CULTURA

QATARGATE, DURO COLPO ALL’EURO PARLAMENTO. I SERVIZI SEGRETI DEL BELGIO INDAGAVANO DAL 2021

By 20/12/2022No Comments

Oltre alle responsabilità individuali perseguite, l’inchiesta giudiziaria, coinvolge Stati e istituzioni – La corruzione internazionale condiziona fortemente il futuro dell’Unione Europea – Troppo facile e sospetto trovare valigie piene di denaro contante in casa dei corruttori – Preoccupanti le ombre sul Qatargate

Qatar. Le vicende in tema di rapporti tra lo Stato qatariota e componenti o soggetti vicini al Parlamento UE sono inquietanti e gravissime. Il rischio, però, è che, proprio in ragion delle loro enormità, l’analisi di tali fatti solleciti riflessioni meramente emotive e caratterizzate da “venature moralistiche”. In particolare, a nostro parere, il limite delle considerazioni che sono state espresse sugli accadimenti in esame è di accentrare le responsabilità di ciò che è accaduto in capo a singoli soggetti – ovvero, evidentemente, in capo a chi ha pagato e chi ha ricevuto le enormi somme di denaro che sono circolate al fine di condizionare i pareri e le decisioni del parlamento europeo nei confronti dello Stato del Qatar.
Non è nostra intenzione ridimensionare la portata e la rilevante delle responsabilità individuali che, ove accertate, dovranno senz’altro essere ritenute come il principale fattore causale dell’accaduto – e come tali dovranno essere adeguatamente sanzionate. Di conseguenza, le considerazioni che seguono non sono certo dirette a sminuire le colpe individuali né a svalutare la esigenza di individuare opportune punizioni per quanti abbiano assunto tali comportamenti, sanzioni necessarie tanto in un’ottica retribuzionistica perché chi ha sbagliato ne deve rispondere, quanto in ottica preventiva nel tentativo di arginare l’adozione di future condotte analoghe a quelle di cui si discute.
Fatte queste precisazioni, proprio nell’intento di agire in un’ottica non puramente repressiva (che inevitabilmente finisce con guardare al passato, ritenendo rilevante di fatto la sola individuazione dei responsabili individuali) ma con finalità di prevenzione, volendo cioè definire strumenti, precauzioni, procedure decisionali atte (non ad escludere, il che è chiaramente impossibile) a rendere più difficoltoso e meno probabile il verificarsi in futuro di eventi analoghi, riteniamo opportuno soffermarci su alcuni aspetti della triste vicenda che hanno una connotazione di carattere più generale e che hanno fatto da sfondo facilitatore alle illecite condotte individuali. Detto altrimenti, se molti si chiedono “chi è stato?”, noi vorremmo domandarci “come mai è successo? Come è stato possibile che soggetti operanti ai più alti vertici delle istituzioni europee siano stati – se non corrotti, quanto meno – indebitamente sollecitati da Stati stranieri nell’adozione delle loro determinazioni o nella scelta circa determinazioni dei vertici della UE?”.
La necessità di limitare il contante. Una prima riflessione che può essere sviluppata con riferimento ai fattori che hanno facilitato l’adozione delle condotte criminose concerne l’utilizzo del contante per portare a termine le condotte di corruzione.
L’inchiesta giudiziaria sul Qatar gate, il più grande scandalo di corruzione che abbia mai colpito il Parlamento europeo, è partita da un’indagine del 2021 dei servizi segreti del Belgio sulle ingerenze di una potenza straniera. Nessuna soffiata o utilizzo del sistema di whistleblowing: secondo le rivelazioni del Soir, la Sûreté de l’Etat stava raccogliendo informazioni sulla minaccia per la sicurezza del Paese, in particolare per “ingerenza nei processi decisionali”. A un certo punto, durante l’indagine, alcuni agenti sono entrati clandestinamente nell’abitazione di Antonio Panzeri, scoprendo circa 700 mila euro. Solo allora – era il 12 luglio 2022 – il dossier è stato trasferito alla procura federale, che ha iniziato a raccogliere formalmente le prove che hanno portato all’accusa di corruzione, associazione a delinquere e riciclaggio nei confronti di Panzeri, Eva Kaili, Francesco Giorgi e Niccolò Figà Talamanca, alle perquisizioni e ai sigilli negli uffici degli assistenti parlamentari, al sequestro di 1,5 milioni di euro in borse, sacchetti, scatole e valigie.
I soldi, quindi, intesi come le banconote fisiche, anche di modesto importo come 20 €. sono i protagonisti di questa indagine e d’altronde, impregiudicata ogni considerazione sulle responsabilità individuali, sono certo rimaste negli occhi e nella mente di tutti le immagini di queste immani quantità di banconote a disposizione degli indagati: quali fossero le ragioni della dazione, si tratta certo di somme di denaro di incredibile valore.
Orbene, se il possesso delle predette somme in capo agli indagati si giustifica in virtù degli accordi corruttivi, pare evidente che la conclusione degli stessi è stata decisamente agevolata, direi quasi “consentita”, dalla facilità con cui è ammessa la circolazione del contante nello stato quatariota.
La correttezza di tale conclusione pare lampante. Ed infatti.
Punto primo: perché i corrotti sono stati “pagati” e banconote e non tramite più “comodi” bonifici bancari? Ovvio, perché quest’ultimi avrebbero lasciato traccia della dazione di denaro ed allora diventava necessario far ricorso al metodo occulto di pagamento per eccellenza ovvero il denaro contante.
Punto secondo: la circolazione di tali somme sarebbe stato possibile in Europa? No e ciò in quanto nell’Unione la circolazione di contante è vista con (giusto) sospetto e variamente regolamentata dai diversi Stati membri.
Punto terzo: come mai gli indagati sono stati trovati in possesso di tali enormi somme di denaro, malamente custodite nelle loro abitazioni, facilitando così in modo significativo l’attività investigativa? Perché non se ne sono disfatti, investendo il relativo valore in immobili, attività imprenditoriali e similiari? Semplice: perché tale opzione è fortemente vincolata nell’Unione Europea e, grazie alle diverse discipline in tema di prevenzione dell’antiriciclaggio, l’investimento di contante, quando di importo così significativo, è elemento di forte sospetto, che determina l’apertura di indagini, anche in sede penale.
Detto in sintesi, grazie ai sistemi normativi che regolamentano l’utilizzo del contante e prevedono misure per la prevenzione e punizione del riciclaggio, l’attività di corruzione nell’Unione europea è resa decisamente più difficoltosa e chi riesce ad ottenere l’illecito profitto dalla conclusione di un tale pactum sceleris è obbligato a “tenerselo a casa, nascosto nel materasso”. Quanti, specie nel nostro paese, blaterano contro i limiti all’utilizzo del contante, contro il pagamento elettronico, contro le misure di tracciabilità dei pagamenti, sono pregati di prenderne nota.
Lobby. La necessità di regolamentare l’attività di lobby. Secondo la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, la principale ragione dello scandalo – che vede come protagonisti soggetti individuali, “attori maligni legati a paesi autocratici, che hanno usato come arma le Ong, i sindacati, gli individui, gli assistenti e i membri del Parlamento europeo” – risiede nella facilità con cui è possibile avere accesso e trovare ascolto presso le sedi istituzionali della UE ed i relativi vertici o appartenenti alle stesse. Da qui la necessità di “un processo di riforma per vedere chi ha accesso alle nostre sedi, come queste organizzazioni, Ong e persone sono finanziate, quali legami con Paesi terzi hanno. Chiederemo più trasparenza sugli incontri con gli attori stranieri e chi è legato a loro”.
Si tratta sicuramente di un profilo cui dedicare adeguata attenzione, ma al contempo l’obiettivo suggerito dei vertici istituzionali della UE non è facile da raggiungere.
Da un lato, l’attività di lobby fa parte dei processi istituzionali dell’Ue per adottare direttive e regolamenti che siano nell’interesse comune: prima di fare le sue proposte tant’è vero che è previsto che, prima di assumere le deliberazioni più rilevanti, la Commissione avvia una consultazione pubblica (più o meno allargata, a seconda del tema) a cui rispondono i portatori di interessi. Dall’altro, l’Unione Europea ha una delle legislazioni più avanzate sulle lobby, sicuramente più severe rispetto a quanto può dirsi con riferimento alla normativa presente in molti suoi Stati membri: le organizzazioni che rappresentano categorie e interessi devono iscriversi a un Registro della trasparenza, dichiarare chi sono i committenti e rispettare un codice di condotta (al 31 dicembre 2021 c’erano 13.366 persone o entità registrate: 580 società di consulenza, 230 lobbisti indipendenti, 6.952 imprese o associazioni industriali e sindacali, 3.518 ong, 967 think tank, 55 organizzazioni religiose, 573 rappresentanze di autorità locali); inoltre, è previsto che i commissari componenti la Commissione ed i membri dei loro gabinetti debbano dichiarare i loro incontri con i lobbisti (per i parlamentari, invece, una tale dichiarazione è volontaria, così come nelle rappresentanze degli stati membri).
Il rischio, dunque, è che nel legittimo tentativo di migliorare la normativa in tema di attività di lobby, la stessa venga costretta entro limiti eccessivi, con una possibile incidenza anche sui diritti degli stessi parlamentari e politici. Va considerato, infatti, che non è agevole provvedere ad una configurazione dei reati applicabili all’attività politica: se, infatti, la recente vicenda insegna come vi sia il rischio di corruzione anche solo per la pressione che un soggetto (il Qatar per promuovere la propria immagine in materia di diritti dei lavoratori, in generale tutti i portatori di interessi particolari) può esercitare per vedere affermato, anche solo in una delibera parlamentare di indirizzo, il proprio interesse occorre al contempo tutelare l’indispensabile libertà dell’eletto di esprimere la propria opinione «senza vincolo di mandato» e non si può, per la sola comunanza di interessi e contenuti fra la presa di posizione del politico e le richieste dei gruppi di pressioni, ipotizzare in ogni caso l’esistenza di inconfessabili accordi illeciti.
Forse una soluzione equilibrata – in qualche modo analoga a quella adottata in Italia – potrebbe essere la pretesa di un’assoluta trasparenza da parte dei parlamentari o soggetti appartenenti alle istituzioni politiche e governative della UE circa i finanziamente ricevuti da qualsiasi soggetto terzo. A fronte dell’impossibilità di considerare tutta la zona grigia della lobby legale – contatti, email, pranzi, viaggi, conferenze – come potenziale corruzione o traffico di influenze (il che significherebbe negare ai portatori di interessi legittimi la possibilità di difenderli e pretendere che, per essere totalmente impermeabili a influenze, i governi e i parlamenti dovrebbero isolarsi dalle realtà economiche o sociali su cui devono legiferare), si potrebbe individuare come fattispecie delittuosa il solo fatto di ricevere denaro o contributi da terzi soggetti senza dichiarare l’avvenuta corresponsione.
In sostanza, bisogna prendere atto del condizionamento delle decisioni politiche da parte di interessi di gruppi di potere, in alcuni casi facenti addirittura capo a Stati stranieri. Ciò che però va ritenuto inaccettabile è la mancanza di chiarezza in ordine a tali rapporti e tale carenza deve essere adeguatamente sanzionata, a prescindere dalla circostanza che poi i comportamenti assunti dal politico nelle sedi proprie siano state condizionate da tali rapporti.
Infine, occorre svolgere una riflessione di carattere politico, che, anche alla luce di altri accadimenti (chiaro il riferimento al caso Soumahoro) riguarda in particolare la sinistra italiana. Qual è la procedura di selezione dei parlamentari, nazionali ed europei, che utilizzano i vari partiti? Come queste associazioni possono tralasciare di curare e verificare, ben prima che arrivi il giudice penale, i comportamenti corretti e imparziali di coloro che prima si candidano nelle loro liste e poi accedono a cariche pubbliche e le esercitano? Come è possibile non accorgersi di uomini politici che hanno stili di vita non compatibili con le indennità che ricevono?
Com’è possibile accontentarsi di “autosospensioni”, in attesa del giudizio penale, quando si può agire sulla responsabilità politica, nel caso di accertati comportamenti incompatibili con la carica pubblica?
Si accusa spesso la magistratura di invadere il campo della politica…. Ma se la politica non riesce nella selezione dei suoi componenti, non si comprende bene la ragione della lamentela.

Ciro Santoriello