
Intervista a Marco Gay, Presidente di Confindustria Piemonte – “Prodotti e servizi di qualità necessari per affrontare le sfide internazionali” – “Le start up un patrimonio in piena sinergia e evoluzione” – “Governo Meloni? Ci vuole stabilità per il bene del Paese” – “E’ appassionante trasformare la Scienza in Tecnologia”
Nel mondo dell’industria piemontese si parla di Lei come il manager che guarda al futuro per superare la crisi. Quale ricetta per iniziare la svolta decisiva?
Il mix di esperienze e la caratteristica dell’industria in cui opero anche attualmente con Digital Magics sono rivolte alla prospettiva, quindi al futuro, ma con i piedi ben piantati nel presente. A questo aggiungo l’esperienza confindustriale, oggi in Confindustria Piemonte, che mi sta dando l’opportunità di confrontarmi con aziende come quelle piemontesi e non solo, ricavando una visione di eccellenza, competenza ed innovazione straordinarie.
Oggi, seppur nel periodo di maggiore incertezza degli ultimi 15 anni, è necessario investire in innovazione di prodotto, processo e servizio, facendo leva sulla necessaria e irrinunciabile trasformazione dell’industria, in una nuova fase dove prodotto e servizio diventano un binomio indissolubile per crescere anche dimensionalmente nelle filiere nazionali ed internazionali in cui operiamo. Tutte le industrie, dalla manifattura all’informatica, operano e cooperano per creare valore aggiunto sulle produzioni, mettendo al centro competenze e soprattutto donne e giovani, per essere vincenti e puntare alla crescita.
Lei è considerato uno dei maggiori esperti di digitalizzazione .Quali sono le iniziative che il nuovo Governo e l’industria possono, devono, realizzare per dare sfogo al nuovo modello di sviluppo in cui Lei crede ?
Bisogna investire. Mi spiego meglio, troppo spesso si considerano costi da parte delle istituzioni, gli investimenti in digitalizzazione ed il sostegno a questi; invece sono investimenti che producono crescita dalla grande potenzialità strutturale, con uno straordinario impatto economico e sociale.
Oggi abbiamo il piano PNRR, che deve velocemente entrare nella fase esecutiva. La programmazione europea 21-27 è una matrice straordinaria che se ben sfruttata ed organizzata può essere realmente trasformativa e fonte di sviluppo sostenibile, strutturale e sociale. La politica industriale, come quella di impresa 4.0 è fondamentale e deve avere una prospettiva di policy con misurazione degli impatti nella sua implementazione per affrontare le grandi sfide, da quella energetica a quella formativa, tutto in un’ottica dei prossimi almeno 10 anni.
Uno degli argomenti su cui si fa maggiore affidamento sono le start up che molti giovani hanno avviato con il Politecnico di Torino e quello di Milano. Ma le start up possono risollevare l’economia o ci vuole altro?
La mia storia imprenditoriale è da sempre rivolta alle potenzialità dell’innovazione, fin dall’azienda di famiglia che si occupava di vetro-ceramica e poi dal 2000 quando ho fondato con alcuni soci la mia prima azienda operativa in ambito digitale ed ICT fino ad oggi in Digital Magics. Le start up sono a tutti gli effetti un’industria, che muovendo i primi passi 10 anni fa, sta crescendo. Un indicatore è il superamento di un miliardo di investimenti in capitale nel 2021, che probabilmente raddoppierà quest’anno.
Sono portatrici di innovazione con una caratteristica importantissima: gli imprenditori che le fondano vogliono realizzare un’impresa con vocazione internazionale, che trasforma un settore non solo accelerandolo, ma modificandolo grazie all’innovazione.
Le aziende già avviate grazie all’open innovation possono in tempi certi sperimentare l’innovazione di prodotto e processo e con costi certi portarla al mercato, con un effetto vincente per tutti. L’azienda innova, la start up cresce.
Quindi sono sicuramente un tassello dello sviluppo economico dei prossimi anni, ma sono fondamentali strategia e politica industriale. La crescita è possibile aiutando trasformazione e crescita di aziende già operative e lo sviluppo di altre nuove, non in concorrenza ma in sinergia, coinvolgendo tutte le dimensioni aziendali e favorendo la nascita e crescita di nuove competenze.
Lei è un industriale di successo e, proprio per questo, ambizioso. A cosa ambisce?
In realtà il successo appartiene alla fine di un percorso e personalmente penso di dover ancora fare molto. Ma ho un’ambizione per me fondante della mia attività imprenditoriale e di rappresentanza: dare impatto e innovazione alle comunità su cui posso dare il mio contributo, promuovendo la crescita di un ecosistema, creando valore con attenzione alla società.
Giorgia Meloni ha partecipato al G20 come prima donna a capo di un Governo.
Ha ricevuto consensi e ha affrontato i maggiori problemi che condizionano l’economia mondiale. Lei crede che questo Governo durerà a lungo e possa risollevare le sorti dell’Italia?
Penso che avere un capo di stato donna, capace e volitiva sia un grande punto di partenza. C’è molto da fare per questo Paese, e la stabilità che auspico per questo governo, con una forte maggioranza, è fondamentale per poter affrontare le sfide che ci aspettano e compiere le scelte fondamentali per lo sviluppo economico e sociale fatto di riforme, politica industriale ed inclusione. Serve responsabilità e visione e tutti dobbiamo lavorare nella stessa direzione, oggi con maggior forza che in tempi meno incerti.
Lei ha dichiarato di essere un industriale che non fa politica. Ritiene quindi che le due attività siano incompatibili?
Fare rappresentanza è fare politica, ed è confrontarsi con la politica dei partiti avendo l’obiettivo di condividere visione ed esigenze della categoria che si rappresenta. ,Il che significa avere grande attenzione al sociale. Ciò è fondamentale, se si vuole fare politica come corpo intermedio o come corpo partitico. Ho un grandissimo rispetto per chi decide di mettersi a disposizione del Paese, è necessario quindi che gli si dia tutto il contributo possibile, magare con dialettica, purché sempre costruttiva, perché l’obiettivo non può che essere comune.
Quale materia, tra tecnologia e scienza, che alimenta la sua attività industriale, l’affascina di più?
Sono materie per me conseguenti. La mia visione è che la scienza è spesso ricerca ed invenzione e quindi appartiene a pochi, ma quando diventa tecnologia, passa ad essere innovazione e quindi per molti.
Forse perché non ho abbastanza conoscenza per inventare, sono più affascinato dall’innovazione, materia in cui mi piace dare un contributo, quando ci riesco.
Unire i puntini della scienza e trasformarla in tecnologia è appassionante ed è una sfida che mi piace affrontare tutti i giorni.
Gianni Maria Stornello