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LA GUERRA DEL GRANO NON HA TREGUA IL RICATTO DI PUTIN AFFAMA IL MONDO

By 21/09/2023Settembre 25th, 2023No Comments

Il leader russo ignora il precedente accordo e fa perfino
bombardare i depositi di cereali di Odessa – Distrutte 60 mila tonnellate di grano, chiusa l’esportazione via mare – Così Mosca
tiene sotto scacco anche i Paesi più poveri – Vano, finora, ogni tentativo diplomatico di Erdogan – Le richieste del presidente russo

Era il 22 luglio 2022 quando, grazie all’accordo raggiunto dalle Nazioni Unite e la Turchia con la Russia, è stato predisposto un corridoio umanitario sicuro nel Mar Nero, attraverso il quale i cereali prodotti in Ucraina sono arrivati senza problemi in diversi Paesi, la cui sopravvivenza dipende proprio dall’importazione di cereali e di altri prodotti alimentari.
Secondo i dati rilasciati dalle Nazioni Unite, nel 2023 quasi l’80% del grano distribuito attraverso il programma “World food” proveniva dall’Ucraina; e ben 725 mila tonnellate circa di cereali hanno raggiunto paesi in via di sviluppo come l’Afghanistan, il Sudan, l’Etiopia, il Kenya, la Somalia e lo Yemen.
Nel 2022 per poter contare sui prodotti dell’Ucraina, necessari alla sopravvivenza di milioni di persone, le Nazioni Unite hanno consentito alla Russia, soggetta comunque a sanzioni economiche dopo l’aggressione all’Ucraina, di poter ugualmente esportare cibo e fertilizzanti, convincendo gli Stati occidentali a non sanzionare tali prodotti. Ciò ha permesso che il prezzo del grano e dei cereali in generale si stabilizzasse, dopo l’impennata subita a seguito dell’invasione russa sul territorio ucraino.
Esattamente un anno dopo, la Russia ha manifestato la propria decisione di retrocedere da tale accordo, arrivando a bombardare i depositi cerealicoli di Odessa, distruggendo in questo modo ben 60.000 tonnellate di grano e rendendo nuovamente impossibile l’esportazione via mare. Lo stesso Ministero della Difesa russo ha dichiarato che le acque internazionali nelle zone nord-occidentali e sud-orientali del Mar Nero sono “temporaneamente pericolose” per la navigazione, e che considererà qualsiasi nave in arrivo come portatrice di materiale militare in aiuto dell’Ucraina.
Con tale decisione Mosca sta tenendo sotto scacco il resto del mondo, utilizzando a proprio vantaggio la crisi alimentare che potrebbe innescarsi e la conseguente destabilizzazione dei Paesi più poveri. La chiusura del Mar Nero comporterà lo spostamento via terra di circa 33 milioni di tonnellate di prodotti agricoli, di cui 8,9 milioni di grano. Ciò provocherà un aumento dei prezzi dei cereali stimato intorno al 20%.
A subire le conseguenze di tale situazione, non saranno però solo i Paesi in via di sviluppo, ma anche tre importanti Stati ad alto reddito, che dipendono dal grano ucraino: in primis la Spagna con i suoi 2,3 milioni di tonnellate di grano; a seguire la Turchia con 1,58 milioni di tonnellate; e, infine, l’Italia con circa 435 mila tonnellate. Le economie di molti Paesi saranno pesantemente colpite attraverso un consistente rialzo dei prezzi dei generi alimentari. Basti pensare che dopo gli attacchi russi a danno dei depositi di cereali ucraini, il prezzo del grano è aumentato di quasi l’8%.
Al fine di scongiurare una grave carestia, il Presidente turco Erdogan ha intensificato i suoi sforzi diplomatici, incontrando i primi di settembre Putin per giungere ad un nuovo accordo sulle esportazioni di grano ucraino. Ma cosa pretende in cambio la Russia? Le richieste avanzate da Putin sono ben precise: riprendere le esportazioni di ammoniaca e inserire nuovamente la Banca agricola russa nel circuito dei pagamenti internazionali Swift, nonché l’abolizione delle restrizioni assicurative e di spedizione delle esportazioni agricole russe. Putin ha ribadito che solo se tali richieste saranno accolte, si potrà nuovamente pensare ad un eventuale accordo sul grano.
Ad oggi, pertanto, l’incontro tra Erdogan e Putin non ha dato i risultati sperati per scongiurare una crisi alimentare tale da portare alla destabilizzazione di una parte consistente dell’Africa.

Antonella Formisano