CULTURA

EUROPEAN LAW MOOT COURT COMPETITION: IL DIRITTO UNI.TO TRIONFA A LUSSEMBURGO

By 24/05/2023No Comments

Il confronto giudiziario 2023 davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea – Significativo riconoscimento ai docenti e agli studenti di giurisprudenza dell’Università di Torino – Oltre 70 gli atenei partecipanti per i 25 anni del consesso di studi internazionali

La notizia è di quelle che nel giornale universitario occuperebbero a pieno titolo la prima pagina. L’Università di Torino ha vinto la European Law Moot Court Competition 2023, la massima competizione mondiale in tema di diritto della Unione europea. Una simulazione accurata di un procedimento giudiziario (in inglese, “moot court”) in cui le università partecipanti, oltre settanta quest’anno, formano una squadra che è chiamata a prendere le difese, a turno, di entrambe le parti in causa, cimentandosi con temi di attualità per il diritto della UE.
La competizione dura diversi mesi di dura preparazione, articolata in fase scritta e orale. Se, come è successo alla squadra di Torino, si prevale nella finale regionale, si giunge alla fase conclusiva, che si svolge a Lussemburgo davanti alla vera Corte di giustizia dell’Unione europea. Un collegamento fra simulato e reale che conferisce alla competizione un sapore unico e una emozione difficile da dimenticare. Per questo il valore di questo traguardo non può essere sottostimato, specie considerando che tutta la manifestazione è stata condotta in inglese e francese, che non sono le lingue madri dei nostri studenti.
Il giusto festeggiamento del risultato (che non a caso è stato inserito fra gli eventi di celebrazione del decennale del Campus Einaudi) spinge a sviluppare qualche spunto di riflessione più ampio legato a una ricorrenza che anch’essa merita di essere sottolineata, ossia i 25 anni di Moot Courts dell’Università di Torino.
Le Moot Courts sono uno strumento didattico tradizionalmente utilizzato nei corsi universitari di diritto per la formazione dei futuri avvocati, e ciò avviene soprattutto nella tradizione del diritto anglo-americano. Una scelta coerente con la tradizione di common law basata, a differenza che nel diritto continentale, sul ruolo schiettamente creativo del diritto ad opera dei tribunali.
Nonostante questa differenza funzionale e strutturale, un numero significativo di università di civil law ha ormai riconosciuto pienamente il grande valore di questo strumento nella formazione degli studenti, che innegabilmente consente loro, a prescindere dalla tradizione giuridica di appartenenza, di sperimentare fattivamente ciò che sarà loro richiesto una volta lasciata l’università.
Anche in Italia il fenomeno sta lentamente prendendo piede, nonostante una sottovalutazione delle sue potenzialità che deriva dall’approccio prevalentemente formale al diritto coltivato nell’accademia italiana, incline a privilegiare, anche nella dimensione didattica volta a futuri giuristi e avvocati, un approccio dottrinale e dogmatico che relega l’arte dell’argomentazione a ruolo meramente ancillare.
Per questo è stato in certo modo avanguardista che il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino partecipi a competizioni internazionali di questo tipo da ben 25 anni. Unico in Italia ha introdotto, dal 2008, un progetto strutturato per mettere a sistema queste iniziative collegandole non solo al conseguimento di crediti formativi e alla possibilità di erogare borse di studio agli studenti più meritevoli, ma anche al contesto della professione giuridica e forense, con legami significativi con la Società italiana per l’Organizzazione internazionale, con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, con la Camera Arbitrale del Piemonte e con importanti studi legali.
Nel quadro del progetto si è arrivati negli anni a formare cinque squadre per altrettante competizioni annuali e oggi il Dipartimento partecipa stabilmente a tre competizioni internazionali di assoluto rilievo: oltre alla European Law Moot Court Competition, recentemente vinta, vi è la Philip C. Jessup International Law Moot Competition dedicata al diritto internazionale, con fase finale a Washington, in cui la squadra torinese ha una tradizione di risultati di spicco fra le concorrenti italiane, e il Willem C. Vis International Commercial Arbitration Moot in tema di arbitrato commerciale internazionale, con fase finale a Vienna, in cui ancora quest’anno, unici fra gli italiani, gli studenti della squadra torinese hanno raggiunto i sedicesimi di finale a fronte di quasi 400 università partecipanti da tutto il mondo.
Tutto questo denota una forte tradizione di cui si può essere orgogliosi anche in ragione dei contenuti formativi specifici che vengono perseguiti: dalla ricerca orientata al problem solving all’analisi e studio di materiali riorganizzati in modo funzionale all’argomentazione; dalla predisposizione di memorie scritte in tutto simili, per qualità e profondità, agli atti propri di un vero procedimento giuridico alla organizzazione della esposizione orale con struttura modulare per rispondere efficacemente ai quesiti posti dai giudici; dallo sviluppo di abilità comunicative non solo verbali all’apprendimento di tecniche di memorizzazione.
Il tutto in nome della capacità di fare squadra, attraverso metodi di team work che raramente vengono insegnati prima dell’ingresso nel mondo del lavoro, e talora neppure dopo. Lo studio casistico fa sì che gli argomenti si perfezionino testandone vicendevolmente forza e debolezza: indubbiamente un grande impegno, bilanciato però dall’energia e dall’entusiasmo per la competizione che coinvolge anche i numerosi coach, a loro volta una vera e propria squadra, che spesso hanno partecipato alle competizioni in edizioni passate e ora lavorano a vario titolo come professionisti o in università.
Infatti fra gli studenti partecipanti nei vari anni si realizza un passaggio di testimone che, grazie alla condivisione dell’esperienza, ha cementato negli anni il senso di appartenenza all’Università e al progetto, che rientra nel filone della didattica esperienziale che il Dipartimento di Giurisprudenza porta avanti insieme alle cd. cliniche legali.
Esso presenta tre peculiari vantaggi. In primo luogo, la competenza che esso sviluppa ha una valenza metodologica che va al di là dei contenuti specifici di ogni competizione e caso. Gli studenti affinano un metodo a suo modo universale, sperimentando la natura retorico-argomentativa del diritto e recuperando l’ampia e nobile tradizione della retorica classica, risalente a filosofi greci come Protagora, Gorgia e Aristotele, e ad autori del mondo romano antico, come Cicerone e Quintiliano. Dover argomentare per una parte e per l’altra è il miglior modo di relativizzare le posizioni e comprendere che il ruolo della retorica è essenziale nel formare il convincimento del giudice sulla portata e il significato della norma.
In secondo luogo, il progetto ha una naturale proiezione oltre i confini nazionali e il mooting costituisce un ponte unico tra diverse culture giuridiche, diversi sistemi di istruzione e diversi approcci all’insegnamento del diritto: con ciò si crea una rete e una comunità vivente, capace di condividere una sorta di koiné giuridica che lega gli studenti di oggi e i professionisti del diritto internazionale, transnazionale e europeo di domani.
In terzo luogo, la potente interazione fra simulazione e realtà, dovuta al fatto che nelle Moot Courts le prospettive didattiche e professionali si intrecciano e quasi si fondono, porta gli studenti a contatto con problemi veri e con professionisti affermati, presenti anche per testimoniare la loro attenzione verso un vivaio straordinario di giovani talenti.
I 25 anni che si compiono quest’anno saranno celebrati nei prossimi mesi con l’obiettivo del Dipartimento di Giurisprudenza di ampliare il perimetro di fruizione del progetto, allargandolo a numeri crescenti di studenti e ponendo l’arte del mooting in osmosi con la didattica dei corsi istituzionali tradizionali.
Perché questo è un eccellente modo di dare corpo all’idea che l’università oggi, nell’era della intelligenza artificiale generativa (leggasi Chat GPT e ausili affini), deve essere capace di riempire di contenuti innovativi e qualificanti la propria vocazione alla didattica e alla terza missione.
La chiave è che gli studenti si mettano in gioco, coltivino il pensiero laterale e sfidino la propria intelligenza sviluppando competenze trasversali aggiuntive rispetto alla conoscenza nozionistica e in prevalenza passiva. Capacità di lavorare in squadra, gestire l’emozione, coltivare l’empatia, mutare argomentazione come risposta ad una sollecitazione inattesa, adeguare la scelta argomentativa alle necessità di gestione del tempo, sviluppare un eloquio piano, comprensibile e persuasivo anche in inglese o francese, questo è ciò che sembra poter garantire che la professionalità giuridica non sia in futuro facilmente sostituita dagli strumenti di intelligenza artificiale, che potranno e dovranno conservare una dimensione servente.
Su queste basi di crescita potremo continuare a essere orgogliosi della didattica che offriamo ai nostri studenti e questa sarà una buona ragione in più per venire a studiare diritto a Torino. Non è un caso che in italiano chi agisce in giudizio si chiami ‘attore’ e che il verbo to act si riferisca in inglese indifferentemente a chi recita e a chi fa valere un proprio diritto. Per sperimentare e padroneggiare la ‘Law in action’, l’Università di Torino celebra dunque oggi i suoi successi, nell’intento di coltivare a fondo quella sua fucina di eccellenza giuridica che, sotto il nome di Progetto Moot Courts internazionali, si apre a sempre più a colleghi e studenti delle generazioni a venire.

Alberto Oddenino
University of Torino
Professor of International Law and of International Arbitration
President of the Master Degree in European Legal Studies
Coordinator of Moot Courts Project