
Rinnovamento, nuove istanze, un Teatro che sia portavoce di una cultura internazionale e Laboratorio di una visione più moderna della Lirica abbandonando i vecchi schemi fallimentari
Con la nomina del nuovo sovrintendente del Teatro Regio, Il francese Mathieu Jouvin, già vicedirettore del Théâtre des Champs-Elysées, che il 22 aprile è stato presentato ufficialmente durante una conferenza stampa indetta dal sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, si completa il quadro verticistico dell’ente lirico torinese, uno dei maggiori teatri europei, con una importante storia di “prime” mondiali, Patrimonio dell’Umanità UNESCO insieme con le stupende Residenze Sabaude. Prime di grande valore storico e musicale, ricordate sovente dagli studiosi, ma che sfuggono alla conoscenza della popolazione, distratta in questo periodo storico da eventi sociali, economici e culturali che, drammaticamente, pesano sulla vita dei cittadini.
Il che impone qualche riflessione, sia pur breve, sulla funzione generale della Cultura, prendendo spunto dall’attuale rinnovamento della struttura amministrativa del Teatro Regio che ha affidato al francese Mathieu Jouvin l’incarico di sovrintendente, cui si affianca il tedesco Sebastian F. Schwarz, già direttore artistico. Due uomini del teatro europeo, il cui scopo finale e definitivo, sotto l’occhio attento del Presidente, il sindaco Stefano Lo Russo, non può che essere quello di ridare al nostro teatro dopo le difficoltà finanziarie e il commissariamento, quella dimensione internazionale che deve essere il verbo per il Trio politico, amministrativo, artistico, costituito da personalità sicuramente europeiste.
Il Teatro Regio è un tempo della musica lirica e non solo, espressione, soprattutto nel ‘700, quando Torino era al centro dell’Europa, godeva di una modernità d’avanguardia, con una voglia di novità e di studio che, che nell’architettura, nell’urbanistica, nelle lettere e nelle scienze, aveva affascinato il consesso culturale e politico dell’epoca. Un teatro di straordinario valore, inaugurato del 1740 su progettazione dell’architetto Benedetto Alfieri ed in seguito alla morte del celeberrimo Filippo Juvarra.
Ma la storia, chissà perché, a volte imbocca strade diverse e non sempre favorevoli allo sviluppo della Cultura. Ciò nondimeno, superando gli imprevisti più drammatici, l’attuale struttura moderna con forti connotazioni contemporanee, è stata ricostruita dopo l’incendio del 1936 e dopo quarant’anni di blocco totale, riaperta negli Anni ’70.
Nel settembre del 1967 l’architetto Carlo Mollino iniziò i lavori di ricostruzione del Regio che venne inaugurato il 10 aprile 1973 con la rappresentazione de “I Vespri siciliani” di Giuseppe Verdi, la cui regia, come tutti ricordano, venne affidata a Maria Calla ed a Giuseppe Di Stefano.
Il richiamo alla memoria non è retorico. Il passato deve far riflettere sui valori della nostra vita culturale. Il passato del Regio è segnato da eventi storici. 1890: prima assoluta di Loreley di Alfredo Catalani; 1865: esordio in Teatro di Arturo Toscanini con un incredibile ”Il crepuscolo degli dei”; 1893: prima di Manon Lescaut di G. Puccini; 1896: prima assoluta de La bohème di Giacomo Puccini; 1905, Sigfrido; 1914: “Francesca da Rimini” di Riccardo Zandonai, su libretto di Gabriele D’Annunzio; 1906: “Salomè” di Richard Strauss, in prima italiana.
Il passato sia di insegnamento, anche se in questi ultimi trent’anni, la vita sociale, l’educazione civica, l’amore per la cultura ha incontrato enormi difficoltà.
Certamente non si può sempre fare appello alla Storia, ma la Storia insegna che la cultura lirica e strumentale, patrimonio del nostro Paese, produce lavoro, alimenta l’economia, costringe a continue riflessioni, e dovrebbe imporre agli enti lirici proposte e allestimenti innovativi; impone alla Politica, al Parlamento, una costante osservazione critica, tenendo ben presente che oggi, soprattutto, lo studio della musica merita un approfondimento tecnico e interpretativo, che deve svilupparsi soprattutto dando vita a un Dipartimento universitario, come avviene in molti Paesi.
Ciò porta inevitabilmente ad una considerazione che, indirettamente dovrebbe interessare gli enti lirici, una strategia culturale diversa da quella attuale. Non è più possibile, infatti, continuare a delegare ai Conservatori la “laurea” di 1° e 2° livello.
Al contrario, è assolutamente necessario Ri-Riformare l’ordinamento dei Conservatori ritornare al conseguimento del diploma e finalmente “dar Voce” alle Università, sì che una vera laurea sia conseguita con docenti universitari/artisti di alta formazione lirica. Con una Formazione degna di questo nome, Università ed Enti Lirici, Accademie di alto perfezionamento potrebbero predisporre programmi di Studio-lavoro e ridare ai giovani cantanti di ogni nazione titoli professionali che abbiano un peso specifico, tale da consentire di iniziare una carriera programmata proprio dai teatri evitando vane speranze in coloro che hanno “i numeri” per diventare artisti professionisti.
Il nostro auspicio è che il trio europeista che gestisce il Teatro Regio si faccia portavoce di queste istanze per riportare Torino, non soltanto la lirica, al centro dell’attenzione nazionale ed europea.
ar.ca.