
Molti giovani si chiederanno: chi era Spinelli, chi erano Ernesto Rossi, Eugenio Colorni? – Erano gli autori del Manifesto di Ventotene (1941) che promuoveva l’Unione Europea – Come costruire l’identità federalista – L’Orgoglio di Torino
La giovane Europa: l’importanza di pensarsi cittadini dell’Unione, nell’eredità di Altiero Spinelli. Molte scuole portano il nome di una persona che ha lasciato il proprio segno nella storia. Figure di spicco, menti rivoluzionarie che hanno marcato punti di svolta. E, proprio per la loro importanza, si presuppone che le nuove generazioni conoscano questi nomi; che al sentir citare un istituto consacrato ad Altiero Spinelli nella città di Torino, persone nate e cresciute nell’Europa unita richiamino alla mente il passato della sua fondazione.
Se non le sue madri – perché la storia talvolta è ingrata e si dimentica del contributo delle donne -, che almeno siano conosciuti i suoi padri e il Manifesto di Ventotene. Ma poi, in un giorno al di fuori delle cinta scolastiche, Spinelli, Colorni, Rossi e gli altri verranno orgogliosamente citati in infervorate conversazioni sul futuro dell’Unione tra giovani cittadini, e fra i tanti assensi vi saranno anche sguardi confusi, voci che domanderanno: “Chi erano?”. E, per la prima volta, si verrà colpiti da una realtà forse ignota e difficile da accettare: quella che probabilmente, in altri contesti d’istruzione, Spinelli non sia né un nome né un volto, e l’idea di cittadinanza europea non passi tanto dall’ambiente scolastico, quanto dall’interesse del singolo studente al di fuori dell’apprendimento.
Come costruire, allora, un’identità europea? Inizia tutto da un passo semplice: le lingue. Il potere del dialogo, del confronto tra culture che non siano quella nella quale siamo nati. Vi sono ricerche che dimostrano come lo studio delle lingue straniere stimoli la mente e la apra a pensieri innovativi. Tuttavia, andando oltre la scienza e approcciando la questione con uno sguardo più sociologico, viene quasi naturale pensare che bambini cresciuti nell’apprezzamento di realtà diverse fra loro e, soprattutto, capaci di stabilire un punto di contatto con coetanei di altre nazioni, possano poi crescere per diventare giovani adulti che vedono l’internazionalità come un puro stile di vita, piuttosto che un’utopia ideologica.
E’ in quest’ottica che si sviluppa la costante ricerca di un percorso europeista e dello spirito del pluralismo culturale. All’istituto comprensivo Spinelli, il corso di “debate” introduce gli allievi a un’associazione che costituisce, ad oggi, un frammento fondamentale nella vita di molti studenti: il Parlamento Europeo Giovani. Il network, presente in 40 paesi e rivolto a ragazzi in età di liceo e università, consente non soltanto di conoscere il mondo delle istituzioni europee, ma anche e sopra ogni cosa di tessere conoscenze e forti legami con coetanei attraverso il continente, per creare le nuove generazioni che miglioreranno e porteranno a termine il progetto dell’Unione.
Lo European Youth Parliament include, infatti, anche nazioni che hanno fatto domanda per entrare nell’UE, o paesi dove una porzione significativa di giovani coltiva un forte senso di appartenenza all’Europa – pur non essendone Stati Membri – nella speranza di formare coloro che determineranno il cambiamento. Qualche mese fa, il telegiornale regionale ha trasmesso un reportage sulla Scuola Internazionale Europea Statale Altiero Spinelli di Torino. “Qui si respira l’aria di colui che fondò il Movimento Federalista Europeo”, diceva la giornalista, ricordando il padre d’Europa; in un attimo, è stato come se Spinelli e i suoi ideali permeassero le aule e l’istruzione, il Giardino dei Giusti inaugurato l’anno scorso con due ulivi per due donne che vissero Ventotene con lui, Ada Rossi e Ursula Hirschmann – sua moglie – le panchine dipinte dagli studenti con i colori della bandiera europea davanti alla Biblioteca Geisser, i flash-mob degli anni passati, suonando l’Inno alla Gioia in strada per il 9 maggio. E poi, a video finito, nel silenzio rimasto sospeso tra le mura della stanza, si è fatta largo una voce, che ha sussurrato: “Tanta roba”.
Una cosa di cui ancora non vi è sufficiente consapevolezza è quanta fame di Europa ci sia nel mondo. A Milano, due ragazze turche tornano dal consolato con il timbro del voto stampato sulla mano e raccontano il loro sogno, che le imminenti elezioni per il nuovo presidente possano terminare con un cambio di governo e l’arrivo di qualcuno che stabilisca l’avvicinamento della Turchia all’UE, per diventare cittadini europei a tutti gli effetti. La loro amica dei Balcani, tra una lezione e l’altra, immagina un futuro dove l’essere Stati Membri uniti dall’Europa faccia tramontare i conflitti che ancora straziano i popoli della ex-Jugoslavia, portando la pace.
Gli studenti georgiani, un paio di mesi fa, condividevano immagini sui social di persone che protestavano sventolando bandiere blu con dodici stelle gialle, la stessa che tengono in camera molti italiani. Ed è lì che si comprende, finalmente, quanta voglia di Europa vi sia in questo continente e si apprezza il privilegio di essere nati in uno Stato che non solo è già parte dell’UE, ma ne è anche un fondatore. Soprattutto, si vede la fortuna di essere cresciuti con un’idea dell’Unione non tanto come istituzione ma quanto identità, non tanto come è oggi ma come noi riusciremo a renderla domani. La bellezza di poter dire, “Siamo Europei”.
Francesca Germano