
Inevitabili i provvedimenti della BCE, ma le conseguenze si faranno sentire a lungo – Come conciliare l’impegno delle utilities e la chiara ambizione di riportare in ambito nazionale produzioni o pezzi della catena produttiva per affrancarsi dalle dipendenze globali
Siamo nel pieno di una nuova fase del ciclo economico. Il crollo del Pil del 2020, causato dall’evento pandemico, è stato brillantemente compensato dal recupero vigoroso della nostra economia a partire dall’anno successivo per proseguire, seppur in modo meno deciso lo scorso anno.
Questa fase di rilancio si è inevitabilmente trascinata dietro un aumento del tasso di inflazione per effetto, come ricorda la Bce, di “uno shock positivo della domanda a seguito della riapertura delle attività economiche dopo la pandemia, che ha consentito alle imprese di trasmettere gli aumenti dei costi ai prezzi molto più rapidamente e intensamente che in passato”, cui non è corrisposta un’adeguata e proporzionale crescita dell’offerta a causa delle interruzioni nelle catene di approvvigionamento indotte dalla pandemia e dalla corsa alle materie prime.
A far deflagrare un quadro di naturale e contingente difficoltà per le economie internazionali è stato naturalmente lo scoppio del conflitto russo-ucraino e lo shock determinato dall’interruzione di alcuni dei principali flussi di approvvigionamento energetico che avevano alimentato il sistema europeo negli ultimi due decenni.
I vigorosi interventi di politica economica messi in campo dall’Unione Europea e dagli Stati nazionali e gli investimenti volti ad una diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico hanno, come detto, determinato il progressivo assorbimento della bolla energetica; tuttavia, ci consegnano un contesto economico profondamente mutato, all’interno del quale le dinamiche di crescita economica globale stanno subendo un forte rallentamento e l’inflazione continua a mantenersi a livelli troppo elevati.
Come ricorda la Banca d’Italia nella Relazione Annuale 2022, per contrastare i rischi che l’elevata dinamica dei prezzi si trasferisse sulle aspettative a medio e a lungo termine e per assicurare il ritorno dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha avviato un rapido rialzo dei tassi ufficiali, che tra luglio e dicembre sono aumentati complessivamente di 2,5 punti percentuali. L’irrigidimento delle condizioni monetarie è proseguito nei primi mesi del 2023, a fronte del perdurare dell’inflazione su livelli elevati. Sono stati ulteriormente alzati i tassi ufficiali, portando il rendimento dei depositi presso l’Eurosistema al 3,25 per cento; a marzo è iniziata la riduzione delle consistenze di titoli detenuti nell’ambito del programma di acquisto di attività finanziarie.
L’aumento del costo del denaro, unito ad un generale e sostenuto aumento dei costi di approvvigionamento di beni e servizi, ha prodotto anche sulle nostre imprese forti tensioni, che inevitabilmente si ripercuoteranno sulla dinamica futura degli investimenti. In parallelo l’alta inflazione e il forte calo dei prezzi delle attività hanno determinato una riduzione della ricchezza finanziaria netta delle famiglie, il reddito disponibile è cresciuto anche nel 2022, ma l’alta inflazione ne ha eroso il valore reale, con maggiore intensità nella seconda metà dell’anno.
L’inflazione ha iniziato a scendere nei primi mesi del 2023, in concomitanza con il calo marcato delle quotazioni del gas e del petrolio ma la componente di fondo rimane ancora su livelli elevati; questa dinamica sta suggerendo alle banche centrali di mantenere un atteggiamento prudente circa una prossima discesa dei tassi di interesse.
Siamo, pertanto, entrati all’interno di un nuovo scenario economico che tutte le analisi ritengono possa protrarsi sul medio periodo. Uno scenario in cui si evidenziano ulteriori trend già oggi molto chiari, innanzitutto una dinamica sostenuta di “reshoring” o ri-localizzazione, ovvero di progressiva riduzione della distanza delle catene di approvvigionamento e produzione a livello nazionale o di “ near-shoring”, l’intensificazione, cioè, degli scambi con i Paesi dell’area europea ma anche con i Paesi del Mediterraneo per superare le criticità che si sono manifestate durante il periodo pandemico e l’esplosione del conflitto russo-ucraino.
Vi è la chiara ambizione di riportare in abito nazionale produzioni o pezzi della catena del valore che la delocalizzazione aveva portato lontano dall’Europa e dagli Stati Uniti. L’impulso agli investimenti dettato dal piano europeo di ripresa e resilienza va inquadrato anche in base a questa chiave di lettura: potenziare le dotazioni infrastrutturali, industriali e il patrimonio di competenze a livello europeo e dei singoli Stati per ridurre l’elevata dipendenza da Stati o aree del mondo la cui affidabilità e resilienza è stata messa in discussione dai recenti shock pandemici e geopolitici. Salvaguardare le economie occidentali da una reale minaccia di interruzione delle catene globali di approvvigionamento specie in alcuni settori di alto valore strategico.
I settori del servizio pubblico locale si trovano al centro di questo cambiamento. L’input dei fondi PNRR passa dalla volontà di rendere i sistemi nazionali più resilienti e autonomi rispetto agli shock globali e all’evoluzione del cambiamento climatico. L’accento sulle infrastrutture come base della modernizzazione dei territori impone agli attori delle filiere energetiche, ambientali, idriche e dei trasporti un salto di qualità, perché siano protagonisti del cambiamento in corso.
Alle utilities di Piemonte e Valle d’Aosta sono stati, ad oggi, approvati e finanziati 89 progetti per un valore superiore a 1 miliardo di euro.
Questa straordinaria mole di risorse è una boccata di ossigeno per imprese che stanno subendo l’esplosione dei costi non solo di approvvigionamento di beni e servizi quanto soprattutto, della provvista finanziaria; senza le risorse del PNRR assisteremmo ad una più brusca contrazione degli investimenti dettata da una disciplina di bilancio più conservativa e tesa a reggere l’urto di una fase che non si preannuncia breve.
Per altro verso, l’opportunità di attingere ai fondi del PNRR costringe le imprese a mettere in campo progettualità e iniziative, le impone di adeguare procedure e organizzazione interna alle tempistiche stringenti imposte dal Piano e alla rendicontazione degli stati di avanzamento delle opere.
In questo contesto l’impulso alla crescita dimensionale delle nostre imprese, la strutturazione di soggetti industriali con capacità finanziarie e operative più ampie, da semplice opportunità diventa un imperativo. La stretta creditizia e l’aumento dei costi sta già minando la tenuta di alcuni soggetti industriali, più piccoli o più fragili perché si sono presentati troppo esposti all’appuntamento con questo scenario congiunturale. Il nostro sistema non può permettersi di perdere l’occasione del PNRR per scarsa capacità di produrre progetti o per l’incapacità a rispettare le tempistiche previste.
Il sistema delle utilties deve essere in grado di rispondere accrescendo l’efficienza dei servizi, strutturando alleanze e promuovendo la nascita di soggetti più grandi a livello dimensionale, soggetti che, in ogni caso, devono continuare a mantenere un forte radicamento locale, confermandosi e rilanciandosi come strumento di modernizzazione dei territori.
Un plauso va dunque alle imprese che hanno saputo proporre progetti e iniziative finanziate all’interno delle linee del PNRR; è un segnale importante per il nostro sistema e ci indica che politiche di incentivazione e sostegno nei settori del servizio pubblico locale trovano interlocutori industriali capaci di tradurre gli obiettivi politici in opere dal forte impatto sociale, economico e, soprattutto ambientale.
In chiusura, vi è un ulteriore aspetto da non trascurare perché le imprese di servizio pubblico locale possano essere protagoniste in questa fase di grandi investimenti. I tempi stretti imposti dal PNRR spesso mal si coniugano con le complessità degli iter autorizzativi necessari alla realizzazione delle opere. Da tempo le associazioni di rappresentanza si sono mosse con i Governi e le istituzioni nazionali e locali per affrontare questo tema e numerose sono le novità a livello normativo che, anche su impulso del PNRR, sono state introdotte per facilitare l’azione delle imprese. La pubblica amministrazione, al pari degli attori economici è chiamata ad un salto di qualità, ad un’assunzione di responsabilità, se possibile, maggiore rispetto al passato perché sappia guidare e non ostacolare il sistema produttivo a sfruttare al meglio l’ingente quantità di risorse oggi a disposizione.
Il livello di modernizzazione del Paese e la sua capacità di resistere ai futuri shock globali passano inevitabilmente da quanto tutti insieme, imprese e istituzioni, saranno in grado di costruire entro il 2026, senza confidare, fin da oggi, nei tempi supplementari.
Sandro Baraggioli