel contesto di una generale riflessione sul diritto internazionale. Per noi europei il termine diritto evoca ineluttabilmente la nostra tradizione culturale giuridica, evoca il diritto come baluardo di contrasto all’homo homini lupus.
Diritto per noi significa regole certe, sanzioni prefigurate per chi le viola e ineluttabile applicazione di tali sanzioni nel rispetto anche di colui che deve subirle. Al punto che ci indigniamo ove il sistema non funzioni o funzioni malamente.
E’ ineluttabile pertanto per noi “sentire” il diritto internazionale quasi come un vacuo apparato burocratico ove se ne constati la inefficacia. Per questo motivo lo viviamo come qualcosa lontana dalla nostra percezione di diritto e di giustizia ogni qualvolta la violazione dei più elementari canoni di convivenza pacifica venga posta in essere, ma nondimeno si constati la paralisi dell’organo che dovrebbe in via primaria intervenire.
E quanto più vediamo crescere aggressione, violenza e distruzione tanto maggiore è il nostro sgomento e tanto minore è la nostra fiducia nel diritto internazionale e negli enti sovranazionali preposti alla regolazione dei contrasti.
Credo che la nostra percezione sia corretta perché al diritto internazionale difettano molti connotati strutturali perché possa correttamente funzionare.
Due sono i difetti fondamentali. Il primo è la mancata certa previsione delle sanzioni applicabili ai comportamenti delle persone e degli Stati che non rispettino le regole. Di fatto le sanzioni sono decise, sia quantitativamente che qualitativamente, al momento della violazione.
Il secondo, conseguenziale al primo, è la facoltatività delle sanzioni. Non solo le sanzioni non sono previste ex ante, ma anche la decisione di assumerle è rimessa ad un atto di volontà sul momento. Immaginiamo uno Stato, per la nostra idea di Stato, che valuta volta per volta quale sanzione applicare a un omicida. Anzi immaginiamo uno Stato in cui si decide volta per volta se l’uccisione di una persona sia da indagare e, scoperto il colpevole, se si debba processare o meno. Immaginiamo uno Stato in cui, accertata la responsabilità di un’omicida, si decida se applicargli una sanzione.
Questo, per noi, non sarebbe uno Stato accettabile.
Purtroppo si deve constatare che molti Stati si reggono su ordinamenti che consentono quello che a noi, oltre che ingiusto, appare paradossale. Eppure questa è la realtà ed in questa realtà si deve confrontare il diritto internazionale e la comunità internazionale che questo diritto deve esprimere.
Ecco quindi che si deve accettare che il Diritto non è altro che la forma di una struttura e deve necessariamente muoversi sulla struttura cui si applica. La coerenza del diritto implica una struttura con valori condivisi. La comunità internazionale planetaria è molto lontana da questa effettiva condivisione; ed anzi sempre più si rimarcano valori contrapposti se non antitetici.
Qualche passo in avanti è stato fatto in special mondo in quel significativo – ma piccolo – pezzo di mondo che è l’Europa, ma purtroppo, come drammaticamente evidenziano i giorni di oggi, la strada è ancora lunga. Forse infinita.
E quanto sta accadendo ci appare chiaramente come un brusco arretramento rispetto al lungo percorso su cui auspicavamo che il genere umano si fosse faticosamente avviato.
Massimo Terzi