
Il caos globale provoca risentimenti e confusione anche in coloro che hanno il dovere di informare – Le “civiltà malate” e le drammatiche conseguenze nazionali e internazionali – L’Italia, e non è la sola, senza seri orientamenti in ogni settore – Come e da chi difendersi? Disastri della Natura e vita senza etica in ogni Continente
Una domanda rivolgo a me stesso con non poca amarezza. Perché mai, un giornalista che ha il dovere di informare, deve essere costretto a improvvisare un’analisi della caotica situazione mondiale, nella speranza vana, di darsi qualche risposta?
L’Umanità si è chiusa in una “Torre di Babele” in cui ogni riflessione ragione/spazio/tempo, ogni tentativo di entrare nel disarticolato dialogo tra gli Stati diventa impossibile, sfugge alla generale comprensione. La confusione regna indisturbata. I problemi che avviliscono il nostro pianeta, l’incapacità di governarli, generano politiche nazionali e internazionali frammentarie in tutti gli aspetti, preoccupanti e, forse, senza alcuna soluzione. Il che è avvilente.
Sorge allora spontanea un’altra domanda, tremendamente complessa: le civiltà delle “grandi nazioni” che governano il pianeta Terra godono di salute mentale o sono malate? Hanno perduto quell’onestà intellettuale che permetterebbe di far vivere all’umanità una vita normale, civile? La Babilonia, tra archeologia e mitizzazione, ha arricchito la nostra fantasia, ma la Babilonia del terzo millennio, o meglio, le babilonie degli Stati, alimentano le guerre, la fame, la miseria, la mancanza di futuro.
Qual è la causa di questo caos permanente? La domanda di fondo resta ed è drammaticamente perversa: le civiltà soffrono di una qualche malattia sin dal loro nascere, oppure sia ammalano cammin facendo, nel tentativo di progredire?
“Sì, si ammalano con il loro progredire e per l’insensatezza di chi forza il progresso oltre ogni traguardo dell’intelletto”.
Le domande (e le risposte, sempre più complesse e disarticolate) come gli esami, non finiscono mai. Non si capisce, per fare l’esempio recentissimo delle aggrovigliate prossime presidenziali statunitensi, perché mai una grande nazione (e il resto del mondo), dovrebbe fidarsi di un ex presidente pluricondannato, Donald Trump o di Joe Biden che verrebbe messo sotto accusa per impeachment, dagli avversari repubblicani? Mah! Forse sarebbe il caso di dare una spolveratina alla costituzione degli Stati Uniti. Qualcuno, come al solito si porrà una domanda retorica: “Cosa c’è dietro l’angolo del pianeta? Dietro i molti angoli del pianeta, per ora in un cono d’ambra, ci sono due personaggi inquietanti: il dittatore della Corea del Nord, Kim Jong-un e Vladimir Putin l’aggressore comandante della Grande Russia.
Parliamo allora di noi, dell’Italia e di coloro che ci guardano dall’alto della loro presunzione? Cosa cambia? Si ritorna agli interrogativi ormai abitudinari e inquietanti. La Sanità è malata? Direi di sì. Ne è perfettamente cosciente per prima l’intera classe sanitaria: da Nord a Sud la realtà è buia. La Società gode di buona salute? Ma come può essere in salute se la Sanità… è malata. La Sanità è parte essenziale della società, il contagio è inevitabile, ma il virus più virale è l’Economia, quella nazionale e internazionale che ha globalizzato in primis il pazzesco progresso delle armi: bombe a grappolo, missili a uranio impoverito, per curare la “terapia dello sterminio”; ha creato una nuova generazione di “scienziati televisivi” che hanno deciso aprioristicamente e politicamente (non c’era un’altra via da seguire?), gli effetti del Covid.
L’Economia ha alimentato disastri in ogni settore della vita pubblica, il mondo implode: non a causa dell’intelligenza artificiale, perché non sarebbe possibile, ma nell’ignoranza della propria natura, nell’estraneità della conoscenza di sé. Con tutto ciò che ne consegue.
L’Economia, che un tempo regolava la vita delle nazioni, secondo precise condizioni, oggi è esasperata e si autoflagella. Per qualche decennio ha combattuto la deflazione, poi ha riscoperto che l’inflazione aumenta in percentuali insostenibili i prezzi di prima necessità, dal pane, alla verdura, dalla carne alla frutta, dal pesce, dalla benzina al gasolio, dal gas al petrolio. Perché? Per la illogicità della speculazione irrefrenabile, la più bieca, priva di un’etica collettiva, defraudata dalla incoscienza libertaria e suicida di chi dovrebbe governare in scienza e coscienza.
L’analisi di questo pot purri continua. La Scuola aiuta i ragazzi e insegnanti a crescere? Non più. Eppure i giovani che amano progredire, ci sono. Nelle Scuole medie, però, nella generalità dei casi, mancano gli insegnanti, che non si possono scovare un mese prima dell’inizio dell’anno scolastico con una “chiamata d’emergenza” necessaria soltanto a colmare il vuoto ed a riempire le pagine di giornali e la tv.
Lo studio delle diverse materie alle Medie si sviluppa attraverso quiz, che non coltivano il sapere, ma lo avviliscono fino all’aridità. Ragazzi e ragazze crescono nel balbettio di nozioni che non alimentano la conoscenza. I genitori e la tanto conclamata famiglia italiana, che dovrebbe essere il centro universale dell’educazione, degli affetti, vive in quotidiano contrasto con sé stessa, con i propri figli.
Nella Scuola, un comparto decisamente importante è quello dell’editoria libraria. Che fa l’industria editoriale? Ci sguazza. Alimenta la compravendita di libri usati che cambiano continuamente, riacquistati da librerie che sfruttano l’indigenza economica delle famiglie. Un guazzabuglio incontrastato, l’esempio assolutamente negativo di ciò che non dovrebbe avvenire in una società che ami il progresso culturale, i costumi, la propria storia, la propria religione, il diritto a vivere una vita di lavoro, di studio, di benessere e rispetto reciproco.
E lo Stato, gli Stati, perché parliamo di fenomeni globali, che fanno? Nulla. Lasciano che il degrado culturale si impossessi sempre di più delle menti fragili.
E’ questa, in sintesi, la fotografia, la narrazione (termine sempre più attuale, come “ci metto la faccia”, “metto l’argomento per terra” di ciò che succede nelle fasce più deboli delle comunità di ogni nazione.
Intendiamoci: la frattura tra benessere e povertà, c’è sempre stata, il Nord è sempre stato distante dal Sud, le differenze sociali, storicamente, hanno sempre diviso. Ma la storia di oggi, il continuo esasperare delle guerre e delle dittature, i cambiamenti climatici che arroventano ancor di più il grandioso continente africano, il Medio Oriente, l’America del Sud e del Nord, l’Europa dalle Alpi ai Nebrodi, alle sterminate pianure asiatiche, in questi ultimi cinquant’anni, hanno acuito i gravi disagi di una miseria prima di tutto morale, endemica. Senza che gli Stati “più progrediti” muovessero un dito per alleviare la sofferenza delle persone che popolano il nostro mondo.
In Casa nostra, l’Italia, terra benedetta dei Comuni in gran parte senza PNRR e quindi senza provvidenze esterne, l’attualità è espressione quotidiana di femminicidi annunciati in Tv a tutte le ore, dalle 6,30 del mattino a mezzanotte, su tutte le reti private e di Stato. Femminicidi, altra espressione straziante e degradante di un popolo che dovrebbe sapere amare.
Questa Italia benedetta, è costellata di periferie malfamate abbandonate a sé stesse, fatta di casermoni delle nobilissime Napoli, Palermo, Milano, Roma, volutamente costruiti e sfruttati dalle mafie, in cui la delinquenza minorile, accresce ogni forma di violenza; casermoni dove i ragazzini nel pieno sviluppo della loro adolescenza, sono essi stessi vittime di una società che li ignora e della cui violenza si stupisce. Sedi conclamate di drogati, di contrabbandieri e spacciatori, i cosiddetti pusher, che nella distorta giustificazione collettiva, hanno il compito di controllare, udite, udite, i quartieri delle grandi città dalle ruberie dei loro simili, i ladri.
Uno Stato non può definirsi tale se non è in grado di accogliere creature che fuggono dalla miseria, dalle torture, dalle guerre, né di farsi valere nei consessi internazionali per dare regole precise, per riequilibrare il fenomeno biblico inarrestabile della migrazione. Non basta addossare la responsabilità all’Europa, che pure annaspa aspettando le nuove elezioni europee e prima, forse, il ritorno scontato di Mario Draghi, invocato da Ursula von der Leyen; bisogna avere autorevolezza, coordinare politiche sociali. Ci vogliono “uomini e donne-guida”, che abbiano una visione dei doveri umanitari che superi gli interessi dei singoli Stati. I soliti G. 7 – G8- G20 e l’aggiornatissimo G21, anche se per le “politiche mondiali” sono importanti, non bastano più per risolvere i problemi del pianeta, perché salvaguardano a breve termine soltanto gli interessi economici delle nazioni più impotenti, e non dimostrano, almeno finora, la capacità di guardare lontano con nuove intuizioni politiche, che alimentino il benessere reale di tutte le nazioni.
Intanto, il mondo (non più sorretto dallo sferzante ironico dito di Charlie Chaplin) ci crolla addosso: l’economia globale si sbriciola, gli eventi naturali si susseguono sempre più frequenti, le faglie terrestri continuano il loro lento ma inesorabile percorso allontanandosi o avvicinandosi ad altri spazi terrestri, provocando terremoti e migliaia di morti come è sempre avvenuto in Cile, Indonesia, Alaska, Giappone, Russia, Ecuador, Colombia e avviene regolarmente in Italia, Marocco, Libia, Messico, per citare soltanto gli eventi più estremi.
Non c’è Stato neppure nello sport, l’amatissimo sport che attira tifosi benestanti e bolge di fanatici di tutte le età. Come sta lo sport in Italia e nel resto del mondo? Crolla miseramente alla luce di un firmamento miliardario che lascia storditi coloro che non mettono insieme il pranzo con la cena.
Discorsi da bar? Un minestrone senza gusto? Magari fosse vero. Pochi giorni fa, un amico che osserva attentamente i mali della società, diceva: “Al bar si vive la realtà di ogni giorno, alla Camera, in Senato, nelle aule di Giustizia e nei palazzi dell’Alta Finanza le riflessioni di coloro che sanno, diventano paranoie senza un fine”.
Ma lasciamo stare l’alta finanza delle grandi Nazioni e all’alta finanza privata che ormai guarda alla conquista dello spazio, e torniamo allo sport, al pallone e alle… pallonate. In che stato di salute si trova? Ha la febbre alta e non trova più la forza di reagire al miraggio economico stellare. E’ quel calcio, che fa girare la testa agli ultras e le scatole a coloro che non si arrendono mai alle sconfitte, che gridano “abbiamo vinto noi” (chi? cosa hanno vinto?). Boh!
Gli azzurri degli stadi miliardari delle società quotate in borsa, han perduto la bussola sul campetto periferico della Macedonia del Nord, che comunque ha piedi e schemi di gioco migliori dei nostri; l’han riconquistata a San Siro con l’Ucraina. Grande entusiasmo, ma che succede al prossimo turno?
Ci mancano i “piedi buoni” – “checche se ne dica”, direbbe il buon Totò, e hanno la testa (della Federazione) tra le nuvole. E non conta che il CT sia Mancini o Spalletti. E’ il sistema che non funziona e con il sistema gli schemi di gioco.
Dov’è la Federazione che rappresenta la Nazionale? E’ impegnata in una politica-siparietto che non si comprende. Il calcio italiano ha smarrito la sua stessa storia.
L’unica soddisfazione per coloro che amano lo sport, è data dalle squadre azzurre del Volley femminile e maschile, che si divertono e divertono il loro pubblico, si battono con grinta, sorridono e si abbracciano, al pari della nazionale di basket, che impone i valori di una cultura autenticamente sportiva, così come avviene ancora nell’atletica.
Ed ora? Non ci resta che la TV: una rivoluzione copernicana. Osservando i servizi della tv sportiva di Stato e non soltanto quelli (i reportages di politica, sono inascoltabili, come da brivido sono i talk show sterili di tutte le emittenti. Dall’alba a sera, si ha la netta sensazione che il calcio televisivo, quello delle società più quotate a livello internazionale, sia imploso o sopravviva, grazie a quel manipolo di baldi giovanotti giunti dall’Africa, atleti che sui campi europei e…in altri siti, guadagnano un sacco di soldi, senza perdere la voglia di divertirsi e di divertire quegli spettatori e non sono pochi, che ancora amano lo sport. E la Cultura della storia italica? Non ne parliamo. L’analisi pot pourri è un minestrone senza gusto. Tutto il resto è noia. Peccato.
Armando Caruso