
Oltre l’aggressione all’Ucraina, l’obiettivo del presidente russo è far crollare l’economia europea e dei Paesi più fragili – Insopportabile per tutti il prezzo di cereali e fertilizzanti – Drammatici i dati della FAO
La guerra in Ucraina, che ha purtroppo superato i 200 giorni di combattimento, sta producendo pesanti riflessi non solo per i Paesi direttamente coinvolti nel conflitto ma anche per le altre economie mondiali. Il forte incremento del prezzo del gas ha generato fenomeni inflattivi particolarmente rilevanti, cui dovrà seguire un uso più parsimonioso dell’energia e del gas, oltre all’introduzione di piani di razionamento.
La guerra ha creato anche rilevanti ripercussioni sul comparto agricolo, essendo Russia e Ucraina tra i più importanti produttori a livello mondiale. Nel 2021 questi Paesi sono stati tra i primi tre esportatori globali di grano, orzo, mais, olio di colza e semi di girasole, mentre la Russia è anche il primo esportatore al mondo di fertilizzanti azotati e tra i primi tre fornitori di fertilizzanti potassici e al fosforo. Questi prodotti, peraltro, si caratterizzano per una forte concentrazione a livello mondiale, elemento particolarmente critico in questo periodo nel quale i mercati sono condizionati da un’elevata instabilità e volatilità.
Nel documento “The importance of Ukraine and the Russian Federation for global agricultural markets and the risks associated with the war in Ukraine” del 10 giugno scorso, la FAO afferma che gran parte dei Paesi importatori di cibo e fertilizzanti (molti dei quali sono meno sviluppati e a basso reddito con deficit alimentare) fanno affidamento sulle forniture alimentari ucraine e russe per soddisfare le proprie esigenze di consumo, sottolineando anche che tali nazioni hanno dovuto fronteggiare un aumento dei prezzi internazionali di cibo e fertilizzanti già prima dello scoppio della guerra.
Il rapporto evidenzia preoccupazioni in merito alla possibilità di prelevare ed esportare i raccolti ucraini, sottolineando al contempo incertezze sull’export della Russia a seguito delle sanzioni imposte dai paesi occidentali. Un altro elemento rilevante è costituito dai prezzi e, a tal riguardo, le simulazioni FAO mostrano che le carenze produttive potrebbero essere solo parzialmente compensate da altri produttori mondiali, visti anche gli elevati costi di produzione.
In merito, l’indice dei prezzi FAO Cereal Price Index evidenzia ad agosto 2022 una media di 145,2 punti, contro i 130,4 dello stesso mese del 2021 (con un aumento dell’11,4%), mentre a maggio 2022, in pieno conflitto, si sono registrati prezzi record con l’indice che ha toccato i 173,5 punti. L’esame dei dati storici evidenzia negli ultimi anni (seppur con qualche periodo in controtendenza) un generale aumento del prezzo dei cereali, che risultavano pari a 88,3 nel 2016 e a 96,6 nel 2019. L’analisi dei dati relativi al triennio 2004-2006 mostra infine valori decisamente più contenuti rispetto a quelli attuali e pari a 64, 61 e 71 punti, evidenziando quindi un rilevante incremento dei prezzi globali.
I dati dell’edizione 2022 del rapporto “The State of Food Security and Nutrition in the World”, pubblicato da FAO, IFAD, UNICEF, WFP e OMS, mostrano che 828 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2021, registrando un incremento di 46 milioni rispetto al 2020 e di 150 milioni rispetto al 2019.
La popolazione mondiale che patisce la fame è pari al 9,8%, in aumento rispetto al 2019, dove il livello era all’8%. Tale situazione è ora aggravata dalla guerra in Ucraina, che sta producendo rincari dei prezzi di grano, fertilizzanti, energia e degli alimenti terapeutici per i bambini che soffrono di malnutrizione grave, il tutto in un contesto già pesantemente colpito da rilevanti cambiamenti climatici e a tutto danno dei paesi più poveri.
A questo proposito, secondo FAO, se la guerra comportasse una prolungata riduzione delle esportazioni alimentari da parte di Ucraina e Russia, i prezzi alimentari internazionali aumenterebbero ulteriormente, con effetti dannosi a carico dei Paesi economicamente più vulnerabili. In questo scenario le simulazioni FAO stimano che il numero di persone denutrite a livello globale potrebbe crescere di altri 8/13 milioni nel 2022 e 2023, con incrementi più pronunciati nell’area dell’Asia-Pacifico, seguita dall’Africa subsahariana e dall’Africa orientale e settentrionale. Nella peggiore delle ipotesi, caratterizzata dal blocco delle esportazioni da parte delle Nazioni coinvolte nel conflitto e senza compensazioni da parte di altri produttori globali per motivazioni economiche, FAO stima una crescita del numero di denutriti di circa 19 milioni di persone nel 2023.
Grazie alla mediazione delle Nazioni Unite e della Turchia, lo scorso 22 luglio erano stati siglati degli accordi per garantire le esportazioni di grano ucraino nonché di prodotti agricoli e fertilizzanti russi, prevedendo un corridoio nel Mar Nero dedicato al transito di tali merci. Tale negoziato consentì di sbloccare le spedizioni ferme da tempo, con grande soddisfazione dei Paesi che tradizionalmente importano elevati flussi di cereali dall’Ucraina, tra cui Egitto, Libano, Tunisia, Libia, Pakistan, Bangladesh, Turchia, Marocco e Somalia.
Il grano è un bene di primo consumo per oltre il 35% della popolazione mondiale e la guerra in corso potrebbe seriamente influire sulla disponibilità di tale prodotto, con gravi conseguenze per le popolazioni più povere.
In questo già difficile contesto si è recentemente inserita la minaccia della Russia di bloccare l’invio di grano attraverso la rotta sul Mar Nero. Putin, in occasione del Forum Economico Orientale, ha infatti dichiarato di volersi consultare con il Presidente turco Erdogan per valutare possibili limitazioni all’esportazione di grano e di altri generi alimentari, ritenendo che quasi tutto il frumento che parte dall’Ucraina non sia destinato ai Paesi più poveri ma all’Europa. A seguito di tale dichiarazione si è registrato un ulteriore aumento del prezzo del grano del 3,3%, peraltro su valori già molto elevati, che ha comportato effetti speculativi e rilevanti preoccupazioni internazionali.
A questo proposito Coldiretti nel suo articolo “Ucraina: col ricatto di Putin balzano i prezzi del grano” ha affermato che tale l’incertezza “alimenta le speculazioni con forti oscillazioni dei prezzi che nei Paesi ricchi favoriscono l’inflazione ed in quelli poveri la fame”. La minaccia di bloccare le esportazioni verso l’Europa – continua Coldiretti – comporterebbe per il nostro Paese il venir meno di quasi 1,2 milioni di Kg di grano (per la panificazione) e di mais (per l’alimentazione degli animali), favorendo così fenomeni speculativi sui prodotti agricoli, le cui quotazioni non sono legate al reale andamento della domanda e dell’offerta ma a operazioni finanziarie (anche mediante strumenti finanziari derivati), a tutto danno di agricoltori e consumatori.
Ben più drammatica è la situazione per i paesi più poveri, dove il continuo rincaro dei prezzi, unito all’assenza di grano, potrebbe produrre serissimi problemi di nutrizione. In questo senso, i dati FAO evidenziano che nel 2021 il 29,3% della popolazione globale (ossia 2,3 miliardi di individui) ha vissuto in condizioni di insicurezza alimentare moderata (vale a dire il caso in cui le persone non sono sicure di potersi procurare cibo e sono costrette a ridurne la qualità e/o la quantità per mancanza di denaro o di altre risorse) o grave (che si verifica quando le persone hanno sperimentato la fame in quanto hanno esaurito il cibo oppure ne sono rimaste senza per uno o più giorni), rilevando un sensibile incremento rispetto al 2014, dove la percentuale era pari al 21,2%.
A riguardo, i dati FAO confermano che il continente più colpito dall’insicurezza alimentare moderata o grave è l’Africa, che è passata dal 44,4% nel 2014 al 57,9% nel 2021, registrando valori praticamente doppi rispetto a quelli medi mondiali. Le altre aree, infatti, presentavano nel 2021 percentuali più contenute, pari al 24,6% per l’Asia, il 40,6% per l’America latina e i Caraibi e l’8% per il Nord America e l’Europa.
La guerra in Ucraina, sempre secondo FAO, minaccia di aumentare il numero di persone malnutrite, colpendo una generazione di donne e bambini che sono già vulnerabili sotto questo aspetto, con rilevanti implicazioni sul capitale umano delle comunità e riflessi per le generazioni future. Risulta quindi ancora di grande attualità la frase pronunciata da Papa Francesco a giugno e che tutti auspichiamo: “per favore, non si usi il grano, alimento di base, come arma di guerra!”
Flavio Servato