INDUSTRIATECNOLOGIA

IL “TALLONE DI ACHILLE” DELLE STARTUP. IN ITALIA NASCONO BENE E CRESCONO MALE

By 21/12/2022No Comments

L’analisi del presidente del Comitato Torino Finanza, Vladimiro Rambaldi: “La dotazione del capitale è bassa e agli imprenditori è dato poco tempo per realizzare le loro idee” – In Piemonte rappresentano il 5,4 % del totale italiano – Milano al 65° posto dopo Cambridge, Tallin, Manchester, Instambul e Zurigo.

Lo startup system piemontese cresce, ma con un “tallone di Achille”: ha una dotazione di capitale troppo bassa che dà un tempo ristretto agli imprenditori e ai loro collaboratori per dimostrare la validità della loro idee. È quanto emerge dalla quinta edizione dell’Osservatorio sulle startup innovative del Piemonte, del Comitato Torino Finanza, che dopo la pandemia serve anche per valutare la resilienza del settore.
Le startup innovative del Piemonte sono (al 30/6/2022) 790. Rappresentano il 5,4% del totale nazionale, una quota che non riflette a pieno l’importanza economica della regione, che esprime l’8% del Pil nazionale. Il sottodimensionamento è il frutto della dinamica di concentrazione delle startup su Milano (al primo posto in Italia) e Roma (al secondo posto).
Il 42% delle startup create sei anni fa in Piemonte non esiste più. È un dato normale (media nazionale 41%), perché queste aziende corrono il rischio d’impresa più il rischio di lancio sul mercato di prodotti e servizi che spesso non hanno mai incontrato una domanda effettiva.
Sotto il profilo dei dati economici e finanziari, il cluster delle startup piemontesi è stato confrontato con quelle del Nord Italia, ad esclusione del capoluogo milanese, eterogeneo. Innanzi tutto emerge che in Piemonte il volume della produzione del sistema delle startup innovative passa in 4 anni da 6 a 46 milioni di euro, la crescita annuale è del 66%, il che significa che il sistema raddoppia ogni 22 mesi. Ma la strada per l’indipendenza finanziaria è in salita. Negli ultimi 4 anni l’indice di “sopravvivenza garantita” delle startup piemontesi passa da 4,3 anni (pari alla media di sistema) ad appena 1,9 anni, che indica l’esistenza di imprese che si trovano in area di pericolo. Hanno cioè meno di due anni per dimostrare di produrre beni e servizi appetibili per il mercato dei clienti o per gli investitori, oppure devono realizzare nuovi round di finanziamento a breve termine.
Quali sono i Paesi migliori a livello globale per lo sviluppo delle startup? Secondo lo “Startup Blink Global Ecosystem Report 2022”, che mette in fila 100 Paesi e 1000 città.
L’Italia appare al trentunesimo posto. La classifica è guidata stabilmente, ossia con pochi cambiamenti da anno ad anno, da Stati Uniti, Regno Unito e Israele, Occorre sottolineare però che se si considera il sub-punteggio chiamato “business-score”, che si riferisce ai fattori locali (nazionali) di facilitazione di realizzare un business di tipo start-up, il valore italiano è maggiore o uguale a molti che hanno esiti complessivi superiori.
Questo indica che in termini di fattori di fertilizzazione o di politiche per le startup, quanto meno a livello nazionale, l’ecosistema italiano è ormai decisamente competitivo. Siamo in una situazione assai diversa da quella rivelata dalle precedenti edizioni dell’osservatorio, quando l’ecosistema era da realizzare oppure era da considerarsi largamente incompleto.
Se passiamo dall’osservazione della posizione in classifica delle nazioni a quella delle città, la situazione si fa generalmente meno rosea per tutte le città europee. Non è il territorio che offre particolarmente meno di quanto offra il territorio altrove, ma i processi di startup che avvengono sono coronati da successi inferiori a quelli che si hanno negli Stati Uniti, in Asia, in Israele. Il vero punto è la maggiore difficoltà a trasformare dei fattori di nascita delle startup in business case di successo, che avviene con minor successo in Europa e pure in Italia, nonostante un ecosistema ormai allineato, per competitività dei fattori, con quello dei migliori casi.
La prima città italiana per punteggio è Milano, al 65° posto, preceduta in graduatoria europea da Cambridge (63°), Tallin Estonia (62°) e Manchester (60°), seguita inoltre da Istambul (68°), Zurigo (68°) e Vienna (71°).. In altri termini, la maggiore città d’Italia eccelle, in termini relativi, per densità di startup, ossia eccelle nel processo di nascita. Eredità l’ecosistema nazionale che abbiamo detto essere di buon livello, ma non produce neppure Milano, nonostante la posizione relativamente alta in classifica (in tutto sono classificate 1000 città, quindi siamo nel primo decile) risultati qualitativi degni di una particolare attenzione.
Sotto Milano si trovano in graduatoria le altre città: Roma al 2° posto in Italia è al 143° della classifica, Torino al 3° posto in Italia (273°). Non è un risultato da poco, considerato che Roma accoglie molte startup che sono localizzate per ragioni amministrative nella capitale e anche perché l’accesso ai capitali pubblici è fondamentalmente ritenuto più semplice. A questo si aggiunga che Roma è comunque sede di 4 università pubbliche, oltre che di diverse istituzioni universitarie o di istruzione quaternaria private, il che la rende la città universitaria maggiore d’Italia.
Torino supera in classifica sia Firenze (321°), sia Bologna (334°). Le città prossime a Torino in classifica sono, per citarne alcune Nizza (che al 272° posto la precede di un posto), Bilbao (270°), Bath (UK, 274°) e Nagoja, città automotive del Giappone (279°).

Vladimiro Rambaldi