POLITICA

ZELENSKY: “RESISTENZA DELLA DIGNITA”. L’UCRAINA RIVENDICA LA PACE

By 24/05/2023No Comments

Non era mai avvenuto dalla Seconda Guerra Mondiale che tanti interessi diplomatici ed economici si intrecciassero per mettere fine all’aggressione della Russia – Il ruolo mediatico dell’Italia – “Porta a Porta”, una finestra su Roma a beneficio del leader di Kiev – In “guerra” anche le due religioni ortodosse, russa e ucraina – Papa Francesco, grande pacificatore, metterà fine all’aggressione?

Zelensky, “leone d’Ucraina”, scuote le catene della diplomazia occidentale. In un battibaleno (ma la segretezza era palpabile) intreccia una serie di relazioni internazionali senza precedenti. Non era capitato dagli ultimi storici incontri della seconda guerra mondiale. Chiede di parlare con Papa Francesco a tu per tu all’insaputa della Premier Giorgia Meloni; trova lo spirito di scherzare sull’interruzione della traduzione ucraina con Francesco (“Sono i russi”); dice sostanzialmente al Papa che la Pace si conquista soltanto con la vittoria delle armi (momenti di disagio, di fronte alla saggezza del Pontefice); salta da un elicottero all’altro con la velocità di Bathman, arriva a Ciampino con l’aereo della Repubblica Italiana (meglio essere prudenti, non si sa mai!), è ricevuto dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che gli assicura “l’Italia è con l’Ucraina”; partecipa ad una mega conferenza stampa, in cui erano presenti illustri giornalisti di centrodestra e di centrosinistra, patrocinata da Bruno Vespa, che conduce con autorevolezza (sono momenti di gloria giornalistica); porge domande in diretta (entusiasmante), ipotizza risposte. Vespa spalanca una meravigliosa finestra sulla Roma di “Porta a Porta”, affinché Zelensky possa goderne.
Anche la scenografia della Rai non ha precedenti. Zelensky è visibilmente soddisfatto, fors’anche commosso per tanta accoglienza, ma non ha tempo da perdere: incassa il sostegno incondizionato della Meloni; vola da Olaf Scholz a Berlin. Qui, il consenso è più sobrio ma altrettanto sostanzioso (“Insieme vinceremo”); vede Macron che ribadisce l’amicizia tra Francia e l’Ucraina; incontra Ursula von Der Leyen che gli assicura tempi più brevi per l’ingresso nell’Unione Europea e con esso la sicurezza che Putin non potrà più attaccare. Infine, non si lascia sfuggire il premier indiano della Gran Bretagna, Rishi Sunak, nella sua residenza privata, fuori dagli occhi indiscreti dei londinesi. La segretezza in questo caso è ancora maggiore. Londra e Washington sono un asse di ferro; “che non sfugga una parola”, gli avranno raccomandato.
“Giro dell’Europa in 48 ore”. E’ il nuovo record di Zelensky, l’uomo, l’attore che si batte contro le “s-ragioni” dell’Imperialismo russo.
Ma cosa accade nella realtà raccontata dai media di tutto il mondo? “L’arte della diplomazia” pur se sostenuta dalle armi dell’Occidente e dell’Europa, sembra – lo diciamo sommessamente – deprimere gli ardori guerrafondai di Putin. Ma è tutto verosimile? Parrebbe di sì. Parrebbe anche che la Cina abbia preso le distanze da Putin, e messo in atto una strategia geopolitica, grazie alla quale il Ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha iniziato il suo tour de Force in Europa ed a Washington per dar seguito ai colloqui Zelensky – Xi Jinping, ma per sottolineare i sospetti della Cina sulla politica estera Usa.
Nel breve volgere di pochi giorni, gli incontri di Zelensky sembrano la diretta conseguenza della “saggia diplomazia” cinese.
Se così fosse – ma le istanze politiche internazionali quasi mai seguono regole fisse – il futuro di Putin sembrerebbe ormai segnato. E sarebbe la fine che meritano tutti i più incalliti dittatori.
Putin, che ha creduto fin da quel famigerato 24 febbraio del 2022 e fors’anche dal 2014, quando volle far sua la Crimea, il Donetsk e Luhansk per “riconquistare” l’Ucraina ormai indipendente. Da otto lunghi anni dura l’aggressione russa, senza che la Nato fosse intervenuta (per amor di quieto vivere?). Otto anni durante i quali Putin ha mandato i suoi sudditi a morire, né più né meno come hanno fatto e fanno i capi di governo criminali nel Medio Oriente e nell’Africa subsahariana.
E’ bene ricordare a quanti amano ignorare la realtà, che all’inizio del 2014 l’Ucraina era nel mezzo di una rivoluzione, dopo che il presidente filorusso Viktor Yanukovich aveva rifiutato di firmare l’accordo di associazione all’UE e aveva cercato di stabilire un regime autoritario sollevando massicce manifestazioni a Kiev e in altre città.
La “Rivoluzione della Dignità” ebbe fine il 22 febbraio, quando Viktor Yanukovich fuggì in Russia e parte della Crimea, Donetsk e Luhansk vennero occupate dalle forze russe.
Se l’arma della diplomazia internazionale per mille ragioni umanitarie, e soprattutto per interessi economici, avrà il sopravvento su missili e atomiche tattiche della stella rossa, avremo il tempo di vedere l’Ucraina liberata, ricostruita anche con l’intervento degli imprenditori italiani, e di tramettere alla Russia, con la scomparsa politica del dittatore, almeno una parvenza di democrazia, in ogni caso non da…importare, ma da far crescere come avviene per ogni democrazia, a costo di infiniti sacrifici.
Questa la situazione attuale, alla luce degli avvenimenti internazionali che hanno segnato il mese di maggio 2023; gli auspici sarebbero ben altri: che il fuoco cessasse subito, ma è inutile farsi illusioni. Altri uomini, donne, bambini ucraini e russi moriranno mentre la storia dell’aggressione russa, durerà ancora per gran parte di quest’anno.
Un’ultima considerazione. Sembrava che le crociate fossero state bruciate dagli avvenimenti della storia. Non è così, purtroppo. Nelle due chiese ortodosse, quella russa di Kirill e quella dell’attuale metropolita di Kiev, Onufrij Berezovskii, dopo la dichiarazione di indipendenza (autocefalia) del Patriarcato ucraino, è sempre più vivo quel sentimento patriottico (incomprensibile in una religione che si riconosce nel cristianesimo). Ed è questo un problema geopolitico religioso di grande interesse, anche per le sorti della guerra, per la quale Papa Francesco è pronto ad andare a Mosca per incontrare Kirill che pure nei mesi scorsi aveva definito “il chierichetto di Putin”.
Attuare la riconciliazione tra le due chiese ortodosse e fra le tante ortodossie esistenti, per Papa Francesco sarebbe la “Vittoria della Pace” e non v’è dubbio che oltre ai tanti meriti che gli vengono riconosciuti a livello mondiale, questa vittoria lo innalzerebbe sull’altare della storia.

Gianni Maria Stornello