Gli anglicismi una delle cause scatenanti dell’impoverimento culturale – Il lessico nei numeri
Mentre il linguaggio è una componente fondamentale di una cultura, come lo sono anche convenzioni, religioni, sistema giuridico, usi e costumi, e indica una trasmissione di informazioni verbali, scritte o visive, la lingua è l’organo essenziale della parola.
Per l’appunto, il patrimonio lessicale italiano dovrebbe essere compreso tra le 215.000 e le 270.000 unità lessicali (lessemi). Secondo i più importanti linguisti italiani il lessico comune è costituito da circa 47.000 vocaboli conosciuti ed adoperati da chi ha un’istruzione medio alta, mentre vocabolario di base si attesta su 7000 parole con le quali copriamo il 98% dei nostri discorsi.
Questo nucleo, secondo il linguista Tullio De Mauro che ha pubblicato il Nuovo vocabolario di base della lingua italiana, si può dividere in tre sottoinsiemi:
Lessico fondamentale (FO, circa 2000 parole ad altissima frequenza usate nell’86% dei discorsi e dei testi); Lessico di alto uso (AU, circa 3000 parole di uso frequente che coprono il 6% delle occorrenze); Lessico di alta disponibilità (AD, circa 2000 parole usate solo in alcuni contesti ma comprensibili da tutti).
Degno di nota è quanto sia considerevole la differenza tra i vocaboli che potenzialmente potremmo conoscere ed usare, e quelli che invece fanno effettivamente parte dei nostri discorsi quotidiani.
Ma quali potrebbero essere le cause scatenanti il graduale impoverimento del nostro vocabolario?
È sempre più usuale utilizzare anglicismi al posto di parole italiane, come lockdown, audience, fake news, leader, meeting e molte altre, nonostante ci siano perfette traduzioni, tanto che alcuni puristi della lingua italiana descrivono questo comportamento come illogica esterofilia (s. f. [comp. di estero e -filia]. – Esagerata simpatia per le idee, i costumi, i prodotti, i vocaboli stranieri – Treccani).
Un altro fattore che incide potrebbe essere legato al fatto che il linguaggio stia passando da testi verbali a testi visivi. Basti pensare al nuovo aggiornamento dell’applicazione WhatsApp grazie al quale gli utenti possono inviare ‘’faccine’’, riferite specificatamente al messaggio ricevuto, indicando una reazione che esprime assenso, affetto, allegria, sorpresa o tristezza.
La risposta è più veloce e immediata, ma a quale prezzo a lungo termine?
L’impatto che la tecnologia sta avendo sulla popolazione, in particolar modo sulle nuove generazioni è notevole. La linea che separa l’essere attivi o passivi nell’utilizzo di dispositivi elettronici con i media al centro della questione è sempre più sottile.
Conoscere e sfruttare le potenzialità insite nella tecnologia non può che suscitare notevole interesse e profitto soprattutto in capo scientifico, ma per ciò che concerne altri campi applicativi è importante tenere ben presente che siamo noi a dover imparare ad utilizzare, senza diventarne succubi, tutti gli strumenti che la tecnologia ci fornisce, evitando che questa ci apporti delle carenze di alcun genere, tantomeno a livello culturale.
Altra componente che può essere presa in considerazione per argomentare quello che potremmo definire una sorta di ‘’decadimento culturale’’ è il calo di attenzione che caratterizza sempre più individui.
Quotidianamente siamo inondati di informazioni di ogni genere; il problema è che passiamo dal prendere visione di articoli che trattano di conflitti mondiali a notizie di cronaca rosa nell’arco di pochissimo tempo.
Cosi facendo è quasi come se i media ponessero ogni genere di notizia sullo stesso piano, e da ciò ne può conseguire l’incapacità dell’utente di discernere notizie effettivamente rilevanti, che possono stimolare approfondimenti e ampliamenti del nostro bagaglio culturale, da notizie oggettivamente futili.
Secondo recenti ricerche, la soglia di attenzione di un essere umano rispetto agli eventi pare sia di circa 8 secondi, e questo ha portato a creare sistemi che divulgano informazioni con rapidità sempre maggiore. Questo calo di attenzione non può che portare ad una inevitabile superficialità.
La conoscenza non approssimativa di tematiche significative può portare a numerosi confronti che possono a loro volta stimolare curiosità, elemento fondamentale ma sempre più carente nelle giovani menti.
Virginia Giulia Mirella
Terzo anno di Scienze della Comunicazione
Università degli Studi di Torino