CULTURA

RISCATTO IN CAMPO DEI LEONI DELL’ATLANTE. IL MAROCCO ESULTA CON IL MONDO ARABO

By 21/12/2022No Comments

Non più immigrati, ma eroi del calcio – Atleti instancabili si sono sbarazzati dei blasonati Canada, Belgio, Spagna e Portogallo – Cuore, corsa e intelligenza hanno lasciato in lacrine l’ambizioso Ronaldo – L’orgoglio di battersi in semifinale con la Francia – Torino in festa come a Marrakesh e Casablanca

Il calcio, qualche volta, fa miracoli: abbatte le barriere e confeziona sogni che dureranno in eterno senza svanire mai. Nemmeno quando si perde la partita più importante, perché l’impresa vera era già compiuta, è stata arrivare a quella sfida mai vista prima. Nel caso del Marocco, arrivare alla semininale contro la corazzata Francia, quella dei narcisi transalpini che hanno sempre considerato i marocchini poco più che schiavi da destinare ai lavori meno ambiti, o da rimpatriare senza troppe formalità, come merce avariata. Roba di scarto, da banlieue. Non solo loro, gran parte dell’Occidente ha faticato (e fatica) ad accettare l’integrazione con questi africani ambiziosi e laboriosi che hanno firmato nel nome del calcio il loro sublime riscatto.
La nazionale marocchina ha perso – per 2-0 – quella semifinale contro i francesi ma è un fenomeno di cui oggi tutti parlano con rispetto, ha conquistato la vetrina in Qatar sovvertendo le gerarchie della coppa del mondo e schiaffeggiando i miti. Nomi sconosciuti e qualche campioncino (come Sofyan Amrabat, che nella Fiorentina è una colonna preziosa, o Hakim Zyech, centrocampista del Chelsea) assemblati da un tecnico altrettanto sconosciuto e altrettanto bravo, Walid Reguagui. Non supereranno nemmeno il girone preliminare, profetizzavano i grandi esperti, le menti dorate che sfogliavano le carte del mondiale. Invece quel gruppo di corridori imprendibili sospinti dall’orgoglio e dall’umiltà ha compiuto il miracolo sbarazzandosi, dopo il pareggio iniziale con la Croazia, di Canada, Belgio, Spagna e Portogallo. Hanno ridotto in lacrime il fenomeno sull’orlo dell’eclisse Cristiano Ronaldo, per conquistarsi quella semifinale mai vista prima.
Grinta, coraggio e un pizzico di fortuna (ai calci di rigore) per celebrare un cammino entusiasmante. Andare oltre, addirittura alla finale, sarebbe stato sublimare oltre ogni immaginazione il sogno ed entrare nell’empireo: ma una sconfitta contro i campioni del mondo del 2018 non cancella l’impresa, comunque incisa nella storia: indelebile.
Nessuna squadra africana era mai salita così in alto. Il Marocco è diventato, all’improvviso, la faccia vincente non solo dell’Africa ma di tutto il mondo arabo, di un intero continente, di un pianeta eternamente sofferente e troppo spesso vessato. Adesso quei guerrieri li chiamano i Leoni dell’Atlante, li guardano tutti con un inedito rispetto. E il popolo marocchino, l’onda lunga dei migranti, il pianeta sgradito dei barconi, in occasione dei mondiali è uscito trionfalmente dai ghetti delle metropoli, ha improvvisato caroselli festosi nei centri nobili di quelle città che a stento prima li sopportavano. Ha conquistato e sbandierato un legittimo orgoglio. Torino non fa eccezione. Chi ha assistito alle partite cruciali, specie quella contro il Portogallo, nei bar e nelle sale slot di Barriera è rimasto inevitabilmente contagiato dall’entusiasmo imperante. Centinaia di braccia slanciate verso il cielo, bandiere al vento, musica e clacson scatenati.
Corso Giulio Cesare come Marrakesh o Casablanca, nelle notti del grande pride. Quella marocchina, con 15mila anime, è la seconda comunità straniera di Torino ed è integrata in numerose attività lavorative. E’ scesa in strada con caroselli rumorosi, ma non ostili. Solo festa, perfino in occasione della semifinale persa. Questo ci resterà nella mente, mentre andremo a celebrare altri campioni viziati che ancora non sanno spiegarsi come il Marocco li abbia umiliati. Il mondo alla rovescia? No, semmai il trionfo della volontà.
E il trionfo dell’astuzia tattica, di quel movimento ossessivo che ha mandato in palla i campioni decorati schiavi della giocata preziosa e leziosa, sovente inutile.
“Il nostro segreto si chiama cuore, corsa e intelligenza”, ha sintetizzato l’allenatore Regragui. Correre non basta, se non metti in campo l’anima. E i marocchini avevano tanto da spendere, hanno dato lezione ai soloni. Nei mercati rionali, oggi, vengono guardati con occhi diversi. Ecco il grande miracolo del calcio.

Piero Bianco