
Le ricerche di tre studentesse dell’Università di Torino, mettono sotto accusa l’esasperazione di chi ricorre alla chirurgia estetica nel tentativo di migliorare gli effetti dei filtri degli smartphone – La recente controtendenza delle influenzer, grandi star per tornare alla normalità
Fin dai primi anni dalla nascita della televisione, le pubblicità erano caratterizzate dalla stereotipizzazione delle figure maschili e femminili. Nel corso del tempo la figura della donna nonostante abbia avuto una certa evoluzione nella sua rappresentazione nelle pubblicità televisive, ha sempre avuto un ruolo di sottomissione nei confronti dell’uomo.
Inizialmente rivestiva ruoli della mamma o della casalinga borghese venendo associata a prodotti per la casa e a pubblicità di cibo. Ma essendo una società ancora fortemente maschilista non mancavano certo pubblicità sessiste, dove le protagoniste degli spot erano infatti donne particolarmente sensuali e tentatrici, con sguardi ammiccanti e posizioni sensuali.
Sarà solo negli anni ’80 che la donna comincerà a godere di una prima indipendenza nel ruolo che deve rivestire all’interno delle pubblicità. Nella prima metà di questa decade troviamo ancora la tendenza alla sessualizzazione del corpo; la depilazione, il trucco, la moda, la palestra e i prodotti dietetici erano i punti cardine per avere una perfetta forma fisica. Infatti, l’avere un corpo snello, magro e senza imperfezioni era il modello dominante delle campagne di quegli anni.
Essa appariva come un essere perfetto, era trasformata in una proiezione del desiderio dell’uomo ed era plasmata su canoni estetici ben precisi. Da sempre il corpo femminile è plasmato per seguire l’esigenze della moda ed oggi sono sempre di più le donne italiane che ricorrono alla chirurgia estetica.
In ogni epoca uomini e donne hanno avuto il desiderio di migliorare la propria fisicità ma mai come in questo momento. Complice di tutto ciò è indubbiamente l’intensità di questi messaggi che vengono amplificati dai social media. C’è, però, un confine da non valicare mai: quello della dismorfofobia, ovvero, la preoccupazione eccessiva e, spesso, priva di fondamento legata a un particolare tratto del proprio corpo.
Una vera e propria ossessione, tale da spingere chi ne soffre a ricorrere alla chirurgia estetica per migliorare il proprio volto nel tentativo di raggiungere gli effetti di un filtro social. Le principali vittime di questo fenomeno sono le giovani donne, le quali, fin da ragazze cominciano a pensare di dover spendere grandi quantità di tempo, energia e soldi sforzandosi di raggiungere quel particolare ideale di bellezza, e, qualora questo non si riuscisse a realizzare si debbano sentire sbagliate, brutte o inadeguate. Queste ragazze vogliono quindi corrispondere a cononi precisi e questo causa il triste fenomeno dell’omologazione, ottenendo un aspetto identico a tante altre persone. Un altro fenomeno molto preoccupante riguarda l’aumento di richiesta di interventi da parte di minori.
Quest’ultimo prende il nome di Zoom Face e si è diffuso nel periodo della pandemia da Covid-19 principalmente negli Stati Uniti. Il nome deriva proprio dal fatto che il guardarsi continuamente attraverso monitor per smartworking, conferenze, dad, ecc. abbia amplificato la percezione dei nostri difetti fisici portando ad un’impennata di richieste di ritocchi estetici. La fascia più colpita è quella tra i 18 e 35 anni, che sembra desiderare ardentemente di provare a raggiungere gli ideali di bellezza impossibili proposti dai social network. Come abbiamo visto la chirurgia è sempre più acclamata, anche dai più giovani. I principali ritocchi vengono fatti a labbra, occhi e seno anche se oggi si può correggere quasi tutto.
Parliamo adesso di un altro giovane fenomeno, nato proprio dai social e in particolare dai filtri che servono a modificare la pelle. Infatti molti social come ad esempio Instagram e Tik Tok permettono agli utenti di utilizzare filtri con maschere di bellezza per correggere le varie imperfezioni del viso, fino a raggiungere un aspetto quasi perfetto, talvolta trasformando completamente i connotati della persona rendendola irriconoscibile.
Stiamo parlando del fenomeno del Rich Girl Face, caratterizzato da un uso sproporzionato di trattamenti e interventi estetici finalizzati ad avere una “pelle da selfie” vale a dire perfetta, quasi come quella di una bambola.
Gli americani, che pare abbiano studi scientifici ad hoc su tutti gli aspetti della quotidianità, hanno graduato la gravità dello scatto compulsivo fino a definire una “Selfie Syndrome”, come manifestazione di insicurezza materiale ed emotiva che spesso si traduce in estrema vulnerabilità alle critiche nonostante esternazioni di arroganza e presunzione. Così mentre si cerca autocompiacimento dalla celebrazione altrui, i rapporti vengono ad essere sempre più minati da mancanza di empatia.
Tornando a parlare di chirurgia, l’Italia ha conquistato il primato di primo Paese europeo per interventi di chirurgia estetica e secondo lo studio dell’International Society of Aesthetic Plastic Surgery (Isaps) nel 2020 si è posizionata al quinto posto nel mondo per numero di interventi chirurgici eseguiti. In pole position vi è la mastoplastica additiva (+15,8%), richiesta da circa 22 mila donne italiane.
Nel 2021, le procedure chirurgiche più richieste sono state la sostituzione della protesi mammaria (147.684 persone), la blefaroplastica (149.668 persone), il lifting al seno (167.395 persone), l’addominoplastica (242.939 persone) e in assoluto i più richiesti sono stati l’aumento del seno (364.753 persone) e la liposuzione (491.098 persone). Fortunatamente però negli ultimi tempi sempre più persone, in particolare influencer e grandi star, ma anche alcuni brand, stanno cominciando a fornire un’immagine del corpo femminile sempre più normale e naturale. Si è visto inoltre, che questa ricerca forzata e ostinata della perfezione fisica porti sempre più problemi a livello psicologico, soprattutto negli adolescenti. Vengono quindi diffusi pensieri positivi su quello che è il corpo, in particolare quello femminile, in cui si esaltano i tratti e le caratteristiche proprie di ciascun individuo, non considerandole più come dei difetti ma come qualcosa che rende unico e perfetto il corpo di ciascuna persona.
Ed è in questo clima di rivoluzione della visione del corpo femminile che prende piede un fenomeno chiamato Femvertising, il cui nome deriva proprio dall’unione delle parole Feminism e Advertising. Con questo termine si fa infatti riferimento all’utilizzo della figura femminile nella pubblicità, rappresentata come modello forte, intraprendente e indipendente.
Nel Femvertising il focus è su l’employement femminile e sull’inserimento di immagini e messaggi volti a scardinare gli stereotipi di genere, pertanto, va contro le campagne pubblicitarie che assegnano specifici ruoli e comportamenti a uomini e donne, avvalendosi di stereotipi e sessualizzando il corpo femminile. Quest’ultimo non viene più omologato ad un’unica idea di perfezione standard, ma si cerca una rappresentazione sempre più reale ed inclusiva in modo che ogni donna con le sue singolari caratteristiche si possa sentire rappresentata.
Giorgia Trevisan, Maria Laura Turolla, Anna Beatrice Turolla
III anno Facoltà di Lingue e Culture per il Turismo – Uni-To