INDUSTRIASCIENZATECNOLOGIA

PLATEAU ROSA, CACCIA AI RAGGI COSMICI FASCINO DELLA RICERCA INTERNAZIONALE

By 23/11/2022No Comments

Il fisico Alba Zanini descrive gli studi per gli esperimenti del progetto SAMADHA (Sud Atlantico) finanziato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Torino e del CORDIAL nell’Antartico -“Il laboratorio sul Cervino, il più alto d’Europa, compie 75 anni, nel ricordo dei grandi fisici Amaldi, Fermi, Pacini e Bernardini”

Senza che noi ce ne accorgiamo, siamo costantemente bombardati da radiazione elettromagnetica e da particelle energetiche che provengono dallo spazio, i “raggi cosmici”. I raggi cosmici primari hanno origine galattica e extragalattica (sono generati ad esempio dall’esplosione di supernovae) e sono costituiti principalmente da protoni. Il campo magnetico e l’atmosfera terrestre ci proteggono da eventuali danni biologici: infatti il campo magnetico respinge le particelle cariche, con un effetto maggiore all’equatore rispetto ai poli; quelle che riescono a superare questa barriera vengono in gran parte assorbite dall’atmosfera costituita principalmente da Azoto e Ossigeno. La radiazione cosmica che giunge sulla terra contribuisce alla radiazione naturale di fondo a cui sono esposti gli organismi viventi. Gli effetti biologici dei raggi cosmici vengono studiati da anni da un gruppo di ricerca multidisciplinare che vede la collaborazione di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e delle Università di Torino, Trieste, Napoli, Urbino, Bologna e Frascati.
Attualmente sono in corso due esperimenti, SAMADHA (South Atlantc Magnetic Anomaly Dosimetry at High Altitude) finanziato da INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), che si svolge sulle Ande Boliviane, nel laboratorio di Chacaltaya ( 5400 masl,  16° 20′ 58” S, 68° 7′ 39” W) e CORDIAL (COsmic Ray Dosimetry In Antarctic Latitudes) finanziato da PNRA (Progetto Nazionale Ricerche in Antartide) che verrà condotto alla Base antartica italo-francese Concordia, a Dome C (3233 m asl, 75°06′S -123°20′E). L’obiettivo della ricerca è quello di studiare la correlazione tra il flusso di raggi cosmici e lo space weather in due zone di particolare interesse, entrambe in alta quota, dove è minore lo strato protettivo dell’atmosfera.
Il laboratorio boliviano si trova nella zona della South Atlantic Anomaly (SAA), dove le fasce di Van Allen si avvicinano alla superficie terrestre, mentre il laboratorio antartico si trova in prossimità del Polo Sud, dove il campo magnetico, per l’andamento delle linee di forza, convoglia un flusso più intenso di raggi cosmici. I risultati ottenuti permetteranno inoltre di valutare l’eventuale rischio di danno biologico e di mettere a punto tecniche sperimentali e di calcolo di grande interesse per l’esplorazione spaziale: infatti nelle attività spaziali l’esposizione alla radiazione cosmica (senza la protezione dell’atmosfera) può essere dannosa per gli astronauti e può danneggiare la strumentazione elettronica di bordo.
Il Gruppo di ricerca collabora infatti con l’Agenzia Spaziale Argentina-CONAE (Comisión Nacional de Actividades Espaciales)- ed è previsto per il 2024 l’installazione di uno strumento fornito da INFN di Torino, sul satellite SABIA-MAR (lancio previsto nel 2024, orbita polare a 700 km di altezza), per misurare il flusso e la dose dei raggi cosmici primari al di fuori dell’atmosfera.
Proprio in questi giorni stanno partendo da Torino e dalle altre sedi gli strumenti dosimetrici dedicati ai due esperimenti, alcuni dei quali sono stati progettati e realizzati espressamente per questo scopo. Si tratta di attrezzature sofisticate in grado di distinguere e misurare le diverse componenti della radiazione cosmica secondaria (protoni, neutroni, elettroni, muoni, fotoni), di valutare la loro energia e di quantificare l’eventuale danno biologico.
Anche i ricercatori sono pronti a partire, infatti nell’emisfero sud incomincia la stagione primavera-estate e solo in questo periodo è possibile raggiungere le due stazioni di ricerca. Le attività sperimentali si svolgono in condizioni estreme: lavorare a 5400 m. nel laboratorio di Chacaltaya in Bolivia significa affrontare la bassa pressione, l’aria rarefatta (la densità dell’aria a quella quota si riduce del 40%) e la scarsità di ossigeno, che rendono faticosa ogni attività sia fisica sia intellettuale. Nel laboratorio Concordia, al centro dell’altopiano antartico, ci si confronta con condizioni metereologiche critiche (temperature fino a -60°, raffiche di vento oltre 100 km/h) e con un lungo periodo di isolamento.
Prima della partenza, tutti gli strumenti utilizzati nei due esperimenti sono stati testati durante l’anno in corso al Laboratorio della Testa Grigia a Plateau Rosa (3480 m. asl, 45° 56’ N e 7° 42’ E). Mi sembra opportuno fare un accenno alla storia di questa Stazione di Ricerca, che, inaugurata l’11 gennaio 1948, nel 2023 compirà 75 anni di attività. Il laboratorio fu realizzato sotto la direzione scientifica di Ettore Pancini e Gilberto Bernardini-diventato poi il primo presidente dell’INFN – e fu fortemente voluta, tra gli altri, da Edoardo Amaldi ed Enrico Fermi, proprio per lo studio dei raggi cosmici. Fu progettata dall’architetto Claudio Longo e anche la Fiat contribuì finanziariamente alla costruzione.
Il laboratorio era (ed è tutt’ora) il più alto d’Europa, insieme al laboratorio svizzero dello Jungfaujoch, sopra Berna e fu subito frequentato da scienziati illustri, contribuendo in modo sostanziale al rilancio della Fisica in Italia: infatti all’epoca le ricerche sui raggi cosmici erano di grande attualità e proprio nei laboratori di alta quota si fecero alcune delle scoperte fondamentali (la scoperta del pione, del positrone, delle “particelle strane”) che aprirono la strada all’Astrofisica e alla Fisica delle alte energie; fu qui inoltre che, allo stesso tempo, si crearono relazioni umane e scientifiche che portarono alla fondazione dell’INFN (1951) e successivamente del CERN (1954).
“I laboratori di montagna diventarono in quegli anni dei punti di incontro di giovani fisici provenienti da molti paesi. La vita in comune nelle baracche di montagna e il coordinamento d’esperimenti progettati da gruppi diversi furono gli elementi che spianarono la strada all’idea di collaborazioni più ampie ed ambiziose” (Edoardo Amaldi).
Da allora la stazione di ricerca della Testa Grigia è sempre rimasta in attività. Oggi il laboratorio, rinnovato e dotato di collegamento internet per la trasmissione dei dati, ospita esperimenti di Fisica dei raggi cosmici, di Fisica dell’atmosfera e di Fisiologia e la gestione è affidata al Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente (DSSTTA) del CNR.
Il gruppo INFN di Torino, in collaborazione con l’istituto IAPS-INAF di Roma, ha installato un “neutron monitor” modulare, uno strumento che permette il monitoraggio continuo, in tempo reale, della variazione della radiazione cosmica primaria in relazione all’attività solare.
Il laboratorio è inoltre sede, sin dagli anni ’90, di RSE (Ricerca Sistema Energetico) S.p.A. di Milano, per il monitoraggio dei gas serra. Viene misurata la concentrazione di anidride carbonica (CO2) in continuo dal 1993, di metano (CH4), di ozono troposferico superficiale (O3); i dati vengono inviati regolarmente al World Data Centre for Greenhouse Gases (http://ds.data.jma.go.jp/gmd/wdcgg/), la principale banca dati internazionale che raccoglie le misure della rete mondiale di monitoraggio. Il laboratorio inoltre fa parte del network mondiale di stazioni GAW (Global Atmospheric Watch).

Alba Zanini