
La diffusione del crimine in Italia e nelle altre nazioni dalla crisi dei Balcani negli Anni ’90 – Il rispetto del “Kanun” delle organizzazioni malavitose, tra vendetta e violenza – L’estensione criminale fino al Sud e al Nord America
La genesi della criminalità organizzata albanese è da ricondurre al disfacimento del blocco sovietico ed alla successiva crisi dei Balcani degli Anni ’90. La sua diffusione in Italia e in altre nazioni europee è avvenuta nello stesso periodo storico ovvero dal momento che sono iniziati i flussi migratori che, oltre a movimentare migliaia di migranti, hanno portato, dall’Albania, anche le consorterie criminali ormai diffuse su tutto il territorio nazionale.
Inizialmente, i sodalizi albanesi traevano profitto dai flussi migratori attraverso gli scafisti che traghettavano i propri connazionali verso il nostro Paese, evolvendosi rapidamente in veri network criminali attivi principalmente nel narcotraffico, nella tratta di esseri umani e nello sfruttamento della prostituzione. Attualmente, in Italia, la criminalità albanese può essere considerata tra le espressioni più complesse e articolate della delinquenza di matrice etnica.
I sodalizi albanesi sono, infatti, connotati da elevate attitudini criminali, coniugano i caratteri tradizionali (come rigidità disciplinare interna, struttura articolata su clan, affidabilità e tenuta endogena) ad elementi innovativi e moderni quali la transnazionalità e la capacità di operare in diversificati settori illeciti.
Un cenno particolare merita il metodo di reclutamento che avviene attraverso affiliazioni, generalmente su base familiare/clanica o tra persone che provengono dalla stessa città o area geografica, in quanto condividono gli stessi canoni di comportamento. Tale circostanza determina, infatti, un importante fattore di coesione che possiamo, per analogia, riscontrare nelle ‘ndrine calabresi, anche queste caratterizzate dal vincolo familiare o da unioni matrimoniali con altre famiglie.
Il Codice di riferimento dei gruppi criminali è il Kanun, una raccolta di disposizioni medievali di diritto consuetudinario, che per secoli ha disciplinato la vita sociale in Albania e che oggi viene impropriamente utilizzato dalle aggregazioni malavitose skipetare per assicurare la propria tenuta endogena.
Mutuato dal Kanun è anche il precetto della Besa, un giuramento di fedeltà che ogni aspirante membro deve prestare all’atto dell’affiliazione, che consente di ricorrere alla vendetta ed alla violenza come strumenti di giustizia privata e risoluzione delle controversie interne, oltre ad essere strumento di assoggettamento ed intimidazione.
Per questo motivo, nonché per l’uso ricorrente alla violenza nelle relazioni, i sodalizi albanesi si presentano come organizzazioni strutturate, durevoli e radicate nel territorio riuscendo così, più di ogni altro competitor, a interagire, con le organizzazioni criminali endogene, nella gestione del traffico delle sostanze stupefacenti.
Quanto detto trova riscontro nelle tante indagini ed operazioni di contrasto eseguite dalle Forze di polizia nei confronti dei predetti sodalizi che hanno consentito di documentare come la criminalità schipetara sia riuscita a divenire, nell’approvvigionamento di eroina e cannabis, un punto di riferimento per le mafie autoctone.
La criminalità albanese gestisce direttamente le varie fasi della commercializzazione degli stupefacenti, spesso anche in affari con la ‘Ndrangheta ed altri gruppi criminali.
Le organizzazioni skipetare, grazie alla cooperazione di connazionali presenti in madrepatria, nell’America centro-meridionale ed in vari Paesi europei (specie nei Paesi Bassi), appaiono in grado di movimentare ingenti quantità di marijuana, eroina, cocaina e droghe sintetiche.
Inoltre, l’Albania costituisce un’area di importanza strategica per il traffico internazionale delle sostanze stupefacenti (attraverso la rotta balcanica), in particolare per lo stoccaggio e la ridistribuzione, per la coltivazione di cannabis ai fini della produzione di marijuana.
Attraverso la rotta Albania-Italia, i predetti carichi vengono fatti entrare nel Mediterraneo e, facendo sponda sulle coste adriatiche di Montenegro, Serbia ed Albania, fatti arrivare sul territorio nazionale attraverso quelle pugliesi e molisane. I sodalizi albanesi, inoltre, risultano attivi anche nel settore del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani.
Stefano Delfini
Dirigente superiore della Polizia di Stato
Direttore del Servizio analisi criminale