
La Giornata Internazionale del 25 novembre istituita dall’Onu nel 1999 contro la condotta criminale trasversale provocata dall’ignoranza – Le tragedie maggiori si consumano in famiglia – Le iniziative culturali e di prevenzione della Polizia di Stato e della magistratura – I dati sugli omicidi più recenti
Il 25 novembre di ogni anno si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La ricorrenza, istituita dall’ONU nel 1999, è stata fissata in quella data in ricordo delle tre sorelle Mirabal, violentate e uccise il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana.
Quello della violenza contro le donne è un fenomeno talvolta sottovalutato, erroneamente ritenuto una marginale reliquia di un passato da dimenticare.
È, invece, una vergognosa violazione dei diritti umani, tuttora presente e trasversale alle varie aree geografiche, alle classi sociali ed alla formazione culturale, che si manifesta attraverso una serie di condotte criminali che affondano le proprie radici nell’ignoranza, nella negazione della ragione, nella paura del confronto.
E’ un tema che è stato oggetto di esame ed approfondimento anche a livello internazionale. La prima definizione di violenza contro le donne basata sul genere in ambito europeo è contenuta nella c.d. Convenzione di Istanbul del 2011, ratificata dall’Italia nel 2013. Per violenza nei confronti delle donne “si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”, intendendo per violenza di genere qualsiasi “violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato” (art. 3).
Nello stesso articolo anche la definizione di violenza domestica, che “designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.
La “violenza di genere”, così definita proprio per sottolinearne la natura strutturale, in quanto riflesso e conseguenza di quella asimmetria di status che contraddistingue, quando patologico, il rapporto tra uomini e donne, è un fenomeno complesso, che ha radici culturali antiche e che richiede, per essere portato alla luce e adeguatamente contrastato, di una strategia globale e di una pluralità di interventi di natura diversa, che spaziano dall’adozione di specifici strumenti normativi ad un mirata attività preventiva e repressiva delle Forze di polizia, dall’impegno della magistratura al perfezionamento della tutela delle vittime da parte delle istituzioni pubbliche e della rete di associazioni, dalla sensibilizzazione degli operatori sanitari al coinvolgimento delle agenzie educative, prime fra tutte la famiglia e la scuola.
Una ricorrenza, quella del 25 novembre, che deve, quindi, essere anche un momento di riflessione, ed in occasione della quale il Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale ha realizzato uno specifico elaborato, per sensibilizzare sull’importante fenomeno monitorandone l’andamento.
Nel Rapporto “Il pregiudizio e la violenza contro le donne” – presentato a Roma, in Campidoglio, alla presenza del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, del Sindaco di Roma Roberto Gualtieri, del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Lamberto Giannini, del Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Vittorio RIZZI e della Rettrice dell’Università La Sapienza, Antonella Polimeni – la tematica è esaminata sotto plurimi aspetti, incluso quello sociologico e quello della rassegna della normativa di contrasto, esaminando inoltre l’andamento dei c.d. reati spia, degli omicidi volontari con vittime donne, nonché delle fattispecie di reato introdotte con la legge n. 69 del 9 agosto 2019, anche nota come “Codice Rosso”, approfondendo inoltre l’azione delle Forze di polizia, soprattutto in ottica preventiva. E’ stato, inoltre, esaminato il tema della discriminazione multipla che, come noto, si verifica quando una donna è vittima non solo in quanto tale, ma anche perché disabile o appartenente ad un gruppo di minoranza.
I dati analizzano l’andamento degli omicidi volontari consumati nel biennio 2020 – 2021 e nel periodo 1 gennaio – 30 settembre 2022 confrontato con l’analogo periodo 2021, con un breve cenno anche all’andamento nel decennio intercorrente tra il 2012 e il 2021.
Nei primi nove mesi dell’anno in corso si registra una diminuzione degli omicidi di donne rispetto allo stesso periodo del 2021 (sono stati 82 anziché 90), con le vittime che vengono ricordate anche con il nome di battesimo e con una breve descrizione del fatto criminale. Di queste 82 donne, 71 sono state uccise in ambito familiare e affettivo (-8% rispetto al periodo precedente). Confrontando l’intero anno 2021 con il 2020, in cui si assiste ad un aumento del 6% degli omicidi in generale, si registra un numero invariato di vittime di sesso femminile, con l’incremento dell’1% delle donne uccise in ambito familiare e affettivo.
Allargando la panoramica dell’esame si evidenzia, inoltre, come, negli anni dal 2012 al 2021, al deciso calo del dato complessivo delle vittime di omicidio, pari al 44%, corrisponda un decremento più contenuto delle vittime di genere femminile (-28%).
Un’analisi mirata è stata, poi, dedicata ai cosiddetti reati spia della violenza di genere, cioè a quei delitti ritenuti possibili indicatori prognostici del fenomeno, come espressioni di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica esercitate contro una donna in quanto tale. Nei primi nove mesi del 2022 diminuiscono del 17% gli atti persecutori (cosiddetto stalking), che colpiscono le donne nel 75% dei casi; diminuiscono anche, dell’8%, i maltrattamenti contro familiari e conviventi, che interessano le donne nell’81% dei casi; aumentano, invece, del 9% le violenze sessuali, che hanno come vittime delle donne nel 92% dei casi.
Nei primi mesi del 2022 risulta, inoltre, altalenante l’andamento dei reati introdotti dal cosiddetto Codice rosso (legge del 19 luglio 2019, n. 69), esaminati rispetto all’analogo periodo del 2021 con un approfondimento anche sulla loro diffusione in ambito regionale: crescono le violazioni dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (+12%), mentre diminuiscono i reati di costrizione o induzione al matrimonio (-53%) e il revenge porn (-20%).
I primi nove mesi dell’anno fanno registrare anche un incremento dell’azione di prevenzione con un aumento del 40% degli ammonimenti dei Questori per violenza domestica e del 6% di quelli per stalking, mentre sostanzialmente stabile è il numero dei provvedimenti di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare (285 nei primi nove mesi del 2022 a fronte dei 301 del 2021).
Un nuovo approfondimento introdotto da questa edizione del report è, poi, quello relativo alle discriminazioni contro le donne disabili, che sono vittime della stessa violenza di genere che colpisce le altre donne, ma che possono diventare il bersaglio di violenze ulteriori, spesso da parte di chi se ne dovrebbe prendere cura. Nei dodici mesi che vanno da ottobre 2021 al settembre 2022, l’Osservatorio contro gli atti discriminatori (OSCAD), altro organismo interforze che opera presso la Direzione centrale della polizia criminale, ha registrato una flessione dei maltrattamenti, delle violenze sessuali e degli atti persecutori nei confronti delle donne disabili, da ricondurre verosimilmente anche ad un ampio margine di sommerso per la difficoltà di denunciare: per paura, per il timore di essere abbandonate, perché quell’atto non viene riconosciuto come violenza e sopruso.
Come segno di speranza, vengono, infine, riportate le testimonianze di cinque giovani atlete, campionesse dei gruppi sportivi delle Forze di polizia, che hanno voluto lanciare il loro messaggio per promuovere un’effettiva parità di genere, anche con il proprio esempio di donne e colleghe che lottano ogni giorno, nell’agone dello sport, non solo per raggiungere traguardi sempre più alti, ma anche per superare stereotipi e pregiudizi. Giovani donne che ci ricordano che per voltare pagina serve il coraggio di andare oltre, di superare i limiti, di lottare per raggiungere e conquistare i propri sogni, ponendosi così, nei confronti dell’altro, uomo o donna che sia, come fonte d’ispirazione.
Il Rapporto desidera quindi accendere un faro, offrendo il senso dell’azione delle Forze di polizia nel contrasto al fenomeno odioso e pervicace della violenza di genere, vigliacco e insensato, con l’auspicio che possa costituire un utile strumento per supportare quel percorso di crescita culturale che, iniziando proprio dalla consapevolezza e dalla conoscenza, possa tramutarsi in riscatto e civiltà.
Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, infatti, ha particolarmente a cuore il tema ed è sempre molto alta l’attenzione delle Forze di polizia su questo fenomeno, che richiede specifiche sensibilità e professionalità investigative e di prevenzione.
Stefano Delfini
Dirigente Superiore della Polizia di Stato
Direttore del Servizio Analisi Criminale