POLITICA

LA MELONI VITTIMA DESIGNATA DELLA “GRANDEUR” DI SALVINI?

By 21/09/2023Settembre 25th, 2023No Comments

Abbiamo chiesto al Vicepresidente del Consiglio regionale un commento sulle congiunture politiche, economiche, finanziarie e europee che agitano le azioni della premier e del suo governo – Nello scacchiere il “cavallo Matteo” scalpita – Le accuse a Gentiloni un caso emblematico

Gli attacchi contro il Commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni sono l’antipasto di quello che succederà man mano che si avvicina il voto europeo di giugno. L’accusa all’ex premier di remare contro gli interessi italiani nostrani è priva di senso: i Commissari europei non rappresentano il Paese di appartenenza ma l’intera Unione europea, non sono nominati per vigilare sul proprio orticello nazionale e favorire i dossier della madre patria. Di questo Meloni, Salvini e Tajani sono ben consapevoli, per quanto carente sia la cultura istituzionale delle nostre destre e radicato il loro sentimento antieuropeo, ma è chiaro che colpire Gentiloni significa mandare un messaggio ad Ursula von der Leyen alla vigilia di elezioni dal cui esito dipenderà la nuova geografia politica del Parlamento europeo e la sua conferma o meno al vertice della Commissione europea.
Ha ragione Massimo Franco quando sul Corriere della Sera annota che «la destra soffre di una “sindrome europea” che rivela un nervosismo impensabile fino a pochi mesi fa».
Finita la luna di miele con l’elettorato, ora il Governo si trova a fare i conti con difficoltà economiche crescenti, un’agenda tutta in salita, risorse limitate per sostenere la crescita e al tempo stesso aiutare le famiglie e un numero di migranti in costante aumento, a conferma che un conto è fare la faccia feroce contro i poveri cristi alla deriva nel Mediterraneo altro è governare un dramma epocale come quello dell’immigrazione.
La Commissione europea ha rivisto al ribasso le previsioni economiche (il Pil passa dall’1% allo 0,8%), descrivendo uno scenario di rallentamento generale e di incertezza che rende ancora più complicato il percorso della manovra finanziaria. Dopo la fase in cui l’underdog Giorgia ha cercato di darsi un tono e una postura da statista europea, ora, di fronte all’impossibilità di saldare le diverse cambiali elettorali, ecco che l’Europa è tornata ad essere descritta come ostile.
Ma non è solo la congiuntura economica negativa ad agitare la Meloni. C’è il dossier relativo alla fusione tra Ita, l’ex Alitalia, e Lufthansa; c’è la riforma del Patto di Stabilità che è stato sospeso nel 2020 a causa della pandemia ma che tornerà in vigore; c’è la nomina dei vertici della Bei, la Banca europea degli investimenti, e della Vigilanza Bce. E c’è la rinegoziazione della quarta rata dei fondi del PNRR (16,5 miliardi). A questo proposito, è arrivato finalmente il via libera alla terza rata, ovvero 18,5 miliardi di euro, che sarà pagata ad ottobre. L’Italia è stata costretta a modificare in corso d’opera i traguardi e gli obiettivi previsti. E le correzioni operate dal ministro Fitto le pagheranno i Comuni e i cittadini. Infatti, sono state definanziate totalmente o parzialmente, dal PNRR, misure per un ammontare complessivo di 15,9 miliardi di euro. Misure che secondo le intenzioni dovranno essere rifinanziate con altre fonti ma non si sa quali. In particolare si vanno a tagliare 6 miliardi di interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni; 3 miliardi e 300 milioni di investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale; 1 miliardo e 287 milioni euro destinati alle misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrologico. Nelle prossime settimane molte amministrazioni locali scopriranno di avere a bilancio soldi per interventi del PNRR, che invece non ci sono più.
Essendo quelle europee del prossimo giugno elezioni proporzionali, FdI, Lega e FI si muovono separati sullo scacchiere europeo e in competizione tra loro. La Meloni si trova in difficoltà, chiusa da un lato dal sovranismo antieuropeo, che ha come riferimento italico il Salvini, e dall’altro da un conservatorismo che, avendo le sue radici in padri nobili dell’Europa come De Gaulle, Adenauer e Kohl, diffida dei postfascisti subalpini. Ecco perché le destre hanno di nuovo messo nel mirino l’Europa per ragioni di mera propaganda elettorale.
Paolo Gentiloni, con saggezza, ha evitato di replicare alle invettive, sottolineando come polemiche di questo genere finiscono per fare del male all’Italia. Di più, aggiungo, ci sembrano esercizi di “tafazzismo” per un Governo che deve sperare che le regole fiscali europee non vengano riscritte in modo penalizzante per il nostro Paese.
E di fronte a tutto questo, mentre vengono sacrificati progetti importanti che i nostri Comuni contavano di realizzare con i fondi PNRR, il Presidente Cirio è silente. Non una parola di preoccupazione né l’annuncio di un’iniziativa di interlocuzione con il Governo. Preferisce prendere tempo e osservare passivamente mentre il combinato disposto caro-inflazione + tagli al PNRR fanno esplodere nuove criticità sui territori.

Daniele Valle
Vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte