
L’incontro promosso dal presidente turco con Russia e Ucraina apre una flebile speranza per le sorti alimentari del mondo – 14 Paesi africani allo stremo – Mar Nero e Danubio, il percorso-cereali della salvezza
La guerra tra Russia e Ucraina ha aggravato il problema della crisi alimentare nel mondo. Come è stato evidenziato dal rapporto “Global Crisi Response Group”, ben 94 Paesi, in cui risiedono 1,6 miliardi di persone, rischiano di morire di fame. E la situazione potrebbe peggiorare se il blocco all’esportazione di grano ucraino dovesse proseguire ed includere oltre il grano anche il riso.
La stessa Segretaria Generale dell’ONU per il Commercio e lo Sviluppo ha ribadito: “La produzione di beni alimentari ucraini, e quelle di cibo e fertilizzanti russi, devono essere riportate sul mercato mondiale, nonostante la guerra”.
È da mesi che si sta cercando una soluzione a tale situazione, attraverso la via diplomatica con la mediazione del Governo turco, che più volte ha cercato di far raggiungere un accordo tra la delegazione ucraina e quella russa. Una bozza di accordo prevede lo sminamento dei porti ucraini attraverso genieri turchi e, successivamente, circa 20 milioni di tonnellate di grano sarebbero caricate sui cargo a Odessa e da lì portati ad Ankara. Tutta l’operazione verrebbe coordinata da Istanbul sotto l’egida dell’ONU. Tale proposta, però, trova due ostacoli di difficile soluzione: da una parte c’è la Russia che in cambio chiederebbe un alleggerimento delle sanzioni a cui è sottoposta; dall’altra la diffidenza dell’Ucraina che teme, dopo lo sminamento dei porti, un attacco massiccio da parte dell’esercito russo sul proprio territorio.
Un altro problema consiste nell’accusa di furti di grano ucraino da parte della Russia. Secondo il “New York Times” il 16 maggio il Dipartimento di Stato americano ha invitato almeno 14 Paesi africani a non acquistare prodotti agricoli da Mosca proprio perché rubati. Gli Stati africani, però, sono allo stremo alimentare e sono ormai disposti a comprare anche grano sottratto all’Ucraina.
Secondo i calcoli del Governo ucraino, da febbraio ad oggi, i Russi hanno rubato 500.000 tonnellate di grano per un valore di 100 milioni di dollari. Le ultime notizie dal fronte rivelano uno scenario ancora più inquietante: i Russi hanno iniziato a bombardare ed incendiare i campi di grano in modo tale da distruggere completamente il raccolto nei territori ancora sotto il controllo ucraino o che sono stati riconquistati dall’esercito ucraino. Più volte il Governo ha ribadito che quello perpetuato dalla Russia è un attacco non solo all’Ucraina, ma alla sicurezza alimentare mondiale.
Lo stesso ex Ministro dell’Agricoltura italiano, Maurizio Martina, ora vicedirettore generale della Fao è così intervenuto: “Dobbiamo contrastare al più presto gli effetti della crisi alimentare determinata dal conflitto fra Russia e Ucraina nelle aree più vulnerabili del Mediterraneo. Perché se oggi il problema è l’aumento dei costi dei generi alimentari, il dramma del 2023 potrebbe essere la carenza. In Paesi più fragili, soprattutto africani, già colpiti dalla siccità e dai cambiamenti climatici, il blocco dei fertilizzanti russi e bielorussi potrebbe determinare un calo drastico della produzione, col rischio di affamare intere popolazioni”.
Anche il Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha riportato l’attenzione su come la guerra del grano sia una minaccia per la stabilità dell’Africa, potendo portare una serie di conflitti, colpi di stato, migrazioni di massa e, conseguenza ancora più grave, nuovo input al terrorismo. L’Italia, infatti, si sta concentrando soprattutto sui Paesi del Mediterraneo, in quanto è proprio l’Africa ad acquistare circa il 40% del grano prodotto in Ucraina, e ha proposto l’attivazione di un finanziamento a sostegno dell’importazione alimentare nei Paesi africani di ben 9 miliardi di dollari.
Odessa è da sempre considerata il granaio del mondo e, secondo le stime della Fao, serviranno tre mesi per poter esportare via mare i cereali lì bloccati, che rischiano di deteriorarsi per ogni giorno di ritardo. La UE ha pensato a nuove vie di trasporto per il grano di Odessa, prendendo in considerazione i vari porti presenti in Romania; altre tratte alterative già attive sono il porto lituano di Klaipeda o i porti polacchi di Danzica e Gdynia, dove arrivano treni carichi di grano dall’Ucraina. Ovviamente tutti hanno ben presente che tali soluzioni non possono essere risolutive.
Dai primi di luglio si vedono, però, i primi spiragli di un possibile accordo tra le parti. Il 13 luglio ad Istanbul c’è stato, infatti, un incontro più risolutivo rispetto ai precedenti tra le delegazioni militari di Turchia, Russia e Ucraina, e funzionari dell’ONU. L’obiettivo è quello di sbloccare i porti e di poter esportare, il prima possibile, 22 milioni di tonnellate di grano ucraino. Lo stesso Presidente turco Erdoğan continua a lavorare, attraverso i canali della diplomazia, per poter attuare il piano proposto dalle Nazioni Unite per la consegna di tutti i cereali ucraini sui mercati mondiali.
Sia la Russia che l’Ucraina sono favorevoli a creare proprio ad Istanbul un centro di coordinamento per poter garantire la sicurezza delle rotte all’esportazione di grano dall’Ucraina.
Al momento sono 130 le navi mercantili piene di grano ucraino che sostano nel Mar Nero per accedere al Danubio e da lì raggiungere i vari porti della Romania da dove poi il grano potrà essere trasferito in varie parti del mondo.
Per la prima volta, dopo mesi di negoziati saltati o che non hanno raggiunto un accordo, si intravede un barlume di speranza non solo per il raggiungimento della pace tra Russia e Ucraina, ma anche per la sicurezza di interi Paesi che altrimenti rischierebbero una crisi alimentare senza precedenti con le terribili conseguenze che ciò comporterebbe.
Antonella Formisano