CULTURA

Soltanto la cultura del diritto potrà dare nuova vita al CSM

By 21/12/2021No Comments

L’organo di autogoverno della magistratura una galassia che soffre di troppe influenze

E’ stato recentemente sottolineato dal Ministro di Giustizia che vi è urgenza di riformare il CSM. Rispetto a tale urgenza parrebbe esservi un largo consenso sia tra le forze politiche che negli ambienti giudiziari e accademici.
Non pare esservi un pari largo consenso sui contenuti della riforma, né tra le forze politiche, né all’interno della stessa Magistratura.
Non intendo esporre analiticamente le plurime proposte in campo a cominciare da quelle cui è giunta la cosiddetta. “Commissione Luciani” costituita dal Ministro, ma solamente fornire spunti di riflessione sul singolo tema del sistema elettorale dei componenti togati.
In primo luogo un monito per tutti: maneggiare con massima cura ed attenzione. E’ vero – come conclude la relazione della Commissione Luciani – “che nessun intervento riformatore può avere successo senza un profondo rinnovamento culturale, del quale devono essere partecipi la politica, i mezzi di informazione, l’opinione pubblica e – soprattutto – la stessa magistratura”, ma rammentiamoci che oggi riteniamo urgente una riforma rispetto ad un tema sul quale il legislatore è intervenuto molte volte. L’ultima, nel 2002, con il dichiarato scopo di affrancarlo dall’eccessivo peso delle correnti.
E’ inutile nascondersi dietro a un dito: la vera spinta ad un intervento urgente è stato il clamore suscitato dalla galassia del “caso Palamara”. Ed atteso che già si era intervenuti per ridimensionare le correnti, delle due l’una: o prima del 2002 la situazione era peggiore dell’attuale, ovvero siamo intervenuti nel 2002 ed abbiamo peggiorato e non migliorato il sistema. Io non ho dubbi che siamo nella seconda ipotesi e quindi dico in modo icastico: attenzione “ll peggio non è mai morto”; quindi in primo luogo scartiamo qualsiasi ipotesi che anche solo potenzialmente possa ulteriormente far degenerare il sistema di invasività delle correnti.
Su questi presupposti ci accorgeremmo che il dibattito tra i diversi proponenti postula la sostanziale ineluttabilità delle influenze correntizie e mira solo a dimostrare che la propria proposta assicura un qualche maggiore spazio di libertà rispetto alle correnti. Il chè, se ci riflettiamo in modo laico, è paradossale e ci porta al fulcro del problema; quello cui ha anche recentemente fatto riferimento il Ministro: il problema della indipendenza interna dei magistrati.
Vero è che buona parte dei magistrati non ha una sincera fiducia rispetto al proprio organo di autogoverno (ben prima del caso Palamara) percependo che l’apparato, troppo spesso, decide secondo logiche giudicate quali distorsive di una corretta discrezionalità; talora anche sotto l’influenza e la regia di una congerie di valvassori, valvassini e valvassetti sparsi qua e là; magistrati che si mettono a disposizione delle correnti, e degli ambienti esterni di riferimento cui talora le medesime correnti fanno riferimento, con la lusinga di futuri incarichi di responsabilità ovvero di poter un domani divenire componenti del CSM.
La vera domanda da porsi è se possa esistere un sistema elettorale tradizionale in grado di recidere, e non solo cercare di sminuire, tale assetto di sostanziale stampo medioevale la cui forza fino ad oggi si è basata sulla capacità di mantenere le promesse spese nei confronti degli adepti.
Questo meccanismo premiale della fedeltà e di decimazione dei non allineati è l’aspetto patologico che non ritengo si possa curare con medicine, ma necessita di un intervento chirurgico.
Per questo si deve recuperare l’ipotesi del vituperato sorteggio non indiscriminato, ma tra congruo (almeno doppio) numero di magistrati che abbiano dichiarato la disponibilità e siano stati eletti su collegi omogenei per funzioni espletate, provenienza territoriale e dimensione dell’Ufficio di appartenenza. Magistrati già con una congrua anzianità di almeno vent’anni e che pertanto non offrano la loro disponibilità in una prospettiva carrieristica, ma per spirito di servizio.
A tali tipologie di proposte si contrappongo nel dibattito alcune obiezioni. La prima è che per attuarla si richiede una modifica della Costituzione; il tema è di così grande importanza che non esiterei sul punto a promuovere la modifica; modifica d’altronde necessaria anche per accogliere la proposta della Commissione Luciani sul rinnovo parziale a metà mandato e sulla nomina del Vice Presidente.
La seconda è il rischio di nomina di Magistrati non idonei; questo argomento, a mio avviso , è quasi surreale rispetto alle responsabilità che si assume e si è assunto un magistrato, spesso senza il conforto della collegialità, con un così lungo percorso professionale.
La terza obiezione è di valenza culturale ed è la più insidiosa; si sostiene che il sistema proposto non garantirebbe il pluralismo. Questo argomento mi pare specioso. Il proposto metodo di elezione dei componenti togati non impedisce minimamente alla magistratura associata (ANM) di aggregarsi in ragione di affinità culturali, ma anzi la spinge a recuperare l’originario valore positivo di tali aggregazioni e ad evitare che le aggregazioni siano condizionate in modo preponderante dalle finalità elettorali con le ineluttabili conseguenze distorsive nelle decisioni del CSM. Mi pare sia da escludere statisticamente che i 18 componenti togati del CSM eletti con il metodo proposto possano far correre il rischio di una omologazione culturale egemone.
E’ invece certo che con tale metodo le numerose e continue elezioni nell’ambito della magistratura (Giunte ANM distrettuali, Componenti nazionali dell’ANM, Consigli Giudiziari ed infine CSM) non saranno più vissute come un unico torneo la cui finale è la elezione del CSM.
Così anche i Magistrati ripudieranno gli eccitati canoni da tifo calcistico (spesso nelle mailing list del tutto appalesate in una logica da ultras) e valuteranno liberamente in scienza e conoscenza le decisioni così divenendo, come è necessario, dei partecipanti consapevoli inter pares ai meccanismi di indirizzo e decisionali degli propri organi di autogoverno.
In ogni caso, visti i pessimi risultati delle precedenti riforme, credo che intraprendere una strada nuova sia quasi doveroso. Temo purtroppo che il nostro male endemico di scarsa fantasia riformistica prevarrà.

Massimo Terzi

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