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Studi musicali da ri-riformare. Diploma in Conservatorio e AFAM – Laurea all’Università

By 21/12/2021Dicembre 22nd, 2021No Comments

Il declino della formazione musicale italiana è iniziato con l’approvazione della legge 58 del 1999

La riforma dei conservatori – legge 21 dicembre 1999 n.508 – negli anni si è dimostrata un provvedimento legislativo che ha degradato in modo irreparabile, il patrimonio formativo musicale italiano. Un errore, al quale porre rimedio oggi, è estremamente difficile. Tuttavia, bisogna correre ai ripari. Come? Con una controriforma targata 2022, che restituisca ai conservatori italiani l’ordinamento originale. Validi programmi di studio e quindi uno status culturale più adeguato alle attuali esigenze internazionali, sociali e giuridiche: vale a dire: il diploma in musica classica strumentale, canto lirico e da camera, danza classica e moderna con le altre materie complementari indispensabili al completamento degli studi. Ragionamento valido anche per le AFAM, di cui diremo più avanti. E istituire, finalmente – e non si comprende perché non sia stato fino ad oggi – nelle università, facoltà che conferiscano ai giovani musicisti e cantanti lirici, danzatori, già diplomati in conservatorio, una laurea vera, al termine di rigorosi studi di alta formazione tecnica e interpretativa. La laurea universitaria al termine dei fatidici cinque anni, dopo aver studiato e preso il diploma nei conservatori. E dopo la laurea, il master, il dottorato biennale o triennale, come avviene per tutte le altre facoltà, lettere, medicina, architettura, economia, storia, ingegneria etc. Non è mai stato tempo di fantasticare fra le nuvole. E ora di rimettere i piedi per terra e che il legislatore torni ad amare la cultura, la musica, con la “M” maiuscola.
Si torni alle origini, senza mezzi termini, senza false e sconfortanti ideologie o inammissibili interessi.
A quelle origini, in cui la professionalità dei conservatori era apprezzata in tutto il mondo, allorché si studiava musica per intraprendere la carriera onoratissima di musicista e cantante lirico, danzatore, senza alcuna discriminazione. Si ritorni ad un percorso di studi di 8 anni, come avveniva nel secolo scorso. I conservatori equiparati alle medie: tre anni di scuola media inferiore, cinque di scuola media superiore, al termine dei quali conseguire il diploma in musica.
Continuo a non capire perché e per quale ragione, uno studente che frequenti un conservatorio sia beneficiario di una “laurea per legge” (anzi di due. 1° e 2° livello) e nelle università non siano mai state istituite facoltà di reale specializzazione musicale che conferiscano una laurea di alto perfezionamento.
E’ uno dei misteriosi trasformismi culturali italiani. La musica, vanto in passato dell’Italia, non interessa alla politica? Sembra proprio di sì. Che altro c’è da pensare? Che sia colpa di coloro che hanno assecondato un consumismo sfrenato anche nella musica, gettato cervello e sentimenti all’ammasso e pensato che la musica di questi anni, diffusa su tutte le reti, non soltanto in Italia, sia arte. Arte era anche la musica, considerata leggera, dei musicisti che nel secolo scorso fino agli anni 80/90 studiavano, tecnica vocale, pianoforte, composizione, creavano canzoni e pagine strumentali, erano autori consapevoli della loro professione. Sapevano scrivere e diffondere il talento in Italia e nel mondo. Poi, in questi ultimi vent’anni c’è stato il vuoto. Il consumismo globale, l’ansia di avere tutto e subito, la ricerca dell’audience televisivo a tutti i costi (gioco al ribasso avvilente e diseducativo), ha invaso altri settori nevralgici dello spettacolo e gli sprechi dissennati ci hanno seppellito sotto un cumulo di macerie. Suicidio di lucida follia.
Si dirà: ma che c’entrano i conservatori con questa situazione delirante? Centrano, eccome. Allo stato dell’arte, è il caso di dirlo, avviene sovente che nei conservatori statali – e ribadisco parlo di musica lirica – si studia poco e male e se non fosse per alcuni (pochi) docenti bravi e preparati, autentiche eccezioni che confermano un sistema allo sfascio, il dramma culturale sarebbe ancora maggiore. I conservatori sono nella realtà licei con dignità universitaria, ma la musica non è più la materia principale. E’ una delle materie per acculturarsi. Sarebbe sicuramente meglio che la musica venisse studiata nei conservatori fino al diploma (con docenti di grande valore e esperienza artistica) e insegnata nelle facoltà universitarie, con artisti/docenti di alto livello internazionale, curriculum artistico comprovato.
E a nessuno venga in mente che in questa sede si vogliano fare inique distinzioni. Gli artisti, se artisti conclamati, possono anche non avere il diploma e tanto meno la laurea, ma hanno pur sempre una esperienza artistica maturata in palcoscenico e non in un’aula scolastica. Nel mondo della musica ci sono esempi clamorosi. Artisti si può essere anche senza una certificazione legale. Ma questo concetto non può essere elevato a sistema.
Il nuovo ordinamento instaurato con la legge 58, avvilisce i giovani musicisti e cantanti di talento che vogliano affinare la propria preparazione. Per questa fondamentale ragione anche nei conservatori (fino al diploma, non fino alla “laurea liceale” gli insegnanti dovrebbero essere, prima di tutto, artisti/docenti.
I problemi esplosi con la sconsiderata legge 58, sono di natura diversa: il conservatorio oggi è un ente statale, governato amministrativamente come un’azienda privata (ed è giusto), ma il cui studio, teso alla formazione artistica, è assolutamente carente.
I ministeri della cultura e della ricerca universitaria divergono completamente nelle idee, ormai da qualche anno, ma la “diversità di vedute” hanno prodotto più problemi che benefici.
Nel 2017 la sottosegretaria Angela D’Anghiò, si è dimessa per protestare apertamente contro l’introduzione nell’ordinamento ministeriale delle AFAM (acronimo di alta formazione musicale), perché aveva ben compreso che ci sarebbe stata una sovrapposizione inaccettabile e inutilmente concorrenziale tra conservatori e accademie artistiche storiche, cui deve essere riconosciuta, nelle diverse discipline, la funzione di alto perfezionamento musicale. Non si può negare il merito che storicamente le Accademie hanno fin qui svolto, merito riconosciuto a livello internazionale, ma questo percorso – lo ripeteremo fino alla noia – deve essere equiparato agli anni di liceo e non agli anni universitari. Questo vuol dire “fare sistema”, non dar vita all’arte di arrangiarsi. Né si può pretendere che le Accademie storiche abbiano la stessa organizzazione di un Conservatorio, perché questi ultimi godono di provvidenze statali di un certo peso, che le Accademia non hanno. C’è poi un altro aspetto da considerare riguardo alle Accademie istituite dai teatri lirici (tranne la prima, Accademia storica della Scala) che elargiscono Borse di studio pur acquisire il maggior numero di studenti), il che crea con la “laurea estrema” confusione. E’ assolutamente necessario chiarire una cosa: i conservatori italiani oggi vivono grazie alla presenza di studenti di canto stranieri meno abbienti, che affascinati dall’opera, fanno sacrifici e si trasferiscono in Italia. Sono studenti cinesi, coreani, giapponesi, i quali si iscrivono nei conservatori forti della loro preparazione musicale, acquisiscono una “laurea” in conservatorio, che nei loro paesi dà lustro, ma non consente loro – tranne casi eccezionali – di essere bravissimi artisti o bravi insegnanti.
Gli studenti orientali facoltosi, studiano a Vienna, Berlino, Monaco di Baviera, Salisburgo, New York, Stoccolma, Buenos Aires, Madrid. Non vengono in Italia.
Sosteneva la dimissionaria sottosegretaria D’Anghiò: “la legge 508 ha lasciato insoluti altri aspetti fondamentali per la formazione dei giovani musicisti. Oggi per essere ammessi in conservatorio è necessario avere il diploma di maturità e questo significa che si entra non prima dei diciotto o diciannove anni, un’età a cui da altri paesi – e non penso solo alla Cina – arrivano talenti fenomenali che vincono a mani basse i concorsi internazionali. Per un musicista o un danzatore iniziare precocemente gli studi è fondamentale. E a questo dovrebbero provvedere le scuole medie ad indirizzo musicale e i licei musicali, che sono assolutamente insufficienti. Va aperta una discussione serena e tranquilla sui conservatori, senza distruggere quello che c’è, ma migliorando l’intera filiera. L’insegnamento della musica va ripensato, ma mi sono resa conta che non c’è la volontà e che la politica non se ne occupa perché il numero dei docenti e degli allievi interessati è relativamente basso. Io invece penso che la musica sia una delle eccellenze italiane e che nella musica l’Italia debba continuare ad esprimersi ai massimi livelli come ha fatto per secoli, ma il sistema dei conservatori ha bisogno di essere sostenuto per essere in grado di formare nel modo migliore i musicisti di domani”. Le è stato ancora chiesto: si può ancora riprendere il cammino interrotto?
“Spero che altri portino avanti il completamento della riforma dei conservatori…con le mie dimissioni ho anche voluto dare un segno al governo e forse questo scopo è stato almeno in parte raggiunto, perché sembra che qualcosa si stia muovendo, ma è poco rispetto a quello che si dovrebbe fare”.
Che si debbano sostenere i conservatori e le AFAM non ci sono dubbi, ma restituendo all’istituzione la funzione originaria che porti al conseguimento del diploma, non della laurea. A questo punto la controriforma dei conservatori è strettamente connessa con l’inserimento nelle università di facoltà specialistiche: musica classica; danza classica e contemporanea, lirica e musica contemporanea. Quest’ultima è cenerentola dimenticata, anche se ci sono giovani compositore di assoluta eccellenza.
Il governo è chiamato ad un compito arduo anche in questo settore strategico della cultura. Forse qualcosa si sta muovendo e ci si augura che Ministero per la Cultura e Mur trovino la serenità per raggiungere il cosiddetto bene comune in musica. Ma ce lo auguriamo, delineando le singole funzioni. Una per istituzione: a) ri-riformando il sistema musica: laurea di dottore in musica all’ università; b) diploma alle AFAM di esperienza pluriennale artistica e con docenti/artisti di grande valore; c) diploma ai conservatori. Soltanto così si creerebbe un sistema equilibrato; così l’Italia potrebbe pareggiare i conti con le grandi capitali mondiali della musica, del canto lirico, della danza.
Sappiamo benissimo che ri-riformare il sistema musica scatenerà nuove contrapposizioni politiche, discussioni, ribellioni per via dei diritti riconosciuti giuridici e previdenziali (che comunque non verrebbero toccati), ma questa è l’unica via d’uscita o, per lo meno, una soluzione da perfezionare nei particolari, senza stravolgere, nei propositi, la nuova rivoluzione. Non si perda altro tempo. E’ stato depauperato un patrimonio immenso, ora si cerchi di recuperare quanto ancora di prezioso c’è.

Armando Caruso

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