CULTURAeditoriale

Elezioni e incoscienza. L’Italia ora non si ritrovi in una “selva oscura”

By 20/09/2022Settembre 22nd, 2022No Comments

Governo numero XIX – Un pericolo reale da scongiurare – Non è facile morto un papa, farne subito un altro – Negli ultimi vent’anni è cresciuta la litigiosità e la volgarità d’una parte dei politici – Regna sovrana la superficialità – La prassi parlamentare per la nomina del nuovo Premier

“Draghi sì, Draghi no”. Sembrerebbe “…quel motivetto che…mi piace tanto”, Anni 30 di Pippo Barzizza, che la Rai nell’agosto caldo d’un sole cocente, ha ripescato in apparente allegria, cercando senza riuscirvi, di alleggerire il dramma politico dell’Italia 2022, che da mesi con estrema superficialità e forse con un pizzico di ironia, si è rifatta al detto popolare “Morto un Papa, se ne fa un altro”. Cosa che oggi, non sembra essere così facile, alla luce della scarsa creatività positiva dei politici italiani. Almeno oggi, infatti, la realtà ha dimostrato non essere assolutamente vero che un “papa”- presidente del consiglio, si possa sostituire con estrema facilità, senza alcun travaglio.
E, se si va a scavare un po’ in profondità, ci si accorge che, per ironia della sorte, questo desueta espressione sembrerebbe contraddire quanto le video notizie vaticane dei giorni scorsi, ci hanno dato dei Papi, Benedetto XVI e Francesco Bergoglio che, insieme, dall’alto della loro autorevolezza spirituale, convivono pacificamente, se ne rallegrano e hanno concesso berretta e porpora ad altri venti nuovi cardinali del “nuovo mondo”, tra i quali il giovanissimo Giorgio Marengo, 48 anni, di Cuneo. Una storia, quella vaticana, che potrebbe allietarsi anche di un nuovo evento sulla Soglia di Pietro, ove Francesco si ritirasse dal suo alto magistero. E sarebbe il terzo nella sorta di “anomalo triunvirato cattolico”.
Ma, “fantasie” più o meno irriverenti, a parte e comunque confortanti sui comportamenti delle massime istituzioni vaticane, gli italiani hanno ben altre preoccupazioni, meno spirituali, di cui occuparsi, dovute all’increscioso balletto rock della maggior parte dei politici del nostro Bel Paese. Uomini di governo, che hanno dileggiato tutto con estrema leggerezza per tutta l’estate, fino al 25 settembre, parafrasando a piacimento tutto ciò che parafrasabile non è: la serietà del linguaggio, la concretezza delle idee, la continua ricerca scientifica. Ma anche, il rigore morale, l’onesta di intenti, il rispetto per gli avversari, senza alcuna idea concreta che potesse risolvere gli immensi problemi economici, finanziari, sociali, morali di cui il Paese soffre. Ci si è persino scatenati nella volgarità, nell’aggressività delle espressioni, e costretti – come mezzo di persuasione contingente – a ricorrere alla celebrazione delle stragi mai risolte del passato, alla strapotenza della mafia che ormai da decenni non si ferma più davanti ai Palazzi di Giustizia di stile fascista del Sud e del Nord; al mercato della Vucciria di Palermo, simbolo della protesta del grande Renato Guttuso, ma si annida tra gli ormai dimenticati colletti bianchi d’Italia, d’Europa, di ogni Paese sia ad Ovest che all’Est per dominare la finanza internazionale, senza sparare un colpo.
L’unico e non indifferente valido aspetto di questo ritorno ai Sessanta- Settanta – Ottanta (trent’anni), è stato il “ripasso” di un po’ di Storia. Ma sarà servito? Forse no, perché gran parte di coloro che erano impegnati a canticchiare “Draghi sì, Draghi no”, non se ne sono accorti, mentre gli stupidi dediti all’aggressione, continuavano e continuano a sparare missili, a seminare morte, mentre i furbi si arricchiscono a spese dei poveri d’ogni Paese.
E ci vien di pensare anche all’Italia divisa da due concezioni politiche profondamente diverse: quella laica così refrattaria ad ogni benessere sociale duraturo, contrapposta e quella religiosa dell’Italico Stato Vaticano, votato ad una visione lungimirante, di pace invocata, che ha saputo evangelizzarsi ed a chiedere perdono per i propri errori, i propri misfatti nei confronti dell’umanità. Mezzo peccato, mezzo perdonato? No sicuramente, ma in questo momento storico aver chiesto perdono è stata una lezione, ancora non terminata, di fede, di onestà intellettuale, che non ha uguali nel mondo occidentale e tanto meno nella chiesa guerrafondaia del patriarca Kirill, “Il chirichetto di Putin”.
L’Italia è uno Stivale logoro, vecchio, in attesa perenne di essere ricucito, che ha sempre bisogno di sondaggi più o meno veritieri e anch’essi in qualche modo telecomandati da un sistema informativo che dovrebbe guardarsi dentro, riflettere sulla propria possibile indipendenza da gruppi politici e industriali che hanno una sola fede: quella dominata dall’economia globalizzata, anch’essa logora. Un’Italia fragile, smarrita, convinta di essere l’unica nazione in grado di stupire il resto del mondo con le proprie bellezze naturali, con la propria storia, con la propria cultura; l’Italia un tempo nazione crocivia di popoli, ed ora, senza Mario Draghi, relegata in seconda, terza fila del Parlamento europeo, senza una voce autorevole che ne sostenga le intenzioni, ne promuovesse valide iniziative.
Un’Italia che non guarda con amore al proprio passato, non ne utilizza i valori migliori, quelli della Cultura, non guarda neppure al futuro per salvaguardare la propria esistenza, fors’anche la propria sopravvivenza. Un quadro a fosche tinte? Il sì è d’obbligo, almeno per non deludere la scaramanzia e per tante altre ragioni. Sono stati esili i tentativi del centro e del centrosinistra capitanato da Enrico Letta, il quale, pur nella sua correttezza istituzionale e onestà intellettuale, non sembra essere riuscito a imprimere al Partito Democratico una svolta propulsiva più incisiva. Non era certamente facile in questa Italia frantumata da mille partitini. C’è da augurarsi in questo difficile frangente, che l’elettorato gli riconosca la visione mite della politica, la signorilità, la convinzione nelle sue idee, la disponibilità socialmente utile.
Le elezioni appena concluse non potevano che scaturire dalla nuova pesante incertezza istituzionale causata dai tragici fattori internazionali provocati dalla Russia, ma anche da un’economia che ben prima della guerra faceva acqua da tutte le parti senza che alcuno tappasse un buco; dai fattori climatici provocati in parte dall’incapacità di prevenire gli eventi atmosferici; dall’incapacità di sviluppare un’economia sana che soddisfacesse le esigenze impellenti della nostra nazione, dei Paesi Europei, dell’Africa centrale e dei Paesi mediorientali minacciati da vitali ripercussioni.
Errori politici incredibili in una nazione civile ed evoluta; incomprensibili, mentre ancora il governo Draghi era lì a cercare di mettere una pezza ai mille problemi nazionali e internazionali. In questi mesi c’è stato il trionfo dell’incoscienza nazionalistica.
Ed ora che si fa? Crediamo che neppure l’opinione pubblica sappia esattamente quando si potrà avere il nuovo governo della XIX elezione governativa. Si è detto che entro il 26 settembre si saprà chi ha vinto e chi ha perso o se non ha vinto nessuno o perduto nessuno, come hanno sempre sostenuto in tv e sui giornali i segretari dei partiti di maggioranza e opposizione nelle precedenti 18 elezioni. Ma nessuno si è mai chiesto, e nessuno l’ha mai detto con fermezza e preoccupazione, che il governo si avrà nella migliore delle ipotesi alla fine di ottobre, sempre che, per varie ragioni e a meno di accuse reciproche da dipanare, non si arrivi a metà novembre o addirittura a dicembre.
Perché tanto tempo? Semplice: la Costituzione non precisa nulla in proposito, ecco perché si deve guardare all’iter parlamentare. Dopo il voto occorre insediare le nuove Camere (si ricordi che al Senato, dopo la riforma del 2020 che ha modificato gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, i nuovi eletti dovranno passare da 615 a 400 alla Camera e al Senato da 315 a 200. A ciò si aggiunga la limitazione del numero di senatori a vita di nomina presidenziale che non potranno essere in alcun caso più di cinque. Si dovranno quindi eleggere i presidenti delle due assemblee e formare i gruppi parlamentari. Soltanto allora il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, avvierà le consultazioni per dare l’incarico di formare il nuovo governo. Questa la prassi istituzionale.
C’è da augurarsi che tutto si svolga nella massima correttezza, il che non è assolutamente scontato. Bello sarebbe se, all’inglese o come avviene in Europa e negli States, il vincitore tendesse la mano all’avversario perdente, senza che la campanella, tintinni nervosamente e annunci nuovi rovesci sul futuro governo. Ricordiamo che in Italia c’è sempre tanto da imparare perché gli italiani sono… “estroversi”.
E’ allora auguriamoci tutti, che la RaiTV, nel suo ruolo di Stato e le emittenti private, contribuiscano ad approfondire il tema della buona creanza televisiva affinché non accadano più baruffe nei talkshow, mentre altrove si paventa la guerra nucleare, e gli stessi conduttori seguano l’esempio del direttore del TG2, Gennaro San Giuliano che, da napoletano colto, ha dato in questi mesi un grande esempio di professionalità e discrezione. Forse c’è ancora speranza. E allora, occhio ai giovani e all’elettorato attivo dei diciottenni, che per la prima volta potranno votare per il Senato. Perché sarebbe tragico se nel mezzo del cammin della loro vita si ritrovassero in una selva oscura…

Armando Caruso