INDUSTRIA

ITALIA, RIDUZIONE DI GAS E PETROLIO RUSSO. ACCORDI PIU’ EQUI CON I PAESI AFRICANI

By 21/12/2022No Comments

E’ del 30,78% la fornitura di gas algerino – Misure di contenimento dei consumi invernali – L’alternativa più valida il GNL, combustibile liquefatto trasportabile con le navi, proveniente da Egitto e Congo – Avviati negoziati con Angola, Nigeria, Mozambico e Libia

Il conflitto in Ucraina ha prodotto rilevanti effetti sugli approvvigionamenti energetici e sul prezzo di gas e petrolio. A questo proposito l’OCSE, già a marzo, nel suo rapporto “La guerra in Ucraina: conseguenze economiche e sociali e implicazioni per le politiche pubbliche” affermava: “la guerra ha già causato shock economici e finanziari di notevole entità, soprattutto nei mercati delle materie prime, in cui si è registrata un’impennata dei prezzi del petrolio, del gas e del grano”, aggiungendo che: “la guerra ha sottolineato l’importanza di ridurre al minimo la dipendenza dalla Russia per alcune importazioni essenziali. È opportuno che i responsabili politici riconsiderino la pertinenza dell’organizzazione del mercato al fine di garantire la sicurezza energetica e di introdurre incentivi per agevolare la transizione verso un’economia verde attraverso il sostegno pubblico”.
I rilevanti rincari delle materie prime potrebbero causare un contenimento della crescita del PIL mondiale (valutato dall’OCSE in oltre 1 punto percentuale) oltre a un generale incremento dei prezzi a livello globale (stimato in circa 2,5 punti percentuali).
Secondo il GSE (Gestore dei Servizi Elettrici) il mix energetico utilizzato per la produzione dell’energia elettrica in Italia nel 2021 era composto per il 48,13% da gas naturale (in aumento rispetto al 45,88% del 2020), per il 42,32% da fonti rinnovabili, per il 5,07% da carbone, per lo 0,88% da prodotti petroliferi e per il 3,6% da altre fonti.
Il gas risulta quindi fondamentale per il nostro Paese che richiede quantità decisamente più elevate rispetto alla media europea. A questo proposito nel 2021, secondo i dati ARERA (Autorità di Regolazione per l’Energia Reti e Ambiente), le importazioni lorde di gas degli ultimi due anni vedevano la Russia come primo fornitore con il 39,95%, seguito da Algeria (30,78%), Azerbaijan (9,85%), Quatar (9,44%) e Libia (4,38%).
Il conflitto in corso, unito alle riduzioni delle quantità immesse, ha comportato decisi incrementi del prezzo del gas. Secondo ARERA un consumatore domestico tipo in regime di tutela (quale ad esempio una famiglia con un consumo annuale di 1.400 metri cubi) spendeva nel primo trimestre del 2016 per la sola materia prima 0,31 euro. Tale costo è rimasto grossomodo costante sino al 2020, periodo in cui ha subito un deciso incremento nel quarto trimestre, toccando quota 0,58 euro al metro cubo. Nel terzo trimestre del 2022 il costo della materia è praticamente raddoppiato ed è pari a 1,14 euro al metro cubo. Anche il costo complessivo per il consumatore finale è aumentato, passando da 0,85 euro al metro cubo del terzo trimestre 2021 a 1,24 dello stesso trimestre del 2022, considerando però che quest’ultimo importo non contiene gli oneri di sistema e gode di un’IVA agevolata al 5%.
Analoghi incrementi si rilevano anche per il comparto industriale, dove il repentino aumento dei prezzi ha messo in seria difficoltà le imprese, in particolar modo quelle maggiormente energivore.
Per poter risparmiare gas e mantenere elevate le scorte sono state introdotte diverse misure finalizzate a contenere i consumi invernali, che unite a comportamenti più efficienti potrebbero produrre importanti effetti. Inoltre, per ridurre la dipendenza dal gas russo, nei mesi scorsi sono stati siglati degli accordi per aumentare le forniture di gas dall’Algeria e incrementare le importazioni attraverso il gasdotto TAP.
Un’altra soluzione di approvvigionamento energetico alternativa è il Gas Naturale Liquefatto (GNL), vale a dire un combustibile che deriva dal gas e che può essere trasportato via mare attraverso navi metaniere.
A riguardo, il nostro Paese ha ricercato nuove fonti di approvvigionamento di GNL dall’Egitto (fino a 3,5 miliardi di Smc), dal Quatar (sino a 1,4 miliardi di Smc), dal Congo (che progressivamente potrà arrivare sino a 4,6 miliardi di Smc), oltre ad aver avviato negoziati con Angola, Nigeria, Mozambico, Indonesia e Libia (che potrebbero complessivamente portare a circa 3 miliardi di Smc).
Secondo ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) le importazioni a livello europeo di gas russo si sono ridotte dall’inizio del conflitto del 73% rispetto al 2021 (con significative contrazioni dei volumi anche in Italia), che sono state compensate con l’acquisto di GNL.
I dati di Snam evidenziano per il nostro Paese che nei primi nove mesi del 2022 sono scesi del 42,5% i metri cubi di gas immessi a Tarvisio provenienti dalla Russia. Tali minori volumi in entrata sono stati compensati con quelli provenienti dall’Algeria (+13,3%), dall’Azerbaijan (+75,8%) e dal Nord Europa (+382,4%).
Le elaborazioni ISPI evidenziano anche per l’Italia un deciso aumento delle importazioni di GNL. A questo proposito la media 2015-2019 evidenziava un valore di 8,7 Gmc/a contro i 14 registrati dall’inizio del conflitto e sino al 31/08/2022, con un livello prossimo alla capienza massima.
Per quanto riguarda il petrolio, dopo repentine variazioni delle quotazioni, si segnala la recente l’introduzione da parte di UE, G7 e Australia del price cap a 60 dollari al barile per quello di origine russa, cui si contrappone la decisione dei paesi dell’Opec+ di mantenere la riduzione della produzione. Inoltre, la potenziale ripresa dell’economia cinese potrebbe far crescere in futuro la domanda di greggio, con conseguenti aumenti dei prezzi.
Nell’ambito della corretta definizione del mix energetico e della necessità di una maggiore indipendenza si inserisce anche lo studio di A2A e The European House – Ambrosetti “Verso l’autonomia energetica italiana”, da cui emerge: “La valorizzazione delle opportunità di sviluppo legate ad acqua, vento, sole e rifiuti consentirebbe quasi di triplicare l’autonomia energetica italiana (fino al 58,4%), 35,9 punti percentuali in più rispetto ad oggi e circa 4 volte l’incremento registrato negli ultimi 20 anni”. A questo proposito, il recupero dei rifiuti potrebbe consentire di produrre biometano per circa 6,3 miliardi di metri cubi (pari all’8% del consumo nazionale di gas e al 22% del gas importato dalla Russia nel 2021), mentre le fonti di energia rinnovabile potrebbero essere sviluppate e crescere rispetto alla capacità attuale di quasi 5 volte per il solare, di circa 2 volte per l’eolico e del 20% per l’idroelettrico.
Speriamo quindi che anche questa soluzione possa contribuire a rendere in futuro sempre più indipendente sotto il profilo energetico il nostro Paese.

Flavio Servato