AGRICOLTURAAMBIENTESCIENZATECNOLOGIA

L’EUROPA PROMETTE ATMOSFERA SALUBRE. TEMPI STRETTI PER LE CASE GREEN ITALIANE

By 22/02/2023Febbraio 24th, 2023No Comments

Progetto “Pronti per il 55 %”: una rivoluzione climatica? Gli obiettivi graduali 2030 e 2050 – Le norme per le emissioni di CO2 – I molti problemi prospettati dai Comuni del nostro Paese. Si spera nell’erogazione di aiuti finanziari

L’Unione Europea è da sempre attiva sui temi ambientali e a tal proposito ha introdotto diversi provvedimenti volti a ridurre le emissioni, con l’obiettivo di contenerle per almeno il 55% entro il 2030 e rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050.
In questo contesto, il pacchetto “Pronti per il 55%” contiene svariate proposte per nuovi interventi europei, che riguardano, ad esempio, il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, gli obiettivi di riduzione delle emissioni degli Stati membri, il cambiamento dell’uso del suolo e della silvicoltura, le infrastrutture per combustibili alternativi, il Fondo sociale per il clima, le norme sulle emissioni di CO2 per autovetture e furgoni, i carburanti più ecologici per l’aviazione e il trasporto marittimo, le energie rinnovabili, l’efficienza energetica e le prestazioni energetiche degli edifici.
Proprio a riguardo di questo ultimo punto, secondo i dati del Consiglio dell’Unione Europea, gli edifici presenti nell’UE generano il 40% del consumo energetico e il 36% delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all’energia. Per aumentare l’efficienza energetica degli immobili, gli Stati membri stanno lavorando per introdurre norme finalizzate a costruire nuovi edifici a emissioni zero entro il 2030, mentre quelli esistenti non dovrebbero più produrre emissioni entro il 2050.
La proposta di direttiva europea sulle case ha recentemente acceso un forte dibattito sulla materia in quanto si prevede che tutti gli immobili residenziali dovranno rientrare entro il 1° gennaio 2030 in classe energetica E ed entro il 1° gennaio 2033 in quella D. Restano tuttavia esclusi gli edifici storici, i luoghi di culto o destinati ad attività religiose, gli edifici di proprietà delle forze dell’ordine ed adibiti per scopi di difesa, gli edifici indipendenti con superficie inferiore ai 50 mq, i siti industriali, le officine e gli edifici agricoli non residenziali.
La proposta – che ha già ottenuto il parere favorevole della Commissione industria, ricerca ed energia – per diventare definitiva dovrà essere approvata in una riunione plenaria del Parlamento europeo, la cui discussione è prevista già a marzo.
Per quanto riguarda il nostro Paese, un’analisi generale è fornita dal documento “Gli immobili in Italia”, realizzato dall’Agenzia delle Entrate in collaborazione con il Dipartimento delle Finanze, che evidenzia una rendita catastale complessiva di tutti gli immobili italiani (considerando non solo le abitazioni ma tutte le categorie) di circa 36,8 miliardi di euro. Quanto alle case di proprietà di persone fisiche, il rapporto illustra che il 60,5% sono abitazioni principali, il 17,3% immobili a disposizione e il 10,5% sono oggetto di locazione, evidenziando quindi come gran parte delle famiglie italiane (circa il 75,2%) risieda in case di proprietà.
Naturalmente i dati qui rappresentati seguono una logica di carattere catastale e fiscale che non è collegata alle classi energetiche degli edifici. A questo proposito, un quadro più esaustivo si può desumere dall’esame delle evidenze di SIAPE – ENEA, ossia lo strumento nazionale per la raccolta dei cosiddetti Attestati di Prestazione Energetica (APE) di edifici e unità immobiliari.
Gli ultimi dati disponibili sugli immobili residenziali mostrano come il 35,2% degli edifici sia in classe G, il 24,5% in F, il 16,3% in E, il 9,9% in D, il 4,3% in C, il 2,4% in B e il restante 7,5% ripartito tra A1, A2, A3 e A4.
Il dato risulta naturalmente condizionato anche dal periodo di costruzione degli immobili, con livelli di prestazione energetica migliori per quelli più recenti. A questo riguardo, le abitazioni costruite a partire dal 2015 evidenziano nell’81,5% dei casi una classe energetica B oppure A, mentre gli immobili costruiti dal 1973 al 1991 nell’83,6% dei casi appartengono alle classi E, F e G.
Secondo l’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) su circa 12,2 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni non sarebbero in grado di rispettare le performance energetiche richieste dalle nuove direttive, ritenendo anche troppo brevi i tempi previsti.
Emergono quindi due questioni fondamentali per questa operazione che darebbe garanzia di efficienza: i costi necessari per le ristrutturazioni e i fondi per favorire tali interventi.
I costi sono direttamente collegati alle opere da svolgere, alle dimensioni dell’immobile, ai materiali impiegati, alla classe energetica di partenza e a quella che si vuole raggiungere, oltre naturalmente alla zona climatica in cui è situato l’edificio. In questo senso gli interventi più diffusi potrebbero riguardare la sostituzione di infissi e caldaie, l’applicazione di un cappotto termico o di altre forme di coibentazione e l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti.
Naturalmente a fronte di tali interventi (che potrebbero comportare a livello nazionale costi per svariati miliardi di euro) saranno necessari consistenti aiuti finanziari e fiscali, seppur al momento essi non siano ancora stati definiti con chiarezza.
In questo senso, nel nostro Paese sono presenti incentivi fiscali sulle ristrutturazioni edilizie da parecchi anni, che hanno visto nel periodo 2007-2016, secondo l’Agenzia delle Entrate e il Dipartimento delle Finanze, oltre 27 milioni di interventi per una spesa totale di 115 miliardi di euro e con la corresponsione di detrazioni fiscali per oltre 5 miliardi. A questi vanno poi aggiunte le agevolazioni più recenti, tra cui il superbonus 110%, che al 31 dicembre 2022 ha visto, secondo i dati ANCE, 359.440 cantieri aperti
e interventi per oltre 62 miliardi di euro.
La proposta europea potrebbe quindi influire ulteriormente sui prezzi del mercato degli immobili, favorendo le abitazioni maggiormente efficienti che, per effetto dei forti rincari dei prezzi di luce e gas, potrebbero risultare molto più appetibili, a danno degli edifici meno performanti sotto il profilo energetico.
A questo proposito i dati di ANCE mostrano come i prezzi delle abitazioni nuove siano aumentati dal 2010 al terzo trimestre del 2022 del 13,5% (con punte vicino al 20% nel secondo trimestre 2022), mentre quello degli immobili esistenti sia diminuito del 15,8%.
Questo conferma pertanto un trend già presente da tempo a favore delle scelte green nell’acquisto di case. Speriamo quindi che le decisioni del legislatore europeo consentano di raggiungere i risultati ambientali previsti attraverso tempi e risorse adeguati, in modo da rendere gli interventi sostenibili anche sotto il profilo economico.

Flavio Servato