AMBIENTE

SVILUPPO SOSTENIBILE, ECOSISTEMI, SALUTE. TUTELE NEL RISPETTO DI DIRITTI E DOVERI

By 25/01/2023No Comments

Il processo industriale globalizzato ha consentito progresso, generato ricchezza, ma anche inquinamento, sfruttamento del lavoro minorile e incrinato la fede nel mercato liberistico – Non è più concepibile perseguire soltanto il profitto – I temi cruciali delle risorse legate anche alle future generazioni

L’inquinamento atmosferico può essere ricondotto al fenomeno della presenza nell’atmosfera terrestre di agenti fisici di solito non presenti nella normale composizione dell’aria che respiriamo, ad esempio i prodotti residui del carbone (ossidi di carbonio), di azoto, dello zolfo, oppure composti chimici (come ad esempio gli idrocarburi) e agenti inquinanti (come ad esempio l’antrace, piombo, particolato, ecc).
Detto inquinamento trae la sua principale origine dalla diffusione in atmosfera di gas e di “polveri sottili” generalmente derivanti dalla produzione di energia, di riscaldamento e dal traffico veicolare: in sostanza deriva dal sistema industriale nel suo complesso. Ciò ha generato da un lato un progresso senza precedenti consentendo a milioni di persone di uscire da una condizione di povertà secolare, dall’altro però ha generato svariati problemi come quelli derivanti dall’inquinamento, dall’impiego di forza minorile, dallo sfruttamento di manodopera in Paesi in via di sviluppo, acuendo di conseguenza le diseguaglianze a causa delle inevitabili distorsioni del mercato ormai sempre più “globalizzato”.
In tal modo si è incrinata la fede quasi assoluta nel “mercato liberistico” che era ritenuto in grado di superare ogni difficoltà appianando nel tempo squilibri e diseguaglianze, pur perseguendo lo scopo del solo profitto. In questo contesto la sostenibilità ha assunto una importanza vitale nella gestione dei problemi globali riferiti all’ambiente che – in buona sostanza – sono riconducibili soprattutto a modelli di produzione (oggi in parte ritenuti non più sostenibili) in essere nei Paesi più industrializzati (cd economie sviluppate). In estrema sintesi, la teoria posta a base dello “sviluppo sostenibile” che definisce i miglioramenti delle condizioni di benessere sia in termini di “crescita economica” ma anche e soprattutto nell’ambito “ambientale e sociale” comporta inevitabili riflessi anche in ambito “politico” ora chiamato ad intervenire sulla tematica di cui trattasi.
Gli anni 70’ del secolo scorso videro il rilevante aumento dei prezzi delle fonti energetiche (si pensi allo shock del blocco petrolifero) e i gravissimi danni ambientali portati all’attenzione mondiale, con la conseguenza di evidenziare la non sostenibilità del modello di sviluppo economico dell’industria (fino ad allora ritenuto l’unico che potesse garantire il benessere basato su una crescita illimitata): si è dato così l’avvio al processo in chiave evolutiva dello “sviluppo sostenibile”.
La conseguenza di natura culturale innescatasi comporta la necessità di confrontarsi su alcuni temi ormai divenuti ineludibili: le risorse rinnovabili non possono più essere utilizzate in maniera superiore alla possibilità della loro rigenerazione; – le risorse non rinnovabili non possono più essere sfruttate in maniera superiore in correlazione al tempo necessario per la loro sostituzione con fonti rinnovabili; -il “tasso di inquinamento (comprensivo del contributo apportato dai rifiuti) non devono più essere utilizzati ad un ritmo superiore a quello ritenuto necessario all’ecosistema per provvedere al loro riciclo.
I cambiamenti climatici (derivanti da un sistema produttivo non più ritenuto accettabile) che stanno caratterizzando l’ambiente hanno comportato una progressiva crescita dell’attenzione alle tematiche riconducibili alla sostenibilità e alla salvaguardia delle risorse naturali, a cui ha fatto seguito una serie di iniziative in ambito normativo finalizzate alla salvaguardia ambientale. Conseguentemente vi sono importanti ricadute sul sistema industriale -produttivo vincolando il conseguimento dei classici obiettivi di sviluppo economico al rispetto di specifici requisiti (standard di rendicontazione sostenibile).
Ne consegue che a fianco della mission dell’impresa che descrive l’attività e i valori da perseguire (compreso il welfare aziendale) lo scopo dell’impresa ricopre ora un concetto più ampio rispetto al solo perseguimento del profitto, rivestendo così un ruolo a servizio della società, generando una influenza positiva sulla vita non solo delle persone direttamente interessate alle vicende dell’impresa ma anche per le persone che sono estranee della sua organizzazione ma vivono sul territorio in cui l’attività economica è collocata.
La necessità di transitare verso modelli di produzione sostenibile è divenuto un obiettivo da ritenersi pressoché universalmente riconosciuto e condiviso: la transizione ecologica è oggi promossa da istituzioni, summit internazionali, norme giuridiche e anche da “movimenti di piazza”: l’obiettivo è il superamento del concetto di “cambiamento climatico” per giungere al concetto di “consumo globale sostenibile”, che vede realizzata una sintesi tra “capitale” e “ambiente” dove la ricerca tecnologica è posta al servizio di una logica di mercato volta alla salvaguardia ambientale. Si assiste dunque al fenomeno sempre più diffuso di aziende virtuose che hanno attivato processi di certificazione ambientale applicati ai i propri processi produttivi, con lo scopo di certificare le proprie performance ambientali. In buona sostanza il modello proposto dalla legislazione vede nelle dinamiche di mercato (e quindi di quelle economiche) il perno principale della transizione ecologica.
Con riferimento alle norme che regolano il sistema economico e che quindi riguardano principalmente le imprese, la nuova Direttiva Europea CSRD impone, al fine di armonizzare a livello di Paesi UE le attività economiche per considerale ecosostenibili, un “reporting di sostenibilità” a tutte le grandi imprese, banche, assicurazioni e a tutte le società quotate (per le PMI quotate verranno emanati standard europei). Particolare rilevanza assume il fatto che alle PMI della catena di fornitura potranno essere richieste informazioni di sostenibilità da parte dell’azienda capo-filiera, informazioni che devono essere coerenti con gli standard semplificati previsti per le PMI. I Governi degli Stati membri sono invitati a monitorare l’impatto dei nuovi standard sulle PMI nazionali e predisporre incentivi e aiuti per favorire questo passaggio. Il fulcro dei provvedimenti elaborati in materia dalla UE è da rinvenirsi quali la mediazione tra gli obiettivi di efficacia ed efficienza dell’attività dell’impresa e gli obiettivi della tutela della salute e dell’ambiente.
Se la “sostenibilità” può essere definita come “Lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”; il concetto di “sostenibilità”, se vede da un lato i confini propri dei temi ambientali ed ecologici, dall’altro volge una particolare attenzione all’economia e alla impresa al fine di predisporre regimi regolatori atti a produrre specifiche norme comportamentali con l’intento non solo di tutelare l’ambiente ma anche di rendere più consapevoli gli imprenditori e gli investitori sulle tematiche ambientali.
La stessa UE ricopre un ruolo da protagonista attraverso l’emanazione di Direttive e di standard contribuendo così al cambiamento dei comportamenti. Conseguentemente, alla luce delle iniziative UE volte a promuovere una economia sostenibile dal punto di vista ambientale, le imprese (al momento solo le grandi imprese) devono integrare gli obiettivi di sostenibilità nelle proprie politiche aziendali evidenziando il processo adottato per la implementazione della sostenibilità, imponendo l’aggiornamento con cadenza annuale; pertanto devono identificare gli impatti negativi, anche solo potenziali, sull’ambiente e le adozioni delle misure correttive.
Nel richiamare che l’art. 41, con la recente riforma della nostra Costituzione, vede ora sancire: “L’iniziativa economica privata è libera: Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali” e dunque non solo compiere un notevole passo verso la tutela ambientale, ma all’art.9 l’innovato comma 3 sancisce che la Repubblica tutela l’ambiente, le biodiversità e gli ecosistemi “anche nell’interesse delle future generazioni”; il che induce a considerare l’esigenza, sempre più manifestata dalle nuove generazioni, di intraprendere un percorso anche di natura legislativa volto alla attuazione della “solidarietà generazionale”.
Ne consegue che l’iniziativa economica (pubblica e privata) deve essere normata dalla legge nella sua accezione sociale ma anche ambientale, nel senso che le attività economiche non possono svolgersi in modo tale da cagionare un danno alla salute e all’ambiente e quindi rappresentare un rischio di danno oltre che alla “dignità umana” anche alla salute dei cittadini: in sostanza oggi la norma richiede, attraverso l’emanazione di regole, un sistema economico che orienti il sistema produttivo, e quindi i modelli di consumo, finalizzato alla protezione e al miglioramento dell’”ambiente”; l’impresa tende quindi non solo ad assumere una “dimensione pubblicistica” ma viene ad assumere il ruolo proattivo nella tutela di valori economici volti alla salvaguardia della salute e dell’ambiente.
Conseguentemente i nuovi processi produttivi comporteranno la chiusura dei processi produttivi obsoleti che richiedono interventi rilevanti di adeguamento (una sorta di riabilitazione ambientale): sorge quindi la considerazione che i territori sui quali le imprese operano saranno chiamati, attraverso le comunità locali, ad attivare iniziative efficaci per la salvaguardia delle risorse ambientali e a favorire i processi innovativi per migliorare le condizioni economiche e sociali (quindi la cultura, le tradizioni, il patrimonio storico) delle comunità locali, già oggi interessate alla salvaguardia di produzioni tipiche attraverso i distretti industriali. Le Autorità di governo locale (che oggi sono detentori di oltre il 45% degli investimenti propri del settore pubblico) dovranno dimostrare la capacità di gestire il processo della transizione ecologica attraverso un opportuno coordinamento con le iniziative del Governo Centrale (si pensi ai finanziamenti del PNRR), iniziative che dovranno tener conto della necessità di un intervento in termini di potenziamento di personale qualificato e di modernizzazione delle strutture delle amministrazioni locali.
Tenuto conto degli interessi economici coinvolti, della rischiosità dei comportamenti opportunistici, della rilevanza dei servizi erogati dagli Enti Locali dove lo stesso PNRR affida loro oltre 50 miliardi di euro di spesa, soprattutto per lo sviluppo e modernizzazione del territorio e realizzazione di infrastrutture con sistemi di comunicazione ed energia di nuova concezione, tutto ciò porta alla considerazione di un attento esercizio da parte dei cittadini circa il dovere di rispettare e quindi conoscere la nostra Costituzione e la normativa che ne discende, al fine di rimarcare la differenza tra cittadino e suddito: il suddito “non sa” mentre il cittadino “sa” come difendere i propri diritti nell’osservanza dei propri doveri in funzione anche della vitale e non più procrastinabile transizione ecologica.

Roberto Frascinelli