
La vigilanza amministrativa preventiva è prevista dall’art. 100 della carta costituzionale ed è sollecitata dall’UE – Resta sempre giuridicamente valido il concetto di cogestione che rende più efficace l’intervento della magistratura contabile
Forti polemiche ha suscitato la scelta del Governo di rinunciare, in sede di attuazione del PNRR, al cd (condiviso) controllo concomitante della Corte dei Conti. Per orientarsi sul tema è opportuno precisare quali siano i ruoli della giurisprudenza contabile e come si collochi all’interno degli stessi il controllo concomitante su cui è intervenuto il Governo. Come è noto, il ruolo e le funzioni delle Corti dei conti sono regolamentati in primo luogo dalla Costituzione che all’art. 100 prevede che tale collegio svolga un controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo; un controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato; un controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. In sintesi, fra i controlli svolti dalla Corte dei conti possono distinguersi tre principali tipologie a) il controllo preventivo di legittimità su atti; b) il controllo successivo sulla gestione delle amministrazioni pubbliche; c) il controllo economico/finanziario con funzione referente.
Rispetto a tali funzioni, il cd. controllo concomitante rappresenta una novità introdotta in via ordinaria con la legge n. 120 del 2020, su evidente sollecitazione dell’Unione Europea. In base a tale previsione, il Collegio del controllo concomitante esercita tale attività sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale, concorrendo così “all’espletamento dei controlli sull’attuazione del PNNR nel perimetro della programmazione generale di cui all’art.5 del regolamento per l’organizzazione delle funzioni controllo della Corte dei conti”.
Quanti hanno criticato la scelta della maggioranza di governo di esautorare la Corte dei Conti da tale forma di vigilanza sul Pnrr ne sottolineano la circostanza che in questo modo si verrebbe a sottrarre l’amministrazione pubblica a forme di valutazione esterna, che non a caso pochi giorni prima avevano fanno registrare criticità nello svolgimento e nell’attuazione del PNRR, evidenziando come il Governo avesse messo a terra un livello di attuazione finanziaria sul PNRR pari al sei per cento.
Inoltre, si sostiene che l’istituzione di questa nuova forma di controllo concomitante era stata sì introdotta recentemente dal Governo italiano, ma su sollecitazione dell’Unione Europea e proprio per garantire una più efficace e corretto utilizzo dei fondi europei che l’Italia era destinata a ricevere dall’UE, cosicché questo repentino ripensamento dell’esecutivo rischia da un lato di sembrare il tentativo di sottrarsi (anche) al controllo da parte della Commissione europea e dall’altro, proprio in ragione di ciò, di indurre nella stessa Commissione atteggiamenti di sospetto e criticità, sollecitandola così ad interventi di maggiore e magari ingiustificato rigore.
Tralasciando il profilo della tempistica e delle modalità scelte dal Governo per intervenire sul tema – non pare mossa “brillante” quella di intervenire sui poteri di controllo di un organo che pochi giorni prima aveva espresso critiche proprio in ragione dell’esercizio di quegli stessi poteri, così come deve ritenersi che modifiche normative di questo tipo avrebbero richiesto un maggior tempo di riflessione, coinvolgendo magari anche l’opposizione –, sul merito della decisione non ci sentiamo di concordare con le critiche espresse.
Il riconoscimento in capo alla Corte dei Conti di un potere di controllo
“concomitante” è una decisione che pare contrastare con il dettato dello stesso art. 100. della Costituzione, che, come detto, disciplina il funzionamento della magistratura contabile. La Corte dei Conti, infatti, secondo la Carta deve esercitare il controllo “preventivo di legittimità sugli atti del governo”, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato; attribuire a quest’organo un controllo “concomitante” significa riconoscere a tale soggetto un ruolo di cogestione, di corresponsabilità, con conseguente perdita del carattere essenziale della funzione di controllo ovvero l’autonomia del controllore rispetto al controllato – posto che, come dice il prof. Cassesse – la Corte dei Conti “dovrebbe essere l’‘ “occhio del Parlamento, non l’‘angelo custode degli impiegati”. Infatti, controllare lo svolgimento di un’attività mentre la stessa è in corso di svolgimento significa, di fatto, partecipare in prima persona in ogni passaggio, in ogni curva, in ogni snodo del processo decisionale.
Da questa considerazione derivano tre profili di criticità.
Del primo si è già fatto cenno. Come si può sostenere che il controllo finale da parte della Corte dei Conti sull’esito della procedura e la correttezza dei lavori sia indipendente, autonomo ed oggettivo quando la stessa Corte ha affiancato l’esecutivo nell’esecuzione dell’opera e non ha nel corso dell’esecuzione della stessa mosso critiche o censure all’operato della Pubblica Amministrazione? Sotto questo profilo, si potrebbe sostenere che la revoca dei poteri di controllo concomitante, anziché depotenziare, rende più efficace ed effettivo il ruolo della magistratura contabile.
In secondo luogo, con il controllo concomitante si affida ad un soggetto diverso dall’esecutivo – nel caso di specie la magistratura – il ruolo di cogestione di un piano la cui gestione dovrebbe essere invece unicamente nelle mani del governo e ciò comporta di fatto una deresponsabilizzazione degli amministratori, deresponsabilizzazione che opera in un duplice senso. Da un lato, i pubblici funzionari possono essere indotti ad una certa superficialità nella adozione di certe scelte e di certi comportamenti contando sull’eventuale intervento di critica da parte dei magistrati contabili e dall’altro stessi pubblici funzionari possono essere portati a condividere le proprie determinazioni con i componenti della Corte dei conti, i quali però difficilmente avranno le competenze per pervenire a decisioni efficaci e corrette.
In secondo luogo, perché, così facendo, si sceglie di deresponsabilizzare un’amministrazione che dovrebbe avere il coraggio e la forza di fare delle scelte. Sintesi di Cassese: “Siamo in presenza di un’esondazione evidente di uno dei corpi dello Stato. Un corpo che da un lato si presenta nei confronti dello Stato come se fosse un sindacato che pretende dei poteri ulteriori e che per questo chiede incredibilmente al governo un tavolo di confronto come se non fosse un corpo dello stato.
In terzo luogo, credere in maniera ingenua nella efficacia e capacità paligenetica dei controlli non è una scelta senza conseguenze. È infatti sicuramente accettabile ed è scelta che non influisce in senso negativo sull’efficacia dell’azione amministrativa quella di consentire controlli su tale azione prima della sua effettuazione e successivamente, al termine della stessa per valutare.
Assolutamente diverso è invece pretendere di controllare ogni istante dell’azione amministrativa, perché così si rischia di ostacolare in maniera significativa, fino a determinarne l’arresto, le scelte della Pubblica Amministrazione. E questa conseguenza sarebbe devastante in un Paese che ha deciso di considerare l’immobilismo come l’unica forma di legalità e la politica troppo spesso, per fuggire dalla sue responsabilità, ha pensato di moltiplicare i controlli contabili per non essere responsabile dei propri atti.
Ciro Santoriello