
Grande turbolenza nei mercati – Vola il costo di produzione
Anche la Cina sta subendo la fibrillazione dei prezzi.
Come tutte le materie prime, negli ultimi mesi l’alluminio sta attraversando un momento di grandi turbolenze sul mercato, che solo in parte sono dovute alla situazione pandemica in atto. Nell’ultimo anno il prezzo dell’alluminio primario è quasi raddoppiato e quello dei semilavorati ha avuto un incremento non di molto inferiore.
Per comprendere meglio la situazione, occorre innanzitutto analizzare la composizione del prezzo dell’alluminio sul mercato dei semilavorati.
La prima componente che contribuisce a formare il prezzo di scambio è composta dal valore di scambio della commodity sul mercato azionario. Nel mondo occidentale il riferimento è quello della borsa dei metalli non ferrosi di Londra o London Metal Exchange, il cosiddetto LME, su cui giornalmente vengono scambiati i principali metalli a livello mondiale e che ne determina il valore dei “future”.
A tale componente va aggiunto il cosiddetto premio, che consiste nel costo che il produttore deve sostenere per avere effettivamente il metallo a disposizione, da poter lavorare. E’, in pratica, il costo di destoccaggio dell’alluminio dai magazzini principali dislocati in giro per il mondo, dove è conservato (in Europa il maggiore si trova a Rotterdam).
I due valori possono essere considerati rispettivamente come il costo di un bene ed il costo di spedizione per avere tale bene a propria disposizione.
Fin qui il costo dell’alluminio primario, cui va poi aggiunto il costo per la produzione del semilavorato che, a sua volta, è composto da una serie di voci quali i costi di energia, lavoro, imballo, trasporto, ecc.
Al riguardo va ricordato come l’alluminio primario sia notoriamente un metallo energivoro in quanto la bauxite da cui si ricava deve essere lavorata a temperature estremamente elevate, mentre l’alluminio
secondario, prodotto a sua volta da alluminio primario, fonde a temperature molto più basse: questo è senz’altro uno dei motivi per cui il riciclo dell’alluminio è un’operazione estremamente vantaggiosa non solo per l’ambiente, ma anche dal punto di vista economico.
Abbiamo quindi visto come il prezzo del semilavorato di alluminio sia composto da una serie di voci il cui aumento, complessivamente, sta determinando un forte incremento del prezzo finale. In effetti, l’aumento
riguarda, quale più e quale meno, tutte le diverse componenti citate.
Analizzando infatti le due componenti del primario, nell’ultimo anno abbiamo assistito ad una crescita dell’LME da poco meno di 1.500 €/t del mese di settembre 2020 a poco meno di 2.800 €/t raggiunte nei giorni scorsi, mentre nello stesso periodo il premio è salito da 113 €/t fino a sfiorare i 340 €/t, con un costo complessivamente raddoppiato in dodici mesi.
Ma cosa ha determinato tale crescita? Il motivo va innanzitutto ricercato nella ripresa economica che ha seguito la depressione post-pandemica, con un’impennata nella richiesta di alluminio finalizzata sia alla produzione, sia alla ricostituzione delle scorte nel frattempo abbattutesi.
La fame di alluminio ha colpito in particolar modo la Cina, anche a causa della diminuzione della produzione interna dell’alluminio primario dovuta ad una prolungata siccità nell’Est asiatico che, limitando la produzione di energia idroelettrica, ha provocato difficoltà nella produzione del bene primario. L’aumentato import dalla Cina ha inoltre causato lo spostamento degli stock dai magazzini occidentali a quelli orientali, con conseguente innalzamento del premio per la spedizione verso l’Europa.
A ciò si aggiunga anche l’aumento esponenziale dei noli, ovvero del costo del trasporto via nave, che in poco più di un anno sono aumentati di oltre l’800% (!), senza dimenticare l’incremento dei costi energetici.
Insomma, una tempesta perfetta con l’alluminio al centro dell’occhio ciclone.
Antonella Formisano