
Centoventitre Paesi contro il leader del Cremlino – Russia, Stati Uniti, Cina non hanno mai aderito allo Statuto del CPI – Dimostrativa trasferta a Mariupol ed a Sebastopoli – Incontro tra i due leader: quali saranno le conseguenze?
Il mandato di cattura internazionale contro Vladimir Putin emesso dalla Corte Penale Internazionale dell’Aia, per un crimine, che ha già agghiaccianti precedenti storici, si è abbattuto come un fulmine non soltanto sul Capo del Cremlino, ma, purtroppo, su tutta la Russia, L’accusa è infamante: “Deportazione illegale di bambini e del loro trasferimento illegale dalle zone occupate dell’Ucraina”.
Il leader del Cremlino, con la sua insensata voglia di dominare il pianeta, si ritrova contro 123 Paesi che hanno riconosciuto il Tribunale Penale dell’Aia, Unione Europea compresa, e ne hanno chiesto l’arresto.
Una decisione giuridicamente e umanamente doverosa, quella della Corte Penale, che nessuna persona di buon senso può considerare politicamente… inopportuna. Putin però, non se ne cura, nei giorni ha visitato il Centro per bambini Korsun a Sebastopoli in Crimea e si è recato anche a Mariupol.
Bisogna ora cercare di capire quali effetti materiali e politici provocherà il mandato di cattura sull’attuale impossibilità di privare Putin della “libertà personale” in quanto Russia, Stati Uniti e Cina non hanno riconosciuto la Corte Penale Internazionale dell’Aia e quindi la decisione non avrà alcuna validità per la Russia e neppure per gli USA: il che considerando i venti di guerra attuali, è paradossale da tutti i punti di vista.
Putin, quindi, stando alle accuse non avrà alcuna preoccupazione anche perché si guarderà dal mettere piede in una delle 123 nazioni che ne condannano i crimini provocati dall’aggressione all’Ucraina.
La Corte Penale Internazionale CPI (in inglese International Criminal Court – ICC, in francese: Cour Pénale International) è un tribunale per crimini internazionali che ha sede all’Aia, nei Paesi Bassi, ma il cui statuto è stato sottoscritto a Roma nel 1998, con il nome di Statuto della Corte Penale Internazionale e divulgato più semplicemente come “Statuto di Roma”.
Alla sua elaborazione parteciparono 300 organizzazioni non governative, tra le quali l’organizzazione ”Non c’è pace senza giustizia” espressione dei Radicali Italiani.
La sua competenza è limitata ai crimini che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme: genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, e di recente anche il crimine di aggressione (art. 5, par. 1, “Statuto di Roma”) commessi sul territorio e/o da parte di uno o più residenti di uno Stato-parte, nel caso in cui lo Stato in questione non abbia le capacità o la volontà di procedere in base alle leggi di quello Stato e in armonia con il diritto internazionale.
La Corte Penale Internazionale può processare individui responsabili, ma non gli Stati. Ha però una competenza complementare a quella dei Singoli Stati. Può intervenire, se e soltanto, se gli Stati non possono (o non vogliono) agire per punire crimini internazionali. Lo Statuto prevede, è bene sottolinearlo, un Istituto specifico, quello della “Giurisdizione universale”, che impone agli Stati o alle organizzazioni internazionali di rivendicare la giurisdizione penale su un imputato indipendentemente dal luogo in cui è stato commesso il presunto reato e indipendentemente dalla nazionalità dell’imputato, dal Paese di residenza o da qualsiasi altra relazione con l’ente che intraprende il processo.
I crimini perseguiti sotto la “Giurisdizione universale” sono considerati crimini troppo gravi per tollerare la possibilità di sottrarli alla punizione. Bisogna precisare che la Corte Penale Internazionale non è un organo dell’ONU e non va confusa con la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, anch’essa con sede all’Aia, anche se alcuni legami tra le due organizzazioni esistono: ad esempio il “Consiglio di Sicurezza” che può intervenire nei casi non previsti dallo Statuto di Roma.
L’Italia ha ratificato lo Statuto di Roma con la legge n. 232/1999, e si è parzialmente adeguata con la legge n. 237/2012. Russia e Stati Uniti non hanno mai ratificato lo Statuto. L’Ucraina ha accettato la competenza della Corte, sulla base di una dichiarazione adottata nel 2015. Tale dichiarazione conferisce alla CPI competenza su quanto accade sul territorio ucraino “a partire dal 20 aprile 2014” e “per una durata illimitata”. Questa dichiarazione è, pertanto, tutt’ora valida ed efficace. La Corte Penale Internazionale non potrà procedere per il crimine di aggressione (come stabilito dall’art. 15 bis 5 dello Statuto), ma potrebbe farlo per gli altri crimini che rientrano nella sua competenza.
Da questa situazione giuridicamente complessa, si evince chiaramente una cosa: Vladimir Putin “padrone della Russia”, non ha nulla da temere sul suo territorio, a meno di insurrezioni interne che nulla avrebbero a che vedere direttamente con la sentenza dalla Corte Penale dell’Aia.
Certo è che questo mandato di cattura, i cui effetti immediati in termini di restrizione personale sembrano non esserci, è da considerarsi comunque un “fulmine” che inasprirà ulteriormente il fronte internazionale.
In questo contesto è necessario guardare con particolare attenzione alle conseguenze della visita di Xi Jinping a Mosca fatta dal 20 al 22 marzo: la prima dall’inizio dell’aggressione Russia. La Cina sostiene: “Una visita per la pace”. Sarà così? E’ probabile perché la Cina, agisce, sorniona, senza fretta. Lo sguardo è lungo, Il tempo sembra essere dalla sua parte. La stessa cosa non può dirsi per Putin sottoposto ad un accerchiamento geopolitico, estremamente delicato, da qualsivoglia punto di vista, che finirà con logorare il suo stesso potere dittatoriale, la stessa economia della Russia.
r.tnw.