
L’avv.to Riverditi sottolinea gli interventi più incisivi del Presidente Mattarella – L’urgente richiesta al Parlamento di una “nuova partecipazione” – «Senza partiti coinvolgenti, senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso». – “ Siamo noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica»
Nel discorso che il Presidente Mattarella ha rivolto al Parlamento e alla Nazione in occasione del suo secondo giuramento si può cogliere il senso profondo del momento politico, istituzionale e sociale che stiamo vivendo.
Anzitutto si è trattato di un discorso che il Presidente ha rivolto al “suo” Parlamento: quello che di fronte all’impotenza e al disorientamento dei Partiti, incapaci di superare le divisioni interne e la mancanza della visione prospettica necessaria per superarle, ne ha chiesto, con forza, la rielezione; ed al quale il Presidente, senza frapporre tentennamenti, ha offerto la sua immediata disponibilità, evitandone lo scioglimento e una crisi di governo che, tanto più in questo particolare momento storico, sarebbe stata oltremodo contraria al bene del Paese.
In questa prospettiva – oltre che nello stile a cui ci ha abituati il primo settennato mattarelliano – si coglie appieno l’enfasi che – giustamente – il Presidente ha riconosciuto alla centralità del ruolo costituzionale e istituzionale del Parlamento: luogo in cui si gioca la «sfida – che si presenta a livello mondiale – per la salvaguardia della democrazia». Da qui un monito: il raggiungimento di questo obbiettivo dipenderà, prima di tutto, «dalla forza del Parlamento, dalla elevata qualità della attività che vi si svolge, dai necessari adeguamenti procedurali. Vanno tenute unite due esigenze irrinunziabili: rispetto dei percorsi di garanzia democratica e, insieme, tempestività delle decisioni. Per questo è cruciale il ruolo del Parlamento, come luogo della partecipazione. Il luogo dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono. Il luogo dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo cresce nella società civile».
Nella stessa prospettiva si coglie il senso della richiesta del Presidente di rafforzare non solo la qualità dell’azione politica dei Partiti, ma anche la loro capacità di raccogliere i valori e le indicazioni che emergono «nei diversi ambiti della vita economica e sociale» del sistema Italia, favorendo il confronto e rispondendo «alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali».
Dall’alto della visione istituzionale che gli assegna la Costituzione, lo sguardo del Presidente si è, quindi, posato sulla necessità di favorire l’avvio di una nuova «stagione di partecipazione», ricordando che «Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso». Ed è per questo che, ricorda il Presidente, sul piano etico e morale, «proprio nel momento della difficoltà», è necessario «sollecitare quella passione che in tanti modi si esprime nella nostra comunità».
Una comunità a cui il Presidente, sottolineando che le politiche pubbliche devono impegnarsi nella «lotta alle disuguaglianze e alle povertà», ha ricordato l’importanza di fondare gli sforzi per la crescita sul caposaldo della «pari dignità sociale», nel suo «significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società».
Di qui l’elogio della dignità, caposaldo dello «sviluppo giusto ed effettivo», da intendersi anzitutto come dignità individuale, ferita dalle morti sul lavoro, dal razzismo e dall’antisemitismo; dalla violenza sulle donne, dalla tratta e dalla schiavitù; dalla violazione del diritto allo studio, dal divario tecnologico e digitale; dall’assenza di rispetto per gli anziani, dalle povertà e dalla precarietà disperata e senza orizzonte; dalla necessità di scegliere tra lavoro e maternità; dalle carceri sovraffollate, che non assicurano il reinserimento sociale, e dalla distrazione collettiva verso i problemi quotidiani delle persone con disabilità; dalle mafie, dal ricatto della criminalità e dalla complicità di chi fa finta di non vedere; e dalla violazione del diritto ad un’informazione libera e indipendente.
Una dignità, dunque, che rappresenta la «pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile» e che, ricordando l’augurio con cui il Presidente David Sassoli affermava che «La speranza siamo noi», ha consentito al Presidente Mattarella di concludere che “siamo noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica».
Insomma: il Presidente, nel farsi carico delle responsabilità che gli derivano dal nuovo mandato, non solo ha sottolineato la centralità delle Istituzioni democratiche per la salvaguardia dei valori fondamentali sui quali si regge la libera e pacifica convivenza; ma ha chiesto a tutti noi un “colpo di reni” nel rispondere alle provocazioni del presente, fatto di contraddizioni e senso di smarrimento di fronte ai bisogni ed alle difficoltà a cui, ogni giorno, si misurano migliaia di individui e di famiglie.
Un discorso, quindi, che ci ricorda che il miraggio della crescita e dello sviluppo economico non è (non può essere) risolto a livello individuale, né può essere sbrigativamente delegato a pochi. È, al contrario, un obbiettivo che, nella logica della Costituzione, chiama all’appello anzitutto la Politica e le Istituzioni democratiche, ma impone a tutti (ciascuno nel proprio ambito) di ricordarsi che la Repubblica «richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2 Cost.).
Un’utopia? Può essere, ma non più di quanto lo sono quei valori a cui il Presidente ci ha richiamato e che costituiscono le fondamenta della nostra Costituzione.
Maurizio Riverditi