
Il Piemonte è una delle grandi regioni irrigue d’Europa – I cambiamenti climatici impongono nuovi metodi di irrigazione: con macchine che bagnano i terreni per aspersione a largo raggio e a basso costo energetico – Il recupero dell’acqua filtrata
Con i sui 357.000 ettari di terreno irrigui, un terzo della superficie coltivata, il Piemonte è una delle grandi regioni irrigue in Italia ed in Europa. Il significato della risorsa acqua è spesso trascurato e il fatto che gli agricoltori svolgano il loro lavoro irrigando le colture è frequentemente confuso con gli sprechi della risorsa. Le montagne che circondano la Pianura Padana veicolano nei fiumi e nelle falde profonde le acque e arricchiscono le disponibilità di acqua per la pianura.
I molti compiti assolti dall’acqua sono spesso descritti come usi potabili, civili, energetici ed irrigui ed è oggi evidenza scientifica oltre che gestionale che ogni ragionamento sull’irrigazione deve essere svolto nel quadro dell’equilibrio tra i diversi usi, ma anche in rapporto agli equilibri ecologici dei sistemi naturali.
Ma cosa vuole dire disponibilità irrigua? Significa quantità di acqua rispetto ai fabbisogni di evapotraspirazione dei vegetali (senza acqua non c’è fotosintesi), distribuzione nel tempo della possibilità di impiego della risorsa (i picchi intensissimi di precipitazione riducono la disponibilità di acqua), localizzazione della risorsa rispetto a dove la si utilizza (pompare l’acqua è costosissimo anche in termini energetici) e infine avere acqua di qualità.
Queste condizioni sono presenti in Piemonte. Lo testimoniano i quasi 600 Consorzi Irrigui, oggi raggruppati in 36 enti irrigui, che da secoli (sic!) regolano gli usi dell’acqua attraverso una rete di canali, diritti di accesso alla risorsa, opere ingegneristiche e pratiche agronomiche uniche al mondo. Ma lo testimoniano anche le produzioni tipiche del Piemonte, quel paniere di prodotti noti ovunque (ortaggi, frutta, riso, formaggi, carni, salumi) e su cui tanto si punta per la valorizzazione dell’immagine del territorio. Si riducesse drasticamente l’irrigazione, cesserebbe il flusso delle tipicità regionali.
La Regione Piemonte è responsabile delle politiche di governo delle acque e l’Università opera da sempre per favorirne l’azione. Vanno gestite le contrapposizioni di interessi pubblici e privati, che, sul tema dell’irrigazione, si manifestano soprattutto nel difficile equilibrio da mantenere tra prelievo da parte dell’agricoltura e rispetto del flusso minimo vitale dei corsi d’acqua (corpi idrici superficiali) e altezza delle falde acquifere (corpi idrici profondi). I metodi irrigui più diffusi in Piemonte sono quelli legati alle caratteristiche di un territorio pedemontano: l’acqua è tradizionalmente abbondante ed è facile da intercettare con il conseguente sviluppo dell’irrigazione per scorrimento superficiale di quasi tutte le altre colture e della sommersione del riso.
Questi metodi irrigui presentano un costo di distribuzione dell’acqua quasi nullo, ma sono spesso descritti come poco efficienti perché parte dell’irrigazione alimenta flussi di ruscellamento e di percolazione profonda.
Nel contesto ambientale di un evidente cambiamento climatico, sono tali metodi irrigui ancora sostenibili? Sappiamo che la quantità di pioggia non cambia, ma i periodi di siccità aumentano di frequenza. Dobbiamo quindi essere preparati ad affrontare “anni orribili” come è stato il 2022 dove le precipitazioni nel Nord Ovest dell’Italia sono state equivalenti a quelle di località del Nord Africa.
Da tempo la tecnologia offre soluzioni alternative ai metodi di irrigazione tradizionali. Per mantenere elevata l’efficienza del sistema irriguo si può ricorrere all’impiego di metodi irrigui a microportata (la cosiddetta irrigazione a goccia); metodi ampiamente utilizzati in frutticoltura e orticoltura, che possono essere utilizzati sulle ampie superfici seminate. Ma qui sono posti in campo e rimossi annualmente, con conseguente aumento dei costi: si risparmia acqua, ma si spreca energia.
Grande interesse ha assunto oggi l’impiego delle grandi macchine irrigue, ad esempio i Pivot, che bagnano per aspersione, ma a bassa pressione un’ampia superficie circolare, garantiscono un’elevata efficienza irrigua e costi di gestione bassi perché il notevole investimento si ammortizza in molti anni. Le tecnologie sono quindi disponibili e in continua evoluzione. Gli antichi sistemi tradizionali per scorrimento e sommersione vanno abbandonati? Sicuramente no, perché garantiscono un equilibrio dell’ampio e complesso sistema idrologico territoriale.
Abbiamo oggi capito che l’inefficienza irrigua, a scala di singolo appezzamento, può determinare un’elevata efficienza nella disponibilità di acqua a scala territoriale. L’acqua infiltrata in profondità è nuovamente disponibile a valle, recuperata nelle falde e nei corpi idrici dei fiumi. L’acqua ruscellata, se opportunamente incanalata, è di nuovo disponibile per l’irrigazione di altre aziende.
La soluzione al problema di rendere il Piemonte in grado di conservare tali le proprie aziende irrigue, anche nel contesto dell’attuale cambiamento climatico, richiede una sostanziale collaborazione tra Regione Piemonte, ricerca universitaria, Enti Irrigui e imprenditori agricoli. Le premesse di questa alleanza ci sono e un grande progetto europeo (MountResilence) che si avvierà a settembre garantirà il finanziamento per portare la Regione ad essere una vetrina europea per l’adozione di soluzioni territoriali al problema.
Carlo Grignani
Direttore Dipartimento
Scienze Agrarie Forestali e Alimentari Università di Torino