CULTURA

Tragici flash di recente memoria al fronte. “Combatteremo anche quando saremo morti”

By 25/03/2022No Comments

Intervista all’inviato dell’ ”Avvenire” Nello Scavo. La forza morale delle donne ucraine – 14 Paesi hanno inviato armi per la difesa degli aggrediti – I timori per Odessa – L’unica salvezza verrà dalla diplomazia – La scalinata Potemkin simbolo della storica città sul mare

Nello Scavo, come in un flash back, qual è la narrazione vissuta da lei in prima persona, come inviato di guerra?
“Raccontato a ritroso, dalle destinazioni dei profughi all’epicentro dello scontro armato, il conflitto offre punti di vista inediti e tante nuove domande. La gente di Iasi, in Romania, per esempio, dove il centro storico è custodito con cura e senza contrasti convive con il distretto degli affari, che sembra un quartiere della Londra moderna, era pronta a festeggiare. Sulla via principale, tra basiliche, teatri e musei, il mercatino era stato programmato da un pezzo: fiori, miele, vino moldavo, artigianato locale. Sotto la nevicata del 9 marzo avrebbero detto addio allo stato d’emergenza per il Covid. Ma adesso hanno altro a cui pensare”.
Verso la Romania, quindi le prime fughe delle famiglie ucraine dalla guerra…
“Mentre l’esercito schierava batterie antimissile e puntava il muso dei caccia della Nato verso l’Ucraina, casomai ai russi venisse in mente di sconfinare fino a qui, l’inattesa nevicata copriva di una pace irreale l’intero panorama. Ma oggi nessuno festeggia, e neanche i bambini sembrano avere molta voglia di azzuffarsi sul manto nevoso. Iasi è diventata uno degli snodi dei profughi ucraini. Perché di qua è Unione Europea. Dall’altra parte delle colline, no”.
Dall’altra parte c’era già l’inferno.
“ L’interminabile corteo di auto in transito dalla Moldavia costringe i doganieri romeni a turni forzati. Ricordo le cinque ragazze di Kiev a bordo di una Maserati Ghibli avevano l’aria stanca. Ma se la caveranno, ho pensato. Le ritrovai in lussuoso hotel proprio a Iasi. “Volevamo restare con i nostri uomini, ma ci hanno supplicato di scappare e di aspettarli in Europa fino a quando non sarà finita. Stanno bene, combattono, ma non ha nessun senso che noi stiamo qui, al caldo, e loro a combattere”, argomenta la più loquace del gruppo. Non capita tutti i giorni di vedere giovani donne così belle, così rattristate e al tempo stesso così risolute”.
E’ la forza morale delle donne ucraine…
“Credo proprio di sì. Il mattino dopo le ritrovai a colazione. Hanno fretta. “Abbiamo deciso. Torniamo al confine ucraino. Andremo a prendere quelli che stanno scappando senza auto, soprattutto le mamme con i bambini, e daremo loro un passaggio fino ai centri d’accoglienza. Con la nostra macchina possiamo farlo anche tre volte al giorno e li porteremo nell’Unione Europea”. Mezz’ora dopo la Maserati è già sulla strada innevata: direzione Chisinau”.
Tra il presidente ucraino e Putin, una partita a scacchi micidiale.
“Sul negoziato tra Kiev e Mosca le mosse esterne pesano più di quelle interne. Più il presidente Zelensky invoca l’istituzione di una zona di non sorvolo, a suo dire per impedire ai missili da crociera russi di continuare a perpetrare massacri, più il tiro dei russi diventa impreciso. Un vero ricatto sul tavolo negoziale. Non l’unico”.
Intanto si aggravano i dissensi sull’invio di armi all’Ucraina.
“Da quando è iniziata l’invasione russa, 14 Paesi hanno inviato armi all’Ucraina, mentre dei 350 milioni di dollari di aiuti militari autorizzati dalla Casa Bianca una settimana fa si ritiene che siano arrivati a destinazione già armi per un valore di 240 milioni di dollari. Equipaggiamento che le forze armate ucraine stanno usando per rallentare e bloccare l’avanzata russa in diverse parti del Paese”.
Le capacità degli ucraini di difendersi si dimostra sempre più eroica e valida militarmente.
“Gli ucraini sono stati addestrati ad usare le armi inviate per in addestramenti avvenuti appena in tempo, lo scorso dicembre e all’inizio di gennaio, rivelano ancora fonti attendibili, sottolineando “l’uso professionale” che i militari ucraini stanno dimostrando. Siamo incredibilmente colpiti – hanno osservato – dall’efficacia con cui le forze armate ucraine stanno usando l’equipaggiamento che stiamo fornendo”, hanno precisato le fonti del Pentagono, riferendosi in modo particolare allo stallo in cui si trova da giorni la colonna di decine di chilometri di lunghezza di mezzi russi diretti a Kiev. Sappiamo che hanno condotto attacchi contro il convoglio, e questi attacchi hanno avuto effetti nel fermare e rallentare l’avanzata”.
La diplomazia occidentale sembra intervenire giustamente con cautela, per evitare pericolosi passi falsi.
“Gli occhi di tutte le diplomazie internazionali sono puntati sulla foresta di Belovezhskaya Pushcha, nella regione di Brest in Bielorussia, dove sono ripresi i colloqui. Strette di mano e musi duri, ma gli attacchi russi alle città ucraine non si placano e i carri armati russi sono alle porte di Kiev.
La mappa del campo di battaglia si estende. I principali centri urbani come Kharkiv (est), Kherson (sud), Mariupol (sud-est) e la capitale Kyiv, sono stati testimoni degli scontri più intensi dall’inizio dell’offensiva militare russa. Gli insediamenti lungo la “linea di contatto” negli oblast, l’equivalente delle nostre Regioni, di Donetska e Luhanska, come Volnovakha, Shchastia e Stanytsia Luhanska, sono stati pesantemente colpiti.”
Si teme ancora fortemente per Odessa
“Odessa viene intanto protetta da diversi anelli di barricate e trincee.
I russi potranno anche spazzarci via con i loro missili, ma poi dovranno entrare in città, e non sarà una passeggiata – dice Marjo -mentre ci indica di non salire sui lastroni di cemento che con altri residenti sta disponendo sulle principali vie d’accesso. Hanno nascosto mine e altri ordigni tra gli strati del calcestruzzo: è il nostro modo di combattere anche quando saremo morti”.
Un coraggio ed una capacità di resistere che ha stupito e commosso il mondo
“Non sarà facile sbarazzarsi di gente così. Noi a preoccuparci della maestosa scalinata Potemkin, porta d’accesso dal mare e testimone della spietata mattanza contro i civili al tempo dei cosacchi dello zar, e loro a infischiarsene quasi rievocando l’epica battuta di Paolo Villaggio, che oggi qui suonerebbe come un inno di battaglia. La ricostruiremo – dicono – anche più bella di prima, ma li rimanderemo casa e stavolta sulla scalinata saranno loro a morire. La stazione è presa d’assalto. Le donne, i bambini, gli anziani, se ne vanno. Non tutti. Ci sono vecchi pescatori che sarebbero disposti a combattere a colpi di pagaia piuttosto che andarsene senza fiatare. Poco lontano continuano a bombardare. Un po’ per assestare le posizioni, un po’ per far sentire che stanno arrivando. La guerra non è finita.

Gianni Maria Stornello

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