CULTURA

“La sponda oltre l’inferno” Dall’ultima prigionia in Libia alla furia del Mediterraneo

By 20/04/2022Aprile 26th, 2022No Comments

L’ultimo romanzo dello scrittore iracheno Younis Tawfik – Cinque storie vere tra la malvagità delle guerre e la salvezza a Lampedusa

Younis Tawfik, tra i maggiori esperti del mondo arabo in Italia, presenta il suo ultimo romanzo “La sponda oltre l’inferno” per la casa editrice Oligo di Mantova. Un racconto di cinque persone provenienti da diversi Paesi dell’Africa che si incontrano in un centro di detenzione nelle vicinanze di Tripoli in Libia, una prigione che era l’ultima tappa di un viaggio interminabile e pericolosissimo, costretti a darsi alla fuga per non morire sotto le bombe o per mano delle milizie, per scappare dalla miseria o dalla guerra, sono poi sopravvissuti alle violenze dei carcerieri, alla fame e alle onde del Mediterraneo.
Il romanzo trasuda di violenza e crudeltà, che parla di emigrazione, dando voce a un mondo variegato di migranti che ogni giorno rischiano la vita nel mare. “Il mare è un mostro. È malvagio. Un polpo con tentacoli senza fine. Un’affascinante bestia mitologica con la pelle liscia e morbida come seta. Ti avvolge dolcemente, ma ti divora quando è arrabbiata. È un essere senza pietà.”
Quante vite si perderanno ancora nel Mediterraneo? E cosa sarà dei migranti giunti sulla sponda oltre l’inferno? In questo nuovo avvincente romanzo Tawfik, iracheno di nascita, pone al lettore queste e tante altre domande. E lo fa attraverso cinque destini, cinque vite di superstiti di un naufragio al largo della Libi,a che si incontrano seduti in cerchio sotto la luna di Lampedusa. I protagonisti di storie vere, drammatiche, quattro uomini e una donna. Insieme, alla ricerca della salvezza, hanno rischiato di morire per mano di crudeli carcerieri, per il dilagare delle malattie. Un racconto polifonico, umanissimo e straziante, dove la reciproca testimonianza diventa catarsi e restituisce a uomini e donne feriti la loro dimensione di esseri umani.
L’autore pone al lettore tante domande e lo fa attraverso cinque vite di superstiti di un naufragio, che si incontrano nel porto ospitale di una cittadina della Sicilia, terra della salvezza e della speranza, l’isola dove si aggrappano i sopravvissuti per ritrovare la vita sfuggendo alla morte. Un romanzo intriso di compassione e umanità, in cui le testimonianze, feriti nella propria dignità, cercano di riconquistare quel rispetto del quale erano stati brutalmente spogliati.
L’inferno libico, il cui prezzo è diverso, se sei donna, come Fnan. «Bella come la speranza», che vuole solo vivere, avere un’altra possibilità. Che non chiede altro, dopo essere scappata da quel paese abitato da soldati, l’Eritrea, in cui l’obbligo militare riguarda indistintamente uomini e donne. Uno stato in cui l’adolescenza non esiste e la colonna sonora è una marcia militare che inizia da minorenni ma non si sa quando finisce.
Per Fnan, l’orizzonte Italia non è meta, ma punto di partenza. Ha vissuto di tutto e da tutto si è fatta attraversare. La violenza subìta non le appartiene, è qualcosa che determina chi gliel’ha fatta, non lei. Lei sente il dovere di andare, costruire, in nome di chi quella possibilità non l’ha avuta, non l’avrà mai. È lei che salva la madre di Hassan, altro sopravvissuto alla traversata, partito dal Darfur (nel Sudan) con la mamma, altra vittima di uno stupro. Madre, che subisce violenza davanti a chi ha messo al mondo e a cui rimane la forza solo di accarezzare il viso di quel figlio. Madre che sapeva di raccontare una bugia ogni volta che lo ha rassicurato che sarebbe andato tutto bene in quel viaggio dove, in realtà, non puoi determinare nessuna alternativa. In cui l’unica certezza è che sei in balìa dell’incognita della morte.
Un tempo, questo delle loro storie, senza tempo, eternamente sospeso, sia quando è attesa e prigionia, sia quando è mare e onde. Quelle onde da cui il siriano Marwan salva Hamid, prendendolo per i capelli. Lui che era partito da Tripoli con tutta la famiglia e tutta l’ha persa nel Mediterraneo; che a quel mare avrebbe voluto abbandonarsi, perché il pensiero è rimasto là sotto, come la sua anima che non si dà pace. Ma sono sopravvissuti e hanno il dovere di vivere.
“In questa sponda al di là dell’inferno c’è la stessa acqua, lo stesso scoglio dove adesso mi trovo a piangere il mio destino, la stessa pena che mi assale e mi lacera l’anima”. In questa opposta riva è lo stesso sole che acceca e scalda, ma non nasconde le sofferenze di chi ha perso tutto.
Lampedusa, terra della salvezza e della speranza, ma non sempre porta del paradiso. Quanti altri migranti annegheranno nel Mediterraneo e quanti invece riusciranno a raggiungere le sponde dell’Europa? E quale sarà la loro sorte? Sono le domande che Tawfik pone al lettore, ricordando che i migranti non sono numeri ma persone!

Enrico Cocciulillo

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